Procuratevi un bidone di pop corn, una Coca o una birra, e, se avete voglia, e magari siete anche milanisti, leggete questo primo capitolo di una saga che potrebbe avere come titolo: “Maldini, la vendetta è un piatto che si serve freddo”.
Ma non ciurliamo nel manico e andiamo al punto.
Paolo Maldini ha rilasciato una intervista a Repubblica e, lentamente, ha cominciato a togliersi qualche sassolino, ma, in alcuni casi, a noi è sembrato un masso che più che nelle scarpe ce l’aveva nello stomaco. Certo, noi di questa intervista, rilasciata al quotidiano romano, possiamo fare solo una sorta di esegesi, ovvero un’interpretazione critica del testo. Pari pari non possiamo certo riportarla. Maldini ha premesso che ha aspettato sei mesi per parlare, perché se l’avesse fatto all’indomani del licenziamento avrebbe detto cose “di pancia” e si sa, l’ira è una cattiva consigliera. Quindi, poiché il tempo è galantuomo e lenisce, come un balsamo, le ferite più profonde ha affermato che questo gli è sembrato il momento giusto per parlare.
Ha detto, preliminarmente, qualcosa che può essere variamente interpretata. “Ci sono persone di passaggio, senza un reale rispetto di identità e di storia del Milan. E ce ne sono altre legate ai suoi ideali. Quel riferimento a ‘persone di passaggio’ apre un ventaglio di prospettive che, a seconda dei punti di vista, può essere interpretato in senso positivo o negativo.
Che significa? Che quelli che sono attualmente al comando sono pronti a vendere? Solo il tempo ce lo dirà.

SEI UN INDIVIDUALISTA
“Paolo tu sei un individualista”. E’ quanto Gerry Cardinale ha detto a Maldini. Lo ha accusato di scarsa propensione a fare squadra, per dirla meglio in termini manageriali. Accusa che l’ex capitano rossonero ha respinto con forza. Gli ha spiegato  che ha confuso le responsabilità che discendono dal ruolo ricoperto con una propensione ad agire in solitudine. Ha anche sottolineato che non era affatto vero che, lui e Massara, agivano in perfetta solitudine senza condividere obiettivi e strategie. Ma, ha rivelato un aspetto che ci fa capire perché gli acquisti non venivano mai concretizzati. ”Non avevamo potere di firma – ha spiegato Maldini – nemmeno i prestiti. Il potere di firma comunque non lo abbiamo mai invocato. Sceglievamo i giocatori e ogni acquisto doveva essere approvato dal CEO.” Maldini ha anche evidenziato che a volte spariva il budget. Per fare venire Ibrahimovic servirono numerose riunioni. Ora, Ibra è in procinto di assumere un ruolo dirigenziale. Maldini, argutamente, gli consiglia inizialmente di osservare e imparare”. Anche questo suggerimento presta il fianco a un ampio spettro di considerazioni da parte di chi legge.

CATTIVI RAPPORTI CON FURLANI
Il 5 giugno del 2023 Gerry Cardinale convocò Paolo Maldini e senza tante perifrasi gli comunicò che lui e Massara erano licenziati. Maldini chiese qual era la motivazione. Il boss rispose: “cattivi rapporti con Furlani”. L’ex-capitano rossonero ribatté, con molta calma, “Ma scusa ti ho mai chiamato per lamentarmi di lui? Risposta: “No, mai”. Allora, Cardinale, messo all’angolo, intuisce che deve trovare una motivazione più forte per giustificare il licenziamento. Annaspando tira in ballo la sconfitta con l’Inter nella semifinale di Champions. Non occorre un esperto di comportamenti umani per dedurre che sono motivazioni deboli e prive di fondamento. Ad ogni buon conto, quella semifinale, in termini finanziari, che poi sono gli aspetti che il team di Cardinale tiene in massima considerazione, portò circa 70 milioni di introiti in più e un indotto notevole di sponsor e biglietti venduti. Non c’erano molti incontri tra Maldini e Cardinale. In un anno solo una chiacchierata e quattro messaggi. Secondo Maldini la decisione di mandarlo via dal Milan era stata presa mesi prima.  “Il contratto, 2 anni con opzione di rinnovo – ha precisato Maldini a Repubblica – mi era stato fatto il 30 giugno 2022  alle 22. Sarebbe stato impopolare mandarci via dopo lo scudetto.”

CARDINALE VOLEVA  LA CHAMPIONS
Il chiodo fisso era la Champions. La voleva e la chiese espressamente. Maldini gli disse che per arrivare a certi traguardi occorreva un piano di una durata almeno triennale. Gli fu chiesto di prepararlo. Ci lavorò da ottobre a febbraio insieme con Massara e un amico consulente. 35 pagine dove veniva dettagliato un piano preciso, ispirato a una strategia sostenibile e con il quale si evidenziava la necessità di un salto di qualità. Fu inviato a Cardinale e a due suoi collaboratori molto stretti. Nessuna risposta. Non mancarono invece alcuni rilievi. Su 35 acquisti la critica si accentrò sull’acquisto di De Ketelaere. Un giovane di 21 anni. Ora, spiega Maldini, quando si punta sui giovani le probabilità di insuccesso, chiaramente, sono più elevate. Perché i giovani vanno aspettati, seguiti e ripresi quando occorre.
Dopo tre mesi di lavoro, agli inizi, con la proprietà Singer, Boban, Massara e Maldini furono convocati a Londra da proprietà e Ceo e praticamente delegittimati. L’aspetto clamoroso, che emerse, nel corso di quella convocazione, nella capitale londinese, fu che gli acquisti di Leao, Hernandez e Bennacer non piacevano e furono aspramente criticati. Maldini, nel corso dell’intervista, ha anche riassunto il percorso della sua gestione. Nel 2018/19, avevamo una squadra non giovane e decisamente poco brillante.
"Venivamo da sei anni senza Champions. Una rosa da 200 milioni a fronte di un monte ingaggi di 150. In quattro anni di ristrutturazione coi giovani spesa di mercato – ha aggiunto Maldini nell’intervista a Repubblica – spesa di mercato, al netto delle cessioni 120 milioni, 30 l’anno e 15 a sessione, valore della ‘rosa’ salito a circa 500, stipendi scesi a 120 e poi per tre anni a 100 senza avere potuto rinnovare con Calhanoglu e Kessie. E’ a fine stagione scorsa tre Champions giocate di fila, scudetto dopo 11 anni, semifinale di Champions dopo 16 anni, bilancio in attivo dopo 17 anni".

BUDGET 2023/24
Fino a marzo non se ne parlò affatto. E’ chiaro che per fare il mercato non si può aspettare giugno. Quattro giorni prima del licenziamento Furlani comunicò a Maldini l’entità del budget:bassissimo. Ne prese atto e non fiatò. Stranamente, però, dopo l’uscita del duo MM il budget, come per incanto, raddoppiò, al netto della cessione di Tonali. Anche il monte ingaggi fu portato in linea con quello previsto dal piano di Maldini e Massara. “Forse siamo stati fonte di ispirazione”. A proposito di Tonali, l’ex-capitano milanista ha detto che se fosse stato possibile non l’avrebbero ceduto. “Non eravamo contrari – ha aggiunto – a una cessione importante, ma avremmo fatto di tutto per trattenerlo. Era costato un quinto del suo effettivo valore, ma per prenderlo dovettero insistere parecchio con il Ceo  e la proprietà. Nemmeno l’area scouting lo voleva ha aggiunto amaramente Maldini. Sulla brutta vicenda delle scommesse, in cui è rimasto impigliato il giovane centrocampista, il commento è stato: “Una sconfitta, non mi sono accorto del suo disagio. Non si fai mai abbastanza per i ragazzi. Gli acquisti e le cessioni sono solo una piccola parte del lavoro.”
Su Pioli, Maldini non ha parole di astio, anzi ha detto che deve essere ringraziato per il lavoro fatto con i giovani. L’allenatore – ha poi aggiunto – è tra le persone più sole del calcio. Dargli compiti che esulano dal suo lavoro, senza sostegno, lo renderà sempre più solo.

PIRLO AL POSTO DI PIOLI
Circa la sua idea di sostituire Pioli con Pirlo, Maldini, a nostro avviso ha, in qualche modo, dribblato la domanda. Ha sostenuto che il suo ruolo prevedeva confronti frequenti e che, con l’attuale allenatore del Milan, lo stavano facendo per la prossima stagione. Non ha esitato inoltre a dire che aveva meritato il rinnovo fino al 2025 . Poi ha aggiunto, forse in maniera un po’ criptica: “ E’ se ci fosse stata come in passato, unità di intenti e visioni con gli obiettivi societari, non vedo, perché avremmo dovuto cambiare”. Ovviamente, andrebbe forse meglio analizzato il passaggio quel “se ci fosse stato come in passato…” che significa, che l’unità di intenti non c’era più?
Su Scaroni, invece, Maldini qualche punta di risentimento non esita a manifestarla. Il presidente del Milan quando commentò la sua uscita disse che “Paolo non è abituato a lavorare in team e adesso senza di lui il gruppo di lavoro è più unito.”
La replica è piuttosto duretta: “Il Milan merita un presidente che ne faccia solo gli interessi e dirigenti che non lascino la squadra da sola . Lui non ha mai chiesto  se serviva incoraggiamento ai giocatori  e gruppo di lavoro. L’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico, ma puntualissimo in prima fila per lo scudetto. Ho un concetto diverso di condivisione di gruppo. Posso dire lo stesso anche rispetto ai due Ceo Gazidis e Furlani”.

ALGORITMI, STADIO E MESSI
Per prendere Loftus-Cheek, Pulisic e Chukwueze gli algoritmi non servono. Si prendono con le risorse economiche che una società si ritrova in cassa, una società che finalmente fattura 400 milioni. Fare confronti tra i quattro mercati precedenti e l’ultimo. “ Avevamo armi diverse.” Anche sul nuovo stadio ci sono stati forti divergenze, anzi motivi di scontro. Maldini dichiara che non poteva mettere la faccia su un nuovo stadio da 55-60 mila posti, tutti posti ‘corporate’, ovvero non propriamente popolari. Maldini, visto che a ogni partita del Milan l’afflusso è di circa 70 mila spettatori, voleva uno stadio più grande con una parte di posti riservata a un pubblico che non ha i mezzi del ceto ‘corporate’. La sua idea era un nuovo San Siro con più verde. Si sarebbe rivalutata una zona che è esposta al rischio del degrado. Sulla trattativa per Messi ha confermato che c’è stata perché il giocatore dopo il Barca era libero. Ma Leonardo lo informò che il PSG era già avanti nell’acquisizione. Per il suo futuro esclude una squadra italiana. L’Arabia? “Potrebbe essere un’idea”.