qui per la parte II

“Forse siamo riusciti a rubare il fuoco agli dei, speriamo di non finire incatenati come Prometeo.”

Il protagonista della tragedia di Eschilo ha sempre simboleggiato l’eroe che lotta per il progresso umano e della civiltà.
Prometeo ruba il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini. Sfida Zeus, che incarna il potere reazionario che si oppone alla crescita civile e tecnologica dell’uomo. Prometeo subirà, per questa disubbidienza, una durissima punizione: viene incatenato ad una rupe ai confini del mondo e poi sprofonda  nel Tartaro, al centro della Terra.
L’utilizzo ironico, nonché elegante, di Eschilo e del suo Prometeo incatenato, come metafora, fu la trovata, un paio di anni fa, forse più, di un genetista americano a conclusione dei primi riusciti esperimenti di terapia genica o, se preferite, genetica.

A questo punto ci corre l’obbligo di una precisazione.
Siamo consapevoli che questa non è la sede adatta per un post, diciamo così, di science writing. Ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa per una doverosa forma di rispetto nei confronti di tutti i bloggers che, in questa comunità, ogni giorno, scrivono e dibattono su temi, argomenti sportivi e di varia umanità.
Adesso, assolto l’obbligo del chiarimento e della semplicità, possiamo proseguire con maggiore serenità verso questo aspro territorio che, a qualcuno di voi, potrà apparire come  una sorta di In partibus infidelium, ma, come la vita insegna, le cose non sono poi così insormontabili come appaiono.

IL FUOCO DEGLI DEI
In cosa consiste, dunque, questa terapia genica o genetica? La maggior parte delle malattie che ci affliggono sono dovute a difetti genetici. Hanno cioè una causa genetica. Pensate, ad esempio, al diabete 1, oppure all’atrofia muscolare o, meglio ancora, all’immunodeficienza. La terapia genica punta a guarire queste malattie sostituendo il gene difettoso con una copia del gene sano. In pratica è come quando portiamo la macchina dal meccanico che ci dice che bisogna cambiare il motorino d’avviamento oppure le candele.
Ci perdonerete, speriamo, questa estrema semplificazione di linguaggio, ma come abbiamo precisato poche righe sopra, dobbiamo tenere fede al patto della chiarezza e i patti vanno rispettati. Anzi, come direbbe qualche latinista della community: pacta sunt servanda.
Appare evidente, a questo punto, che la terapia genica ha la mission nobilissima di debellare malattie che complicano la vita, maledettamente, a chi ne soffre. Ma, in questo nostro variegato mondo, come sapete benissimo, non ci sono solo progetti nobilissimi, ma anche quelli meno edificanti, diciamo più opportunisti che sul fuoco degli Dei ci hanno fatto un perverso e sofisticato pensierino che punta  a un progetto inquietante: il doping genetico.

L’ULTIMA FRONTIERA DEL DOPING
Qual è l’ultima frontiera del doping? La domanda fu posta, qualche anno fa, nel corso di una conferenza –stampa, a Theodore Friedmann, uno dei massimi esperti internazionali di terapia genetica e di trasferimento genico, ma soprattutto, allora, presidente del Wada (World Antidoping Agency) l’agenzia mondiale contro il doping, diretta emanazione del Comitato Olimpico Internazionale.
Friedmann fissò i suoi interlocutori e, dopo un meditato silenzio, rispose: “È l’atleta geneticamente modificato. Per quanto ne sappiamo, atleti del genere potrebbero già esistere.”
Poi aggiunse:Dal ciclismo al sollevamento pesi, al nuoto, al calcio, allo sci tutti gli sport potrebbero trarre vantaggio dalla manipolazione genetica: basta selezionare il gene che migliora il tipo di prestazione richiesta. Del resto, nemmeno il doping convenzionale fa distinzioni: circa il 2%degli atleti risulta sempre positivo a una sostanza.”
Per dirla alla buona il doping genetico sostanzialmente è  no spin off non intenzionale della terapia genica. Il funzionamento è identico. Cambia il fine. Non deve curare, solo aumentare la prestazione fisica.
La Wada lo ha definito come «l’uso non terapeutico di cellule, geni, elementi genetici o modulazione dell’espressione genica, che hanno la capacità di aumentare la performance.” In buona sostanza si verifica questo: l’atleta non assume più una sostanza dopante. Di questa rimarrebbero tracce nelle urine e nel sangue, ma modifica il suo corpo con inserzioni di Dna extra. Inserimenti che conducono a cambiamenti fisiologici che sono riscontrabili solo con una biopsia (prelievo di un frammento di tessuto di un organo ndr) dei muscoli. Non è un esame di routine ed è anche invasivo. Non si può fare dopo ogni gara o un’altra qualsiasi competizione sportiva.

LA NAIADE CINESE
Olimpiadi di Londra 2012.
Nella gara dei 400 misti, una minuta cinesina di 16 anni -Ye Shiwen - stabilì il nuovo record del mondo in 4 minuti e 28 secondi. Sette secondi più veloce del tempo stabilito, dalla stessa Ye nella finale dei Campionati del Mondo di luglio. Cinque secondi più veloce del suo record personale, un secondo più veloce del record del mondo.
Esaltante prestazione acclamata dai media come un evento straordinario.
Tempi incredibili che invece insospettirono John Leonard, direttore esecutivo della World Swimming Coach Association e della USA Swimming Coach Association. Furono gli ultimi 100 metri della gara, che la piccola Ye percorse in un tempo inferiore a quello del campione statunitense Ryan Lochte, a destare forti perplessità in Leonard.  
“Le ultime due vasche -disse in un’intervista al Guardian- sono impensabili per una ragazza di 16 anni. Nel nostro sport quando vediamo qualcosa di incredibile, la storia ci mostra che c’entra il doping.
Ye Shiwen ha fatto gli ultimi 100 metri della gara in 58.68 secondi, più veloce di Ryan Lochte che ha vinto i 400 misti maschili con il secondo miglior tempo della storia. Lochte ha fatto gli ultimi 50 metri della sua miglior gara in 29.10 secondi, Ye Shiwen li ha fatti in 28.93 secondi
”.
Ovviamente, l’intervista di Leonard suscitò un grande clamore.
La delegazione cinese non gradì molto le insinuazioni del tecnico statunitense. Fu indetta una conferenza stampa dove la Shiwen, in persona, rigettò, sdegnosamente, i sospetti di Leonard.
La squadra cinese tiene molto alle politiche anti-doping e che non c’è assolutamente nessun problema. Tutti i risultati ottenuti provengono da un duro lavoro senza aver mai usato sostanze proibite - disse Ye- e il popolo cinese ha le mani pulite”.
La Commissione medica del Comitato Olimpico Internazionale, presieduta da Arne Ljungvist, nel corso di una conferenza stampa confermò quanto affermato dalla campionessa cinese e aggiunse di non avere sospetti e che le gare erano state tutte regolari.
Tutti i vincitori di una medaglia nelle gare olimpiche fanno i controlli alla fine delle gare -precisò Ljungvist - Chi stabilisce record assoluti o personali può essere sottoposto a controlli ancora più specifici”.

PORTATORI DI MUTAZIONI GENETICHE NATURALI
La giovanissima campionessa, in realtà, non avrebbe fatto ricorso ad alcuna sostanza dopante. Se, in questi anni o nei prossimi, dovesse emergere una prova contraria, ne prenderemo atto. Era presumibilmente una portatrice di mutazioni genetiche avvenute spontaneamente e che hanno reso straordinarie le sue performance.
Giuseppe Novelli, genetista dell’Università di Roma Tor Vergata, disse che, probabilmente, il nuovo motto delle Olimpiadi potrebbe diventare “L’importante è partecipare, ma con il proprio Dna. Ma, ribadì, che “ha un senso preoccuparsi del fatto che tecnologie del Dna potrebbero essere usate per migliorare le perfomance atletiche”.
Per quanto riguarda il contrasto all’uso di queste tecnologie, ovvero test antidoping genetico, occorrerà attrezzarsi per riconoscere alcune mutazioni naturali.
Facciamo un esempio, così capiamo meglio. C’è una mutazione che riguarda il gene Actn3. Codifica( produce o, se volete, sintetizza ndr)  una proteina dei muscoli che si chiama actinina 3. Si tratta di una mutazione spontanea che avviene soprattutto nelle donne ( Nel  18% dei maschi bianchi non avviene ndr) e le rende più resistenti. Questo significa che Ye Shiwen potrebbe essere nata così. Come disse allora Novelli “Ye potrebbe essere una sorta di’’ mutante ‘, dotata naturalmente di più sprint e di una maggiore resistenza. Dobbiamo pensare che cosi' come ci sono geni mutanti per le malattie, ce ne sono anche per le performance''.
A questo punto va anche detto, per maggiore chiarezza, che sono note oltre 200 mutazioni genetiche associate all’eccellenza nello sport. Qualcuno le ha per natura, qualche altro proverà a procurarsele con altri mezzi. Come si originano le mutazioni? Alcune nascono inevitabilmente durante la divisione cellulare  con il processo di duplicazione del Dna. Altre possono essere indotte da fattori chimici con i quali si viene a contatto (ad esempio aldeidi, fenoli,benzene ndr) ma anche fisici come radiazioni o particelle subatomiche. Le mutazioni naturali sono i fattori casuali di variabilità genetica che stanno alla base dell’evoluzione della specie.

QUANTO CONTANO I GENI NELLO SPORT?
Nelle corse che facevamo da ragazzi c’era sempre qualcuno più veloce di tutti. Ricordate? Quanto era frustrante arrivare sempre dietro il Carletto che correva come una lepre. Carletto, probabilmente, non era una saetta, ma era dotato di un certo corredo genetico che lo predisponeva a una certa attività. Ma, se ci pensate bene, non era solo la velocità nella corsa che ci rendeva diversi dagli altri. C’erano gli spilungoni, già alti come watussi, qualcuno più cicciottello, altri ancora con una capacità di coordinamento superiore. Tutto questo variegato campionario umano è frutto dei geni che svolgono un ruolo determinante. Va precisato però che sulla  formazione di quello che in  genetica viene definito genotipo (costituzione genetica, patrimonio ereditario di un individuo ndr) conta moltissimo l’influenza che l’ambiente esercita su ogni essere umano. Marion Jones e Tim Montgomery sono stati entrambi campioni di velocità sui 100 metri, nell'estate del 2003 hanno avuto un bambino. Anche Steffi Graf e Andre Agassi (entrambi numero uno nei mondiali di tennis) hanno dei figli. Questi bambini molto probabilmente saranno favoriti rispetto agli altri, ma esistono anche altri fattori, come quelli ambientali e psicologici, che determineranno o meno la possibilità che essi diventino dei campioni.  
Cosa diventeremo, da grandi, dunque, non dipenderà solo dai nostri geni, ma moltissimo dall’ambiente in cui vivremo.
Ad ogni buon conto la base del potenziale sportivo è costituita dai geni. Le prestazioni sportive, dunque, dipendono oltre che dal livello dell’allenamento anche dalla predisposizione genetica.
Se questa non è quella che si vorrebbe si potrebbe sopperire con un allenamento serio.
Ma, occorre rammentare, che non si diventa fuoriclasse per lo stesso motivo per cui un mulo non diventerà mai un cavallo.

(SEGUE )