«Gli arabi erano figli incorreggibili dell’idea, incoscienti e daltonici, convinti che il corpo e lo spirito fossero per sempre e inevitabilmente in opposizione. La loro mente era strana e oscura, piena di depressioni ed esaltazioni, mancante di regole, ma con più ardore e più fertile di fede di ogni altra al mondo. Erano un popolo fatto di imperi per cui l’astratto era la più forte delle ragioni, il processo di infinito coraggio e distinzione, mentre lo scopo finale non significava niente. Erano instabili come l’acqua, e come l’acqua forse alla fine avrebbero prevalso»
(Da’ I sette pilastri della saggezza’ di Thomas Edward Lawrence, meglio noto come Lawrence d’Arabia )


Il Salvator Mundi è un dipinto – olio su tavola di noce – attribuito a Leonardo Da Vinci. Nel 2011 fu acquistato da un ricchissimo uomo d’affari russo che, seppur amante dell’arte, sei anni dopo  incaricò Christie’s la più grande casa d’aste al mondo – di metterlo in vendita. Nell’ottobre del 2017 il dipinto fu acquistato, al termine di un ‘emozionante asta a New York, da un intermediario, che agiva per conto di un principe saudita. Pagò, senza battere ciglio, 450, 3 milioni di dollari. Diventò così il quadro più costoso di sempre in un’asta. L’intermediario agì per conto di Mohammed bin Salman, figlio del re saudita Salman bin-Abdul-Aziz al-Saud. Il nome del giovane Mohammed è stato sintetizzato dalla stampa mondiale, mondana e sportiva, in MbS. (e così faremo anche noi).
Il mondo globale del foot ball ha imparato a conoscerlo, ad ammirarlo
e a temerlo. Gli appassionati di calcio, che ancora non lo conoscono, lo conosceranno. I tifosi rossoneri, forse, ne hanno avuto qualche sentore. Il Newcastle, che ha acquistato Tonali per 80 milioni, è di proprietà di questo feudatario arabo. La sua più grande aspirazione è quella di fare dell’Arabia Saudita una potenza calcistica globale. Il primo tassello di questo ambizioso sogno è l’organizzazione della Coppa del Mondo del 2034.

L’interesse per il calcio da parte dell’Arabia Saudita è recente, ma, grazie alle sue enormi capacità di investimentoha già avuto un impatto significativo sul mercato mondiale del foot ball. Se gli obiettivi posti dal regno saudita si concretizzano,  è molto probabile che la Saudi Pro League possa diventare un campionato di livello pari o superiore a quello dei tornei di seconda fascia in Europa. Basti pensare alla previsione sui ricavi commerciali della lega per il 2030: 1,8 miliardi di riyal, pari a circa 430 milioni di euro. Stando alla Deloitte Annual Review of Football Finance 2020, prima della pandemia di Covid-19, nessun campionato europeo al di fuori delle top-5 leagues poteva vantare introiti di questo livello alla voce commerciale.  In un solo anno ha investito quasi un miliardo di euro nel suo campionato che in questo modo ha attirato alcuni dei più famosi calciatori in attività, come Cristiano Ronaldo, Neymar e Karim Benzema. Il campionato dell'Arabia Saudita esiste dalla stagione 1974-1975 .Negli ultimi anni è cresciuto sempre più e dallo scorso inverno ha popolarità mondiale grazie all'arrivo di Cristiano Ronaldo all'Al-Nassr. Ma nonostante CR7 l'Al Nassr non è riuscito a vincere il titolo, che è stato dell'Al Hittihad. Fino alla passata stagione erano sedici le squadre ai nastri di partenza, ma dal 2023-2024 saranno 18 le squadre che disputeranno la Saudi Pro League.

L’ARABIA SAUDITA 
Ufficialmente Regno dell’Arabia Saudita. E’ il paese più esteso della Penisola arabica. Parliamo di 2.150.000 Km quadrati sui quali vivono circa 30 milioni di persone che si concentrano in pochi grandi  centri urbani. La capitale è Ryiad. Siamo, dunque,  in presenza di un territorio caratterizzato da vaste zone desertiche e inesplorate come  Rub al-Khali, il più grande deserto di sabbia del mondo. Lo chiamano  il “ quarto vuoto”- dopo terra, cielo e mare – e questo vi darà, in qualche modo, un’idea della sua sconfinata immensità. Nelle sue viscere   si trovano riserve ingentissime di petrolio. L’Arabia Saudita sarebbe rimasta un paese povero se gli americani non vi avessero scoperto il petrolio nel 1938. L’oro nero – come fu definito più tardi – non costituì,fino al primo conflitto mondiale, un asset importante della politica internazionale. Ma, i venti di guerra non smisero mai di soffiare impetuosamente sull’Europa. L’incremento degli armamenti navali portò a una forte domanda di nafta. Fu Winston Churchill a intuirne l’importanza e sollecitò il governo britannico a “ scegliere il petrolio come opzione generale e di conseguenza prendere in considerazione tutti i provvedimenti utili per accedere a una grande riserva di combustibile.”Molti anni dopo si scoprì che le maggiori riserve, del prezioso liquido, si trovavano in Arabia.
Le compagnie petrolifere occidentali e la monarchia saudita siglarono un accordo per lo sfruttamento. Accordo che, naturalmente, come tutti gli accordi politici si basava su un compromesso. Gli occidentali non si sarebbero intromessi nelle  vicende interne delle famiglie arabe dominanti e queste avrebbero dato ‘carta bianca’ sulla gestione del petrolio e avrebbero anche ricevuto ricchissime rendite. Insomma, per dirla in latino, Pacta sunt servanda.
In Arabia Saudita si trovano anche le due città più sante dell’Islam: La Mecca e Medina. E’ governata da una monarchia assolutista, quindi fortemente autoritaria. Le leggi si basano sulla Sharia che, in arabo, significa sentiero o retta via. Si tratta, in buona sostanza, di un insieme di concetti astratti che discendono dai testi sacri. Non esiste un testo scritto, ma solo una serie di principi etici che i musulmani considerano perfetti e immutabili. La Sharia, inoltre, è tradotta in leggi scritte da i fugawa, i giuristi. Il Corano trova una rigida applicazione.
Tutto questo armamentario teologico-giuridico ha determinato le condizioni che hanno conferito, alla monarchia, poteri assoluti.
Dal 1932, il paese è guidato dagli al-Saud. A regnare, dal 2015,  è Salman bin-Abdul-Aziz al-Saud. Non è un paese dove i cittadini sono chiamati a votare. Non sono consentite forme di dissenso nei confronti della monarchia. Proibito costituire partiti, associazioni politiche o sindacali. L’Arabia Saudita ha una florida economia, grazie al suo ruolo preponderante nell’ambito dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec).

MBS E MACHIAVELLI
Mosse i primi felpati passi, nelle stanze del potere, nel 2009, come consigliere del padre, re Salman. Ma, la vera svolta , per MbS e , soprattutto, per il paese, avvenne, nel 2017, quando l’anziano monarca lo nomino principe ereditario. L’Arabia Saudita uscì dal suo torpore politico e si ritrovò, però, al centro di vicende non esattamente esaltanti. Nel novembre di quello stesso anno Mohammed fece arrestare  centinaia di membri della famiglia e importanti cittadini sauditi, tra cui il principe Al-Waleed Bin Talal. Furono accusati di riciclaggio di denaro, estorsione e corruzione. Ma, ut vulgo dicebatur – come comunemente si vocifera – si trattò di un’operazione volta a togliere di mezzo probabili oppositori...
Il 2 ottobre del 2018 Jamal Khashoggi, giornalista dell’Arabia Saudita, fu ucciso nel consolato saudita a Istanbul. Il reporter si era trasferito negli USA per sfuggire al regime restrittivo e alla censura imposti dal principe erede. Si trovava in Turchia perché doveva sposarsi con una ragazza turca e si era recato in consolato per il disbrigo di alcune pratiche. L’intelligence americana rivelò il coinvolgimento diretto, nell’assassinio di Khashoggi, del governo saudita che successivamente ammise le sue responsabilità. Vicende queste, che sembrano ispirate dalla lezione machiavelliana del Principe dove, citiamo a braccio, si raccomanda a chi governa di potenziare e migliorare sempre il suo principato  e per raggiungere lo scopo non bisogna avere scrupoli. Il principe deve essere furbo come una volpe e forte come un leone. Una strategia che da secoli può essere compendiata nell’altra celebre frase dello scaltro ‘ politologo’ fiorentino: il fine giustifica i mezzi.
Per capire meglio di che pasta è fatto il personaggio citiamo la risposta che ha dato a un  giornalista, nel corso di un’intervista a Fox News, quando gli è stato chiesto se tutto questo suo interesse per il calcio non nascondesse, in realtà, un’operazione di sportwashing.Bene - ha risposto MbS - se lo sportwashing aumenterà dell’1%, il mio PIL allora continuerò a farlo. Anzi, punto all’1,5%. Chiamatelo come volete, non mi interessa, noi otterremo quel punto e mezzo di crescita.”
Il rampante principe ha notevoli disponibilità personali. La sua fortuna, dollaro più, dollaro meno, dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 miliardi di dollari. Possiede una villa fiabesca –Chateau Louis XIV – vicino Parigi e uno yacht che in realtà è un transatlantico costato 500 milioni di dollari. Ma, la mente fervida del machiavellico principe saudita è proprio come  la descrive Lawrence d’Arabia :una mente con più ardore e più fertile di fede di ogni altra al mondo.”
Fede sicuramente, ma anche disponibilità finanziarie immense come il deserto del Rub al-Khali. Per capire meglio seguiamo il consiglio che la famosa talpa del Watergate che suggerisce ai due cronisti del Post: follow the money.
Partiamo, dunque, da una capiente cassaforte: il PIF.

PIF, IL GRANDE SCRIGNO
PIF
è l’acronimo di Public Investment Fund. E’ il fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Uno dei più grandi al mondo che ha consentito al Regno l’ingresso nel G20. Il fondo ha favorito grandi  progressi nelle operazioni di investimento strategico, accordi di acquisizione, infrastrutture e creazione di partnership. Questi risultati significativi sono  in sintonia con la missione, i programmi e le iniziative di Saudi Vision 2030 volto a innescare un cambiamento alimentato da un solido e affidabile braccio economico stabile. Il PIF svolge un ruolo strategico fondamentale nel realizzare gli obiettivi di questo grandioso piano che ha come traguardo la trasformazione economica dell’Arabia Saudita che nonostante le ricchezze del suo sottosuolo punta alla transizione energetica. Nella cassaforte del PIF sono stipati oltre 430 miliardi di euro. Un patrimonio dieci volte superiore a quello dello sceicco Mansour, proprietario del Manchester City e 50 volte a quello di Nasser Al-Khelaifi, presidente del PSG. Nel Regno, il PIF, svolge  anche una funzione di catalizzatore dell’economia. Ha creato diversi campioni nazionali nel settore privato, ovvero progetti e aziende che hanno avuto un impatto notevole sulla crescita economica del paese.

SAUDI VISION 2030
Scorrendo le pagine del Saudi Vision 2030 la prima sensazione, che prova  un cristiano-occidentale, rimanda, attraverso il ricordo,  alle  pagine, sempre vive e palpitanti, di quella straordinaria raccolta di novelle arabe- Le Mille e una notte - divenuta famosa in Europa grazie ad Antoine Gallaine, orientalista e archeologo francese, che la tradusse dall’arabo, agli inizi del ‘700. Pur scritto in un linguaggio moderno, con ovvie aderenze alla modernità dei mezzi e alle strategie finanziarie, Vision 2030 parla di una società vivace in Arabia Saudita. E’ ben rilevata l’importanza di costruire una società forte, felice e appagante come fondamento della prosperità economica. Si assegna grande  importanza alla  creazione di radici forti che abbraccino l’Islam moderno, l’orgoglio nazionale, l’eredità e la cultura saudita, fornendo allo stesso tempo una prospettiva mondiale. Opzioni di intrattenimento di classe, di vita sostenibile, sistemi sanitari e di assistenza sociale efficienti. Non mancano accenni lirici, nonostante l’inglese non si presti molto.
Per raggiungere la vera felicità e la realizzazione di tutti i cittadini e residenti, diamo priorità al benessere fisico, psicologico e sociale, motivo per cui al centro della nostra visione c’è la creazione di una società in cui tutti possano godere di un’elevata qualità della vita, di uno stile di vita sano e di un ambiente di vita attraente. Ci sembra giusto  rilevare  che, nel lessico occidentale, di dossier, progetti e via discorrendo, la parola felicità non ricorra spesso. Probabilmente anche questa diversità semantica è da collegare a una letteratura – quella araba - dove sogni, visioni e forse incantesimi sono tratti distintivi. L’obiettivo è  promuovere e rivitalizzare lo sviluppo sociale rafforzando l’istituzione famiglia e  fornendo un’educazione che rafforzi il carattere e istituendo sistemi di sicurezza sociale  responsabilizzanti.

QIDDIYA, LA CITTA’ DELLO SPORT
Riuscite a immaginare uno stadio di 40 mila posti adagiato su una scogliera, incistato nella roccia come  un’ostrica? Certo, si fa fatica a immaginarlo soprattutto chi come noi vive in posti dove la costruzione di uno stadio provoca dibattiti infiniti e accese contestazioni che poi debordano dal Consiglio Comunale al Parlamento. Insomma, Milano docet.
Nell’ambito di Saudi Vision 2030 c’è un capitolo dedicato allo sport, all’intrattenimento e alla cultura. E’ stata costituita, nel contesto del progetto, una società Qiddiya Investment Company, controllata interamente dal Pif. La Qiddiya ha firmato una partnership ventennale con le due maggiori compagini calcistiche saudite: Al-Nassr e Al-Hilal. Nella prima giocano Ronaldo, Brozovic, Fofana. Nella seconda Neymar, Milinkovic-Savic, Neves . Qiddiya sarà anche il nome della città che sorgerà a 40 km dalla capitale. Un’estensione di 340 chilometri quadrati. Il doppio rispetto a una città come Milano. Qiddiya City sarà un centro globale di intrattenimento, cultura e sport. Avrà parchi a tema, impianti sportivi, siti per concerti, accademie per lo sport. Il 67% dei sauditi ha meno di 35 anni e quindi Qiddiya offrirà, a questa fascia generazionale, decisamente giovane, opportunità di intrattenimento, creatività e divertimento. Per il lancio pubblicitario di Qiddiya si era pensato al Real Madrid. Una sponsorizzazione di oltre 150 milioni di euro, ma le trattative non andarono in porto e non se ne fece nulla. Le due maggiori squadre del Regno, Al-Nassr e Al-Hilal giocheranno nei modernissimi stadi della nuova città.

AMANDA E GLI SCEICCHI  
“Nessun uomo ha veramente successo a questo mondo, a meno che non abbia una donna alle sue spalle, poiché sono le donne a governare la società. Se non si hanno donne al proprio fianco, si è fuori dal mondo.
A Riyad, i manager che gestiscono il PIF, hanno tenuto a mente l’aforisma di Oscar Wilde e per mettere le mani sul Newcastle hanno pensato bene di affidarsi a Amanda Louise Staveley business woman inglese con entrature nel mondo degli affari mediorientali. Amanda ha un curriculum vitae che aderisce perfettamente a un altro aforisma, certo meno elegante e arguto di quello di Wilde:“ Le brave ragazze vanno in paradiso, quelle cattive dappertutto”. Fisico asciutto, capelli biondi, occhi inevitabilmente azzurri. Amanda ha avuto una vita in discesa. Il padre è un ricco proprietario terriero. Ha piantato gli studi universitari al St Catharine’s College di Cambridge. Era attratta dal mondo degli affari, del commercio e infatti a soli 23 anni gestì un piccolo ristorante.
Con tenacia, abilità nel coltivare i contatti giusti è diventata una broker di alto livello. Una cosa è certa, Amanda aveva fiuto, intuito e capì che in Medio Oriente stava nascendo qualcosa di nuovo. Cominciò a stabilire relazioni con gli uomini d’affari dell’area del Golfo. Aprì un ufficio a Dubai e allargò il giro delle conoscenze  grazie all’amicizia con lo sceicco Rashid al Maktoum. Istituì il fondo PCP Capital Partners e nel 2008 mise a segno un colpo fantastico. Salva la Barclays Bank, che non è una banchetta, ma una banca tra le più grandi del Regno Unito. I quasi otto miliardi, per il bail out ( salvataggio in gergo finanziario ndr) arrivano da Dubai e da Doha. La sua commissione fu di 45 milioni di sterline che, com’è noto, non erano e non sono bruscolini.
Nello stesso anno mette a segno un altro colpo. Il Manchester City, nel 2008, viaggiava a metà classifica. La Staveley ne parla allo sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan, lo stesso dell’affare Barclays. La gloriosa compagine calcistica fu così acquisita dall’Abu Dhabi United Group.Lo sceicco di Abu Dhabi è tra le persone più ricche al mondo e grazie a lui il Manchester City torna a competere ad armi pari con il Manchester United, che sin dall'inizio degli anni Novanta sotto la guida di Sir Alex Ferguson aveva dettato legge anche ben al di fuori dei confini della città.

ASSALTO AL NEWCASTLE
Amanda, con il suo fondo PCP Capital Partners, muove, con mosse da scacchista, verso il Newcastle. Riesce ad acquisire il 10% del capitale della società. Comincia a farsi vedere allo stadio. Parla con i giocatori. Li conforta dopo una patita persa.
Sì, diciamolo: ci sa fare la girl! 
In tribuna, più volte, è stata fotografata insieme al governatore del PIF Yasir Al Rumayyan (oggi è il presidente del Newcastle); lavora nell’ombra con straordinaria abilità e, naturalmente, porta a termine l’operazione.
Il suo progetto non si limita alla semplice conquista dei Magpies (soprannome della squadra per via della sua divisa a strisce bianche e nere simili alle gazze ndr). Amanda pensa in grande. Non solo calcio, ma qualcosa di più grandioso. Pensa a investimenti nelle strutture mediche, nell’Academy ( formazione di qualità) e avviare progetti d’intesa con la Newcastle Foundation.
A tutto questo ci aggiunge un tocco femminista: ”Da ragazza non ho mai avuto modo di giocare al calcio e quindi mi piacerebbe vedere investimenti nella squadra femminile del Newcastle".
L'acquisizione suscitò la condanna da parte delle organizzazioni per i diritti umani che definirono l'acquisizione un sportwashing. 
Gli altri 19 club della Premier League condannarono l'acquisizione saudita del Newcastle, affermando che avrebbe danneggiato il marchio della Premier League. Staveley, ovviamente, difese l'acquisizione, sostenendo che non si trattava di sportwashing; perché il PIF è un'entità separata dal governo dell'Arabia Saudita. Al vertice del board della società, ad ogni buon conto, c’è  il principe ereditario Mohammed bin Salman. Presidente, come accennato prima, è il Governatore del fondo. Nel board, inoltre, così ci capiamo meglio, ci sono anche sei ministri del Regno e un consigliere della Corte reale. Il più antico ordine cavalleresco in Inghilterra è quello della Giarrettiera. Il suo motto è Honi soit qui mal y pense (Sia vituperato chi ne pensa male).

MONDIALI 2034
Parafrasando, con qualche timore e con grande imbarazzo, il titolo di quell’incantevole libro di Gabriel Garcia Marquez  -Una cronaca di una morte annunciata – potremmo dire che la decisione della Fifa di assegnare l’organizzazione dei Mondiali del 2034 all’Arabia Saudita è un’assegnazione annunciata.
A nostra difesa, per espiare la colpa di questo scippo semantico, aggiungiamo che, forse, il padre del realismo magico, premio Nobel, che ci ha sedotto con la sua  narrazione  di un continente e ha saputo fondere realtà e fantasia, questa ‘assegnazione’ l’avrebbe trasformata in un racconto e tratteggiato le passioni, le ambizioni e le manovre di un paese misterioso e suggestivo come l’Arabia Saudita. E’ una storia che ha per protagonisti principali due figure che contano parecchio nel calcio mondiale: Gianni Infantino, presidente della FIFA e Mohammed bin Salman, principe ereditario del Regno Saudita. Del primo, tanto per fare un abbozzo biografico, diremo che è nato a Briga, in Svizzera da genitori italiani. Il padre è di Reggio Calabria ( città che conosco bene perché ci sono nato ndr ) la madre  è del bresciano. Figlio dell’immigrazione dunque. Un daimon che significa ambizione o, se preferite, voglia di farcela. Ce l’ha fatta. Della vita di Mohammed invece vi abbiamo abbondantemente reso edotti e non vi tedieremo più.
Infantino, negli ultimi tempi, ha impostato una politica, diciamo così, filo araba. Una scelta che si è felicemente coniugata con gli obiettivi dei  paesi del Golfo Persico che aspirano a contare nel calcio globale. Il presidente della FIFA, ovviamente, con queste scelte, si è attirato le critiche di buona parte del foot ball mondiale. Molti hanno definito questa svolta come ‘fame di denaro’ da parte della massima organizzazione del calcio. L’assegnazione dei Mondiali all’Arabia Saudita ha dato l’impressione di essere stata predisposta, burocraticamente,  proprio con lo scopo preciso di portare la Coppa del Mondo a Riyad. Il Regno Saudita, nella gara d’appalto, era sola. L’Australia aveva rifiutato di partecipare a un processo accelerato della FIFA. Gli australiani si sono ritirati subito. Rimane il fatto che la Coppa del Mondo dovrebbe portare nelle casse, del governo calcistico mondiale, qualcosa come 10 miliardi di dollari. La maggior parte esentasse.
I legami di Infantino, con l’Arabia Saudita, sono sempre più profondi e dal dicembre 2017, dopo una visita al Re Salman, i critici hanno fatto maliziosamente notare che, da allora, gran parte del suo tempo lo trascorre con il figlio Mohammed bin Salman. In Italia, non abbiamo Ordini delle Giarrettiere e relativi motti (e le giarrettiere, ahimè, non si usano più). Ci dobbiamo accontentare di Luigi Pirandello: Così è… se vi pare!

(SEGUE)