qui per la parte I

Praga è piena di sogni persi in altrettanti sogni. A Praga, è tutto particolare, oppure, se volete, nulla è particolare. Può accadere qualsiasi cosa
 (Jorge Luis Borges).

Linz (Alta Austria) 23 aprile 1973

Linz si affaccia sul più iconico dei fiumi: il Danubio. E’ la Mittleuropa tedesca-magiara-slava-romanza ebraica. Un’ ecumene internazionale la definì lo scrittore praghese Johannes Urzidil, ovvero un “mondo dietro le nazioni”.  Il paesaggio è una trama di boschi e di chiese con la cupola a cipolla.
L’incanto visivo è però scacciato dal pensiero greve che, immediatamente, mi sovviene nella mente. Questa era la città che Hitler amava più di ogni altra. Ne voleva fare – con l’aiuto di Albert Speer, l’architetto del regime – una megalopoli con edifici sontuosi e grandissimi, adornati da tutte le opere d’arte sottratte dai suoi ‘lanzichenecchi ‘, ai musei delle città europee sul selciato delle quali avevano battuto il loro cupo passo dell’oca.
Elias Canetti ha scritto che Hitler rivelava il suo febbrile bisogno di superare le dimensioni già raggiunte in precedenza da altri artefici. L’ossessione agonistica di battere ogni record.
L’altro pensiero disturbante, decisamente molesto, che mi s’insinua in mente è che poco distante da Linz c’è Mauthausen, un lager dove hanno trovato la morte più di centomila persone.
Ci andiamo. Sentiamo il dovere di sostare in silenzio e formulare, se incapaci di pregare, almeno un pensiero davanti a quell’immensa piazza dove i prigionieri venivano ammassati per l’appello. Quella sterminata piazza - l’immagine più agghiacciante di Mauthausen - è un ricordo difficile da cancellare.
Sulla porta del Duomo di Linz leggiamo un’iscrizione: Solo quando puoi nuovamente ridere hai veramente perdonato. Non trascinarti dietro niente. 
Mentre lasciamo Linz pensiamo però che quello che abbiamo visto non c’induce al sorriso e ci trasciniamo dietro un certo senso di angoscia.

VERSO IL CONFINE

Tra meno di un’ora – dice Gianni – c’è Dolni Dvoriste il confine ceco. Dobbiamo fermarci e prepararci e sistemare meglio il bagagliaio della macchina.
-C’è uno slargo… ferma qui.

Eravamo su una strada statale che si snodava attraverso lindi villaggi austriaci. Prepararci e sistemare il bagagliaio della macchina significava predisporre strategicamente bottiglie di Martini e stecche di Marlboro. L’attenzione delle guardie di confine, appena aperto il baule della vettura, si sarebbe appuntata su questi beni di consumo. Simboli, naturalmente, del corrotto mondo occidentale.
Gianni era un esperto. Veniva dal ’69 in Cecoslovacchia per la sua ‘liaison’ con Yrina. In cuor mio l’auspicio che formulavo era che non diventasse dangereuse visto quello che ci apprestavamo a fare.
La messinscena del bagagliaio e l’ostentazione di sigarette e liquore ovviamente, avevano uno scopo. Bisognava evitare che procedessero a una minuziosa perquisizione della vettura. Mettevano la macchina sul ‘ponte’ – come quello delle officine – e si perdevano ore e ore in attesa che finissero. A quell’epoca, il regime comunista era ossessionato da  droga e materiale di propaganda politica avverso alla sua dottrina. Le vetture straniere dunque erano oggetto, al confine, di interminabili perquisizioni, soprattutto se gli occupanti si dimostravano poco ‘generosi’ nei loro confronti. Suppongo che i più scafati tra voi avranno intuito cosa intendo per generosità. Sistemato il teatrino sull’auto, bisognava studiare dove mettere le lettere.
Gianni pensava di nasconderle nel vano motore. Oppure, sotto la ruota di scorta.

-No. Mettiamole in una busta di plastica e le portiamo addosso, sotto la maglietta. Le altre volte hanno mai proceduto a perquisizioni corporali?
-No, mai!
Bene… sfoderiamo sorrisi e affabilità e soprattutto tiriamo subito fuori sigarette e Martini. Parafrasando il Manzoni poi dissi: Adelante, Gianni con juicio, si puedes!
Scherzavo per scacciare la paura che cominciava a insinuarsi dentro di me.

RIVERA GOOD

La torretta con il riflettore e accanto il soldato con un mitragliatore puntato verso il basso. Un’ampia sbarra di ferro e intorno un reticolato presumibilmente elettrificato. Una vista non rassicurante, qualche brivido lungo la schiena te lo faceva correre. Gianni, con juicio, guidò lentamente seguendo le indicazioni del milite.

Your passports, visa, driving licence and insurance…and get out of the car
(-I vostri passaporti,visto patente e assicurazione e scendete dalla macchina)

Consegniamo il tutto e tranquillamente lasciamo la macchina. Ci sgranchiamo le gambe. Con una studiata nonchalance apro un pacchetto di sigarette e ne accendo una. Nel frattempo, l’altro milite, giovanissimo, gira intorno alla vettura.
Sul sedile di dietro c’è una copia della Gazzetta dello Sport e, naturalmente, parla della partita di Coppa delle Coppe che il Milan disputerà il 25 aprile a Praga contro lo Sparta. Vale l’accesso alla finalissima che si giocherà a Salonicco. All’andata il Milan ha vinto 1 a 0 a San Siro, goal di Chiarugi. Basta dunque non perdere per accedere alla finale.
Il giovane milite adocchia il giornale, riconosce nella foto Gianni Rivera, e mi dice, sorridendo: 

-Rivera…good…
- Oh…yes…do you like Rivera?
- Yaa…best player

A questo punto gli offro subito una sigaretta. Lui la prende e la guarda…

Marlboro…very good…
Oh…May I offer…e gli passo l’intero pacchetto e lui immediatamente lo fa sparire nella tasca.

E’ un ragazzino. Infagottato in una divisa di cui forse farebbe volentieri a meno, con in spalla un pesante fucile mitragliatore che sorregge anche con la mano.
Pensai che al posto di quell’aggeggio di morte preferirebbe stringere la mano della sua ragazza. Infagottato nella sua larga divisa, con il cappello calato sugli occhi, un velo di malinconia su un viso da bambino dal sorriso triste, mi  ha ricordato il romanzo di Jaroslav Hasek Le avventure del buon soldato Svejk” , sarcastica rappresentazione della vita militare, ma anche epitaffio – decisamente  irriverente – della fine dell’impero Austro-Ungarico (un romanzo, ancora oggi attualissimo, tradotto in 60 lingue. Più volte adattato per il cinema e il teatro. Celebri le trasposizioni di Piscator e di Brecht. Ndr).
Un moto di umana simpatia prende il posto della paura di prima. Nel frattempo, Gianni, ha già distribuito due bottiglie di Martini alle altre guardie e allora prendo una stecca di Marlboro e la regalò al soldatino che ammira Rivera.
E’ felice… ride con gli occhi. Ha intuito che andremo a vedere la partita. Allora mi sussurra:

Good luck…!
Lo guardo gli sorrido
Good luck to you too…

Ci dicono che possiamo andare. Saliamo in macchina e mi accorgo che il soldatino alza un  braccio e mi saluta, apro il finestrino e faccio la stessa cosa.

-Ancora una volta il grande Rivera ha pennellato uno dei suoi  magistrali assist
Allora…io e Gianni in coro: “E vaiiiiii...”

VERSO CESKE BUDEJOVICE

L’aria della sera è decisamente frizzante. Da queste parti gli inverni sono lunghi. Calano le prime ombre.
Dobbiamo procedere piano. Le strade sono strette e le guardie, al confine, ci hanno mostrato un manifesto che raffigura un cervo. Qui si trova il loro habitat naturale. Te li trovi davanti improvvisamente, fissi, immobili al centro della strada e ti guardano con due occhi che diventano luminosissimi - somigliano a piccole stelle-, quando incrociano il fascio dei fari dell’auto. Fanno tenerezza, mi rammentano Bambi, anche se, per la verità, il protagonista della fiaba disneyana era un capriolo, non un cervo.  Gianni mi dice che qualche anno fa, per scansarne uno, finì fuori strada e non fu piacevole.
Giungiamo in un paese che si chiama Český Krumlov . Un fantastico borgo medievale. Miracolosamente preservato all’insulto del tempo e all’incuria degli uomini.( Se non ricordo male poi l’UNESCO dichiarò il centro storico Patrimonio dell’Umanità ndr). L’attrazione principale è comunque il Castello reso ancor più suggestivo dall’alone di mistero che aleggia sulla struttura per via della Dama Bianca, il fantasma di Perchta, appartenente al nobile e potente casato dei Rosenberg.
Perchta ebbe un matrimonio infelice. Scrisse diverse lettere al padre e ai fratelli descrivendo i patimenti della sua vita coniugale.  Ne sono state tramandate circa 32. Si ammalò gravemente e il marito, in prossimità della fine, le chiese perdono per le sofferenze che le aveva inflitto. Perchta rifiutò e suo marito la maledisse. Tornò dunque come fantasma nelle proprietà della sua famiglia. Percorriamo ancora 30 km ed eccoci  arrivati a Ceske Budejovice  che un turismo, frettoloso quanto impreparato culturalmente indica, nei suoi depliant, come  la città della birra.Vero è che    dal XIII secolo  qui si produce una birra che parla con gli angeli – ( provare per  credere, ragazzi e ragazze ndr ). Altrettanto vero che la città fu  sede, per un certo periodo, della fabbrica di birra imperiale del Sacro Romano Imperatore e la Budweiser ( cioè la birra di Budweis) che insieme alla Pilsner di Plzen, è una delle lager più conosciute, però Ceske Budejovice non è soltanto birra. La città si fregia di una lunga storia, oltre 750 anni. La fontana di Sansone circondata da edifici storici è un’attrazione di un certo spessore. Poi c’è il fiabesco centro storico con la sua caleidoscopica trama di case colorate ognuna con la sua storia da raccontare. Sia Jaroslav Hasek, l’autore de Il buon soldato Sveik, di cui abbiamo già parlato che Albert Camus, con la piece teatrale L’incomprensione ambientarono a Ceske Budejovice le loro opere. Addiritura il dramma teatrale di Camus ebbe come titolo provvisorio proprio Ceske Budejovice. Riprendiamo la marcia…ora è decisamente buio. Un cartello ci dice che Praga è a soli 150 km

«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare»

(Jack Kerouac, On the Road)

LE LACRIME DELLA MOLDAVA

Complice un cielo incredibilmente sereno , una luna ammiccante che invia raggi come languide  carezze sulla placida Moldava, il fiume, che scorre solo nella Repubblica Ceca, attraversa Praga con i tratti sinuosi delle Ninfe che sono le potenze dei fiumi, dei laghi e dei mari. Bertolt Brecht ha scrittoLa canzone della Moldava” ispirandosi alla  leggenda secondo la quale il letto del fiume contiene le lacrime del popolo. Sostiamo nei pressi del Ponte Carlo. E’ notte tarda, il miglior momento per attraversarlo. Non c’è nessuno, di giorno frotte di turisti che sbraitano, si fanno fotografie a vicenda, violano la sacralità del luogo. Deve il suo nome a Carlo IV che lo fece costruire nel 1537.Distribuite, su entrambi i lati, ci sono 30 statue. La prima rappresenta San Giovanni Nepomuceno che fu buttato nel fiume su ordine di Venceslao IV.La statua è posta nel punto esatto in cui il santo fu buttato in acqua. Si dice che se si tocca la base della statua dopo aver espresso un desiderio questo si realizzerà. Ovviamente, visto quello che ci accingiamo a fare, abbiamo eseguito il rito con l’atteggiamento di quelli che, a fronte di certi rituali scaramantici, pensano, ma non lo dicono, non è vero ma ci credo. E noi abbiamo tanto bisogno di credere.

IL SOGNO DELLA LIBERTA’

A questo punto, sento la necessità, di fornire una spiegazione, la ratio di questo post. Non è un baedeker ( guida da viaggio ndr) di  Praga. E’ una testimonianza. Per chi è nato da sempre in un mondo libero, che può leggere quello che vuole, viaggiare quando gli aggrada, disporre di beni di consumo, incontrare la gente che gli piace, questa storia – che ho avvertito dopo tanti anni l’esigenza intima di svelare – può anche risultare noiosa. Lo capisco. Tanto più che questo Paese, da qualche anno, strizza l’occhio a più di un uomo della provvidenza. Non avendoli  in casa si guarda a quelli che spadroneggiano – ma tu guarda a volte le coincidenze – in quei paesi che una volta venivano localizzati  come  oltre cortina, naturalmente di ferro, quel metallo che le nostre nonne conoscono bene perché, tantissimi anni fa, sacrificarono la loro fede nuziale, in oro, in cambio di una in virile ferro. E vuoi mettere! Torniamo al nostro viaggio. Lo abbiamo fatto perché non si può sempre stare a guardare Nella vita arriva sempre il momento in cui occorre rischiare, altrimenti è una vita vuota.  Lo abbiamo fatto per umana solidarietà nei confronti di una coppia giovane che è stata indotta a una scelta drammatica per assicurarsi un futuro. Lo abbiamo fatto perché volevamo contribuire alla realizzazione di un sogno: la libertà! Ma, a questo punto, s’impone, per comprendere meglio, il contesto, entro il quale è maturato tutto, una chiave di lettura che non può che essere storica e fare riferimento agli avvenimenti accaduti tra gennaio e agosto del 1968.

FINE DI UN SOGNO

Nella tarda serata di mercoledì 21 agosto 1968l una Tv localizzata a Brno, città ceca vicina al confine austriaco,  lanciò un drammatico messaggio. Tra le immagini tremolanti dello schermo apparve un giornalista. Barba incolta, in maniche di camicia, grondante sudore. “Questa stazione libera è forse una delle ultime in Cecoslovacchia – dice il cronista in preda a una forte agitazione. Parla, dapprima, in ceco poi prosegue in tedesco: “ Prego gli amici austriaci di diffondere la notizia dell’aggressione russa e di farla pervenire al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Sono un comunista convinto ma, in questo grave momento, non si tratta più di essere comunista o no.E’ in gioco ormai tutto: la sopravvivenza fisica e morale dei cecoslovacchi,l’onore della Cecoslovacchia, la sua storia, la sua identità.” La Tv di Brno era il media più impegnato nel movimento di liberalizzazione intrapreso da Alexander Dubcek, premier ceco, che puntava all’instaurazione di un  comunismo dal volto umano. Quella che la Storia registrerà come la primavera di Praga. All’alba di quello stesso giorno i cingoli dei carri armati degli eserciti delle nazioni aderenti al Patto di Varsavia, sfregiarono l’antico selciato della città di Kafka. Milan Kundera, in un suo romanzo, ha scritto :”Il comunismo è un tunnel senza fine. I dittatori sono mortali, ma la Russia è eterna. La sventura dei paesi da cui veniamo consiste nel fatto che non esiste speranza.”

IL PIANO

Trascorremmo l’intera mattinata del 24 aprile, in una specie di pub, vicino a Piazza San Venceslao,  a studiare un piano per recarci all’indirizzo che Yrina ci aveva fornito a Padriciano. I timori non erano infondati. Ci accorgemmo, intanto, che, a cinque anni dall’invasione, i russi erano – anche se in numero ridotto ovviamente – presenti. Controllavano, ad esempio, la redazione del Rude Pravo, il giornale più importante, che ha la sede nella stessa piazza e quella dell’’Aeroflot, la compagnia aerea di bandiera della Russia, che qualche anno prima era stata praticamente distrutta dopo una partita di hockey Urss-.Cecoslovacchia, vinta dai cechi. Quasi una sommossa.

Non credo Gianni che i russi o l’StB ceco siano davanti alla loro abitazione giorno e notte.

-Perché?

-Perché, oltre a essere un dirigente ministeriale di grado elevato è anche un pezzo da 90 del Partito Comunista Cecoslovacco. Controlleranno il telefono, la corrispondenza, ma non possono sconfessarlo fino al punto di piantonargli l’abitazione. Useranno sistemi più sofisticati per sorvegliarlo. Ci hanno messo un anno e più per emarginare Dubcek, anche se ovviamente il paragone sembrerebbe non reggere. Ma, voglio alludere al loro modo di agire che è particolare, proprio da Sinedrio Comunista.

Quindi?

Quindi in tarda serata, con il favore delle tenebre, tanto per dire una banalità scaccia-paura, ci rechiamo all’indirizzo e tu, con un bel mazzo di fiori in mano, suonerai il campanello della bella casetta e dopo i convenevoli…a proposito ma in che lingua parlerete?

-Nessun problema, lui parla italiano. Yrina mi ha detto che dell’Italia è innamorato..

-Bene. Consegni la posta, ti tratterrai per un tempo ragionevole e poi saluterai. Ultima cosa , i biglietti per la partita di domani sera?

-Robik mi ha detto che li possiamo comprare direttamente allo stadio.

-E’ ancora presto, ma ho una certa fame, che dici ci facciamo una Pilsner e un mega-panino con il prosciutto praghese? Propone Gianni

- Proposta approvata e accettata Vamos!

NOTTURNO DI CHOPIN N°2

La casa è sulla collina che sovrasta Praga. Segno di distinzione sociale anche in un paese il cui governo predicava  l’ uguaglianza tra le classi. La nomenklatura, nei regimi comunisti, ha sempre avuto i suoi privilegi. Il tram ci lascia poco distanti. Abbiamo smesso i panni dei  turisti e abbiamo indossato blazer blu e camicia azzurra. Mentre siamo davanti all’atrio di questa casa ottocentesca, adornata di stucchi e decorazioni, mi giungono le note ipnotiche di un Notturno di Chopin,suonato da qualcuno, in casa, al pianoforte. Si tratta del Notturno n° 2 . Lo riconosco perché l’ascolto, sempre,. quando devo studiare in vista di un esame. E comunque adoro Chopin. Le note cessano si apre una porta e appare una figura ieratica, slanciata, una donna, di cui non saprei dire l’età, vestita con la sobrietà che connota la vera eleganza. Di una cosa sono certo: è la mamma di Yrina. E’ proprio una gran bella donna! Convenevoli in inglese, poi spiego che preferisco aspettare nell’atrio. La signora mi sorride e sussurra I’am glad to have met you ( lieta di averla conosciuta) . Replico: Me too. Gianni riappare dopo quasi un’ora. Appena fuori gli chiedo:

-Com’è andata ?

-Tutto ok . Il padre sta soffrendo per questa storia. Me lo ha detto chiaro e tondo. Ha una posizione delicata. Però mi ha detto che se deve pagare un prezzo per la felicità di Yrina,  lo farà senza esitazioni.

- Bene. E adesso andiamo a recuperare le forze e anneghiamo la malinconia in un boccale di birra. Domani ci attende il Milan.

CHIARUGI CI PORTA IN FINALE

La sera del 25 aprile 1973 – da noi è l’anniversario della Liberazione , quando si dice il destino delle date – lo stadio Letnà di Praga è gremito. Lo Sparta è la compagine calcistica più famosa della Cecoslovacchia. Ha vinto diverse volte il campionato nazionale e la Coppa della Cecoslovacchia. E’una serata fredda, umida. Per fortuna ci siamo portati i giubbotti. Ogni tanto banchi di nebbia sovrastano il terreno di gioco. L’erba è alta e rende insidioso il fondo. Il Milan si schiera con Vecchi, Anquilletti,Zignoli ,Dolci, Schnellinger, Rosato,Turone, Biasiolo Bigon, Rivera, Chiarugi. Nereo Rocco ha predisposto una formazione barricadiera. Bisogna difendere l’1 a 0 di San Siro, goal di Chiarugi. Lo Sparta aggredisce subito e lo fa anche con una certa cattiveria. Cercano di intimidirci, vogliono la rissa. Ma, il Milan non ci casca. Non osiamo dire nulla seduti tra i cechi urlanti. Loro hanno capito che siamo italiani, ma sono corretti. Guardano ammirati Rivera. Schnellinger, Rosato e Vecchi hanno formato una diga insuperabile, dove s’infrangono le incursioni ceche, Rivera e Bigon danno una mano come possono, inseguendo gli avversari. Verso la fine del 1° tempo sfioriamo il goal con Chiarugi, autentica spina nel fianco della difesa ceca, e con Bigon che non sfrutta un traversone perfetto di Rivera. Nel 2° tempo c’è l’assedio dello Sparta alla nostra area. Poi al 28’Schnellinger ruba un pallone a metà campo e mette in moto Rivera che viaggia per una ventina di metri con il pallone e alla fine, con un tocco delizioso, smarca Chiarugi  che lascia partire un bolide di sinistro. 1 a 0. Ancora Chiarugi. Alziamo una saracinesca davanti alla nostra area lottiamo su ogni pallone. Che sollievo quando l’arbitro lo spagnolo Ibanez fischia tre volte.  E’ fatta, andiamo a  Salonicco per  la finalissima con il Leeds che batteremo per 2 a 0 e ci porteremo a casa la Coppa delle Coppe.

L’indomani, di buon mattino, lasciamo Praga. In territorio austriaco ci fermiamo per un caffè.

-Che partita, non finiva mai. Ma, alla fine ce l’abbiamo fatta.

- Gianni abbiamo vinto anche noi.

-Si hai ragione anche noi abbiamo fatto una bella partita.