Che cosa indossa la donna di mondo ai Giochi Olimpici?
Specialmente la mattina, nei diversi campi da gioco,
l’abbigliamento adatto è quello sportivo. Gonna e blusa
indossati senza una giacchetta, non sono comunque
abiti da passeggio. L’impressione che una città o un Paese
desta dipende in gran parte dalle donne che vi si incontrano
(Tratto da Die Dame, agosto 1936)

“Quando Huber mi fece conoscere Glenn e ci guardammo in faccia, restammo quasi paralizzati. Fu un attimo incredibile, un’esperienza che non avevo mai fatto. Cercai di soffocare i sentimenti che sorgevano dentro di me. Morris vinse la gara e stabilì il nuovo primato mondiale per il Decathlon.
Scendendo dal podio venne verso di me. Allungai la mano per congratularmi, ma lui mi prese tra le sue braccia, mi strappò la camicetta e mi bacio il seno, proprio nel mezzo dello stadio, davanti a 100.000 spettatori. Un pazzo, pensai. Ma non riuscivo a dimenticarmi lo sguardo dei suoi occhi selvaggi…”.


Non è un brano estrapolato dal  libro di una collana di romance novels. E’ tratto dall’autobiografia di Leni Riefenstahl, la regista prediletta di Hitler. E’ nei libri di storia.
Leni non è stata una figura di secondo piano nell'elaborazione della strategia mediatica legata alle Olimpiadi di Berlino. Girò lei il documentario Olympia, la sua seconda opera di un certo rilievo. La prima fu il Trionfo della volontà, dove immortalò i raduni nazisti di Norimberga.

Corre l’obbligo di una premessa, prima di proseguire il racconto sul ruolo di questa figura femminile, indubbiamente importante, ma anche inquietante.
La narrazione di un evento, di un fatto, storico o meno, impone un certo distacco emotivo. Come ha scritto Baruch Spinoza  – filosofo olandese – 'occorre liberarsi dal vincolo delle passioni per capire la realtà'. 
Per dirla in breve: le nostre opinioni e convinzioni, che sia chiaro, non collimano per niente con quelle della signora Riefenstahl e dei suoi amici, non devono alterare l’oggettività della narrazione.
Lo storico inglese Richard J. Evans, autore di un’opera fondamentaleIl terzo Reich al poteresulla regista tedesca ha scritto: ”Diresse quello che ancora oggi è considerato il film olimpico per antonomasia: una celebrazione della valentia fisica dell’uomo che ben si accordava tanto con l’ideale olimpico, che con l’ideologia nazista“.
Ma, adesso, torniamo al nostro racconto e, come da tradizione, andiamo con ordine.
Contestualizziamo dunque meglio l’episodio, raccontato dalla stessa Riefenstahl e che ha fatto da incipit a questo terzo capitolo su Berlino 1936.

CUPIDO COLPISCE ALL’OLYMPIASTADION
Nonostante il Fuhrer la venerasse, a far perdere la testa a Leni non fu lui, ma Glenn Morris, il decatleta americano che vinse la medaglia d’oro
La fatal attraction si verificò durante la seconda giornata delle gare di decathlon.
A presentare Morris alla Riefensthal fu Erwin Huber, che ottenne il suo unico titolo tedesco nel decathlon nel 1935. Compare nel prologo del film Olympia nei panni del lanciatore di dischi di Myron (la scultura conosciuta come il Discobolo di Myronron, attribuita allo scultore Miròn de Eleutera, fa parte dei grandi tesori dell'arte dell'antichità classica, insieme a pezzi come la Vittoria di Samotracia, Laocoonte  e la Venere di Milo ndr) che incarnava l’epitome dell’uomo ariano per i nazisti.
Ma torniamo al fatale incontro.
Morris era sdraiato a terra con un asciugamano sulla testa. Se lo tolse per stringere la mano di Leni e, quando i loro occhi s’incontrarono, accadde quello che la regista ha efficacemente descritto nella sua autobiografia e chi vi abbiamo anticipato.
Nelle sue memorie dice: “dopo quella scena cercai di evitarlo, finendo però per rincontrarlo alla gara di salto con l’asta. Non ce la facevamo a controllare i nostri sentimenti " si legge ancora.
Descrive poi come fossero diventati amanti, mentre le Olimpiadi proseguivano e lei era impegnata con le riprese: "Avevo perso completamente la testaconfessa immaginavo che potesse essere lui l’uomo da sposare". 

"Quando Morris partì per ricevere a New York gli onori delle parate riservate ai vincitori delle gare olimpiche -
racconta Andrew Nagorski nel suo “Hitler, l’ascesa al potere“ -, Leni era avvilita. Poi seppe che si era fidanzato con una professoressa americana. Glenn le scrisse alcune lettere e la regista pensava di amarlo ancora”. 
Alla fine decise di chiudere la relazione, anche se gli spedì alcuni fotogrammi delle sue gesta berlinesi, cosa che gli servì per ottenere la parte di Tarzan in un film hollywoodiano.
Infine seppe che aveva divorziato nel 1940 e che era morto, per abuso di alcol e droghe, nel 1974.
Nagorski scrive ancora che la Riefensthal molti anni dopo, rammentando Morris, parlava di crudele destino, un modo per alludere che l’atleta americano avrebbe fatto meglio a restare con lei “.
Lo scrittore statunitense commenta sagacemente: ”Nel mezzo dello sfarzoso spettacolo olimpico, la regista di Hitler aveva fantasticato un’altra vita con un americano che non era minimamente interessato al movimento per cui lei stava lavorando”.

CHI ERA LENI RIEFENSTHAL?

Helene Bertha Amalie Riefensthalquesto il suo nome completonacque a Berlino nel 1902.
Sin da bambina manifestò una grande passione per la danza. La madre la assecondava senza remore, il padre, Alfred, invece, si dimostrò contrario se non, addirittura, ostile e le diceva “Sono convinto che non hai nessuna inclinazione per la danza e che non andrai oltre la mediocrità”. Studiò il balletto russo sotto la guida di Eugene Eduardova, che aveva danzato con Anna Pavlova, etoile del Balletto Russo Imperiale.
Per la danza contemporanea invece seguì le lezioni di Mary Wigman, pioniera tedesca della danza moderna.
Cominciò a girare l’Europa, grazie ad alcune esperienze teatrali con Max Reinhardt, grande innovatore e riformatore della scena teatrale europea. Mise al centro della sua azione la concezione novecentesca del regista, quale unico vero creatore dello spettacolo.
Probabilmente, Leni, da questa visione del teatro apprese moltissimo e ne applicò i concetti-base nel suo lavoro di cineasta. Nel frattempo, un incidente, a Praga, nel 1924, troncò la sua carriera di danzatrice.
Provò allora con il cinema. Studiò all’Accademia delle Belle Arti di Berlino. Ottenne delle parti nel cosiddetto cinema della montagna. La sua intraprendenza, unita a una certa dose di spregiudicatezza, produsse un forte sentimento di ostilità da parte delle altre attrici: “Veniva sul set del mio film – raccontava Louise Brooks – per fare la corte al signor Pabst (George Wilhelm Pabst, si affermò come uno dei più interessanti autori del realismo cinematografico ndr) e questo mi innervosiva. Aveva delle belle gambe e anche questo mi innervosiva”.
Quando fu in lizza per l’Angelo Azzurro provocò il forte risentimento di Marlene Dietrich, che poi si aggiudicò la parte. “Se quella p***a  si presenta un’altra volta sul mio set  - disse la Dietrich - giuro su Dio che abbandono il film”.

LA PRIMA REGIA
Leni sapeva navigare a vista. Fiutava, abilmente, la direzione del vento e attrezzava le vele per giungere alla mèta.
Nel 1933 si trovava a una festa in una sauna, con lei c’era il cineoperatore Hans Hertl. Squillò il telefono. Hertl rispose. Era Goering. Disse che Hitler aveva vinto le elezioni. Hans, pensando ad uno scherzo, passò la cornetta a Leni che, con addosso solo un asciugamano, invece capì che in Germania stava per cambiare tutto.
Decise che doveva assolutamente conoscere il Fuhrer. Ci riuscì e stabilì, da subito, con lui una straordinaria intesa.
"Voglio che il film sul congresso del partito a Norimberga – disse Hitler ai suoi – sia fatto dalla signorina Riefenstahl. E’ un ordine!".
Lucien Lemas, giornalista, ha scritto: "A momenti sembrava quasi che il Fuhrer guardasse verso di lei per sapere cosa doveva fare. Madame Riefenstahl, faceva notare qualcuno, è l’unica persona in Germania che possa vantarsi di dargli ordini”. 
Leni dirige, dunque, nel 1934, il suo primo importante lavoro: Il trionfo della volontà. Si tratta indubbiamente di un film fortemente propagandistico scaturito dal particolare rapporto con Hitler. Saranno legami come questo che, nella seconda metà del 900, la porranno nell’oblio, nonostante la sua tecnica possa considerarsi importante per lo sviluppo dell’arte cinematografica.
Leni amava visceralmente il proprio mestiere e la passione ne scandirà il percorso fino alla fine.
Il ricorso ad un impulso vitalistico la porta a porre al centro della sua attività l’esercizio fisico: la tematica del corpo, una costante nella produzione artistica delle donne di ogni epoca.
Sono aspetti determinanti che ritroveremo nelle sequenze di Olympia, il documentario su Berlino 1936.

(SEGUE)
qui per leggere i primi due episodi:
Berlino 1936 (I) - I nazisti e i Giochi Olimpici come strumento di propaganda​ 
Berlino 1936 (II) Luz Long e un'amicizia che sfidò il regime nazista