"Sto cercando un libro sul calcio: si intitola Zenit campione.
Dove lo posso trovare?"
Domanda un
tifoso dello Zenit allo sportello di una biblioteca.
"Secondo piano,

reparto fantascienza"
gli risponde il bibliotecario

(Barzelletta in voga negli anni ’70 a Leningrado)

“Quello che oggi si chiede è l’acquiescenza, il conformismo. Quello che si vuole e si esige è l’approvazione per tutto quanto si fa nell’URSS, quello che si tende ad ottenere è che questo consenso non sia rassegnato, ma spontaneo e magari entusiastico.
E l’incredibile è che ci si riesca. D’altra parte la minima protesta, la minima critica è passibile delle pene più gravi e viene, comunque, immediatamente soffocato".

E’ un brano tratto dal libro di Andrè Gide, Retour de l’URSS, pubblicato nel 1936 dopo un viaggio in Russia.
Lo scrittore francese, premio Nobel nel 1947, evidenzia la monotonia della vita sociale, la bruttezza delle cose prodotte, l’ineguaglianza restaurata, la nullità dell’arte. Si coglie la disillusione di un grande intellettuale che, come tanti altri, aveva nutrito speranze e aspettative nel dogma comunista.
La sua disillusione è, soprattutto, legata alla scomparsa della libertà.
In ambito culturale, il realismo socialista, imposto da Stalin, spazzò via tutte le esperienze delle avanguardie. Un clima sempre più soffocante che indusse Sostakovic ad assumere posizioni prudenti nel vano tentativo di conciliare le sue innovative intuizioni musicali con i criteri imposti dall’alto. La sua fuga dalla realtà era il calcio.
Nel 1935, cominciò a seguire le squadre leningradesi anche in trasferta. Accompagnò la rappresentativa della città in una breve tournee a Kiev, Mosca e Charkov.
Sempre nel 1935 fece parte della delegazione ufficiale di musicisti al seguito della nazionale di calcio sovietica in Turchia. “Si trattava della prima trasferta all’estero – leggiamo in Sostakovic di Mario Alessandro Curletto e Romano Lupidella nazionale sovietica per incontrare un avversario affiliato alla FIFA”. L’incontro, in realtà, aveva uno scopo politico. Tra le due nazioni si era da qualche tempo instaurato un clima distensivo. Il leader turco, tra le altre cose, era Mustafa Kemal Ataturk, primo presidente dello stato repubblicano dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano.

1936, L’ANNO DI LADY MACBETH
L’opera Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk era tratta da un romanzo breve dello scrittore Nikolaj Leskov. Sostakovic ci pensava da tempo e alla fine cominciò ad elaborarne la stesura. Una gestazione lunga e meditata. C’erano aspettative da parte di vari ambienti culturali, in primis la stampa, che alimentò le attese descrivendo l’opera come un momento fondamentale della nuova arte sovietica.
L’onore della prima, il compositore, la concesse sia a Mosca che a Leningrado. Il successo di pubblico fu strepitoso.
All’estero fu rappresentata ben 170 volte negli Stati Uniti, Argentina, Cecoslovacchia e Svizzera. Tutto bene, anzi benissimo, fino al 1936.
In quell’anno Lady Macbeth fu rappresentata al Bolshoi, a gennaio, con Stalin spettatore, il quale lasciò il teatro anticipatamente. Segnale inquietante che preoccupò non poco Sostakovic.
Il 28 gennaio, puntualmente, l’opera venne inesorabilmente stroncata con un articolo (ispirato pare da Stalin) in prima pagina, sulla Pravda, dal titolo Caos anziché musica. 
Era l’inizio della persecuzione. Conoscenti e familiari del compositore subivano le attenzioni della polizia segreta. Sostakovic, rassegnato al peggio, teneva pronta una valigetta accanto al letto.
Un giorno del 1937 lo invitarono – si fa per dire – a recarsi negli uffici della Nkvd (polizia segreta) di Leningrado. Chi l’interrogò gli chiese, con insistenza, di confessare di aver partecipato a un attentato a Stalin. Ma era sabato, il compositore negava con ostinazione, l’inquisitore pressava e, alla fine, si decise di rinviare a lunedì. Quando il musicista tornò gli dissero che il suo inquisitore era stato fucilato per alto tradimento. Vicende surreali che nella paranoica Russia di allora capitavano di frequente. D’altronde, era stato proprio il padre nobile del comunismo, Karl Marx, a sostenere che la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.

NOTE SUL CALCIO
Nel 1937 la censura colpì con durezza. Isolamento all’interno dell’Unione dei Musicisti, cancellazione di qualsiasi opera a firma Sostakovic dai teatri e licenziamento dall’insegnamento al Conservatorio di Leningrado. L’accusa era quella di formalismo ovvero la sua musica era di difficile comprensione per il popolo. Non si perse d’animo, pur soffrendone intimamente.
Si immerse nel calcio totalmente.
Ogni giorno, in un quaderno che recava come titolo Campionato di calcio dell’Unione Sovietica, annotava formazioni, risultati, autore dei goal e capocannonieri. Va precisato che, questo atteggiamento compulsivo era anche una reazione alla depressione nella quale era caduto.
Si recava spesso allo Stadio di Leningrado. Ci andava con Vladimir Lebdev, famoso illustratore di storie per bambini. Arbitro di boxe e vittima anche lui della censura staliniana. Tra loro si era stabilita un’intesa. Quando uno dei due non poteva recarsi allo stadio, l’altro doveva inviare un resoconto sull’andamento e il risultato del match.
Shostakovic aveva gusti raffinati. Amava il calcio aperto, quello giocato a tutto campo con ripartenze veloci e senza inutili tatticismi. L’etichetta di ultras non è esagerata. Qualcuno lo ha definito tifoso rabbioso che, in più di un’occasione, si comportava come un bambino: sussultava, urlava, gesticolava. Un tratto caratteriale che è stato confermato anche dalla sua biografa ufficiale di Laurel Fay. Il calcio offrì a Šostakovič una via di fuga sia dalla musica che dalle preoccupazioni della vita quotidiana”, così la stessa Fay ha descritto la passione per il mondo del pallone di uno dei più importanti musicisti a livello mondiale del XX secolo.

LA GUERRA
Domenica 22 giugno 1941 prometteva di essere, per gli appassionati di calcio, una giornata di grandi emozioni.
Allo Stadio Lenin di Leningrado erano in programma due importanti match. Il primo, alle 13, era Spartak Leningrado - Spartak Mosca. Alle 19, 30 Zenit Leningrado-Spartak Char’kov. Due eventi che Sostakovic non si sarebbe mai perso. Si alzò di buon mattino per recarsi allo Stadio. All’improvviso, dagli altoparlanti, installati lungo le strade, uscì la voce roca e greve del Ministro degli Esteri Molotov. Annunciava l’invasione dell’Unione Sovietica da parte delle truppe del Terzo Reich. L’esercito tedesco, certo, colpì di sorpresa, ma anche una innegabile impreparazione bellica da parte sovietica favorì l’occupazione di buona parte del territorio russo.
L’8 novembre Leningrado rimase isolata dal resto del paese. L’assedio alla città sarebbe durato 900 giorni. Da buon patriota, Sostakovic voleva dare il suo contributo alla patria. Chiese di essere arruolato, ma la sua vista non lo consenti. Fu inquadrato come Vigile del Fuoco nel reparto che difendeva il conservatorio dalle bombe incendiarie. Decise allora di scrivere un poema sinfonico, che poi trasformò in Sinfonia. Sulla città piovevano bombe, ma lui imperterrito continuava a lavorare.

LA SETTIMA SINFONIA
L’opera fu terminata a Kujbysev, sul Volga, dove il compositore si era rifugiato. Nell’agosto del 1942 venne rappresentata nella Filarmonica di Leningrado. 
L’assedio della città proseguiva, le condizioni di vita erano proibitive, i musicisti fecero di tutto per non mancare alle prove. L’orchestra richiedeva quasi un centinaio di elementi, reperiti con difficoltà, tra musicisti al fronte, superstiti e perfino tra orchestre jazz, perché gli orchestrali della Filarmonica erano scomparsi, emigrati oppure morti...
Nonostante i bombardamenti incessanti, le luci dell’edificio non vennero spente. La sala della Filarmonica, quella sera del 9 agosto 1942, come si dice oggi, registrò un sold out. Come ha scritto Bryan Moynahan, nel suo bel libro Sinfonia di Leningrado,fu un avvenimento che non si ripeterà più nella storia dell’umanità”.
Fu trasmessa dalla radio e dagli altoparlanti della città. L’ascoltarono anche i tedeschi, che assediavano Leningrado, i quali pensavano che la città fosse praticamente morta.
Dopo la guerra, due ex-soldati del Terzo Reich dissero che quella sera – il 9 agosto 1942 – ci rendemmo conto che avremmo perso la guerra.
La partitura della sinfonia fu inviata negli USA con un aereo militare. A New York fu trasmessa dalle radio di Stati Uniti, Canada e America Latina.
Ancora Moynahan ha scritto che la Sinfonia con il suo «tema dell’invasione» il crescendo di tamburi rullanti e il finale, con le sue melodie festose e trionfali, a simboleggiare la speranza nella vittoria, rappresenta la liberazione non solo dei cittadini di Leningrado, ma di qualunque popolo che tenta di resistere alle iniquità della guerra e dei regimi totalitari.

(Segue)


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Sostakovic, il musicista ultras (Parte I) 
Sostakovic, il musicista ultras (Parte II)