Bologna, gennaio 1964

Garisenda e Asinelli svettano sbilenche verso un cielo nero come l’inchiostro. In Piazza Maggiore passanti frettolosi e imbacuccati si avviano veloci verso il tepore delle loro case , l’intimità familiare della cena e, naturalmente,  della rassicurante  pentola di Turtlén ( tortellini in bolognese ndr) Tre uomini, fumano e battono i piedi per terra, sfidano il gelo e guardano continuamente in una sola direzione. Aspettano. D’improvviso,  parlottano tra di loro e all’unisono  si muovono verso una figura che punta veloce verso la piazza .Poi,  solo uno dei tre si stacca e, con cautela, si accosta all’uomo.

Presidente Dall’Ara permette una parola ? Dice lo sconosciuto con una voce che sa di nebbia e di Lambrusco.
Si, ma facciamo presto che qui si gela. E’  abituato ai postulanti. E’ un ricco industriale, viveur e conoscitore di virtù e debolezze – soprattutto quest’ultime  – degli uomini.
Presidente, noi saremmo in grado di organizzare un inghippo ai danni dell’Inter e far vincere lo scudetto al suo Bologna…
Ah si…e perché lo fareste ?
Per 30 milioni di lire presidente.
“ Non avrei accettato nemmeno se me lo aveste proposto gratis. Non è questo comunque il punto. Il punto vero è che al sottoscritto piace vincere pulito. Adesso, vi saluto e buonasera. Ah…un’altra cosa…non mi sono mai incontrato con voi e non  vi conosco. Buona notte!”
Cominciò cosi, in una fredda sera di gennaio del 1964, nei pressi di Piazza Maggiore, a Bologna, la più intrigante storia di doping del calcio italiano. Una vicenda che, come vedremo, appassionò l’Italia pallonara che si divise in due, innocentisti e colpevolisti, secondo un copione, storicamente, consolidato del paese dei misteri e dei casi irrisolti. Ma, andiamo con ordine. L’episodio di Piazza Maggiore fu rivelato, anni dopo, dal nipote di Renato Dall’Ara, presidente del Bologna. Un personaggio che abbiamo appena accennato quando rievocammo  la tragica vicenda di Arpad Weisz, mitico allenatore dei rossoblù negli anni ’30. Tratteggeremo meglio la sua figura più avanti. Adesso, soffermiamoci sul contesto storico e sociale in cui si svolse la vicenda,che assunse le caratteristiche del giallo anche grazie al clamore mediatico che suscitò.

1964, LA FINE DEL BOOM

Economisti e sociologi annunciano la fine del periodo d’oro dell’economia italiana, quello che passò alla Storia come il boom o, anche, il miracolo economico. Emilio Colombo, ministro del Tesoro, lancia un monito severo: “ Se continuiamo così si va verso il collasso dell’economia italiana”.La prima congiuntura provoca il ricorso alle tasse sulle automobili, disciplina delle vendite rateali e fuga dei capitali all’estero. Una ragazza, acqua a sapone, Gigliola Cinquetti,  trionfa a Sanremo con una canzone che diventa un  inno generazionale:  Non ho l'età .Muore Palmiro Togliatti segretario del PCI . Lascia un testamento politicoIl memoriale di Yalta - che avrà un forte impatto nel paese e nel partito. Sul fronte internazionale l’anno segna l’inizio del conflitto in Vietnam. Gli americani vanno a impelagarsi in una guerra che durerà dieci anni con costi umani pesantissimi. In Italia, nonostante gli inviti al risparmio e il ricorso all’austerity, s’inaugura l’intera Autostrada del Sole Milano-Napoli. In estate tutti al mare e tutti in fila, sulla nuova autostrada, grazie alla  Fiat che sforna utilitarie da comprare a rate. A proposito di spiagge è anche l’anno del topless che scatena il bacchettonismo moralistico delle istituzioni che mandano i poliziotti ad arrestare le svergognate. Addirittura, a Prato, Firenze e Terni  gli agenti hanno sequestrato i manichini esposti nei negozi e denunciato i negozianti con la motivazione esposizione di oggetti osceni. Tra gli eventi sportivi, di rilievo, di quell’anno ricordiamo le Olimpiadi Invernali di Innsbruck. Trionfo dell’URSS: 25 medaglie di cui 11 ori. L’Italia conquistò un argento e due bronzi nel bob e un bronzo nello slittino doppio maschile. Si concludono anche le Olimpiadi di Tokio, le  prime svoltesi nel grande continente asiatico. L’Italia è quinta nel medagliere con 10 ori, 10 argenti e 7 bronzi. Nella ginnastica, Franco Menichelli ha vinto tre medaglie: oro nel corpo libero, argento agli anelli e bronzo alle parallele. L’Inter si aggiudica la sua prima Coppa dei Campioni. Il Milan, detentore del trofeo, uscì nei quarti. Non superò il Real Madrid. I nerazzurri, dopo aver eliminato in semifinale il Borussia Dortmund, incontrarono proprio i "blancos" nella finale di Vienna. Grazie a una doppietta di Sandro Mazzola (capocannoniere del torneo) ed una rete di Milani, l'Inter di capitan Picchi vince per 3 a 1 (di Felo il gol dei madridisti) e conquista la sua prima Coppa dei Campioni. Ma, il vero grande evento sportivo- e non solo sportivo - di quell’anno fu il campionato di calcio italiano che, come la nostra Costituzione, è il più bello del mondo.

COSI  SI GIOCA SOLO  IN PARADISO

Dominatrice del campionato, in febbraio,  era l’Inter di Helenio Herrera. Lo  scudetto l’ aveva  già vinto l’anno precedente con quattro punti di distacco sulla Juventus. I nerazzurri sembravano avviati a bissare il successo. In classifica i bianconeri erano staccatissimi e il Milan faticava  a tenere il passo. Ma, c’era un’altra squadra che scalava, domenica dopo domenica, la graduatoria: il Bologna di Fulvio Bernardini. Il dottor Fuffo –come simpaticamente veniva chiamato – era un profeta del bel gioco. Amava visceralmente lo spettacolo e la sua dottrina non contemplava alchimie tattiche. Ai suoi calciatori  diceva che dovevano giocare in allegria. Il dotur, come invece lo chiamavano i bolognesi, aveva intuito, in cuor suo, che quello era l’anno giusto per puntare al massimo traguardo. In effetti, la trama di gioco dei felsinei era uno spettacolo che incantava la tifoseria non solo quella rossoblù. Più di una volta, in trasferta, la squadra bolognese, usci, dal campo,  salutata dagli applausi scroscianti dei tifosi della compagine avversaria. Bernardini al colmo dell’estasi, al termine di un match vinto in scioltezza, ( 7 a 1 contro il Modena ndr) dalla sua squadra, commentò la prestazione con una frase che, in seguito, divenne il mantra dei felsinei: Così si gioca solo in Paradiso.

IL CELESTE TEAM

Ma chi erano i giocatori di questo team celeste che tesseva le sue trame di gioco lassù nel ciel? William Negri era il portiere. Veniva dal Mantova e si rivelerà una saracinesca imbattibile. Il reparto arretrato era al comando di un libero dalla fisionomia ieratica, Janich. A dargli man forte Tumburus, Pavinato e Furlanis. A metà campo signoreggiavano Perani e Bulgarelli (che diventerà il primatista assoluto di presenze rossoblu con 329 partite in serie A) e Fogli, un mediano la cui tecnica era di un conio di sofisticatissima  qualità. In avanti, Ezio Pascutti, fumantino e imprevedibile come solo sanno esserlo i goleador la cui dote innata è buttarla dentro. Poi due stranieri.Il teutonico Haller, pupillo del presidente, che si recò personalmente a ingaggiarlo in Germania. Era la sintesi hegeliana della tecnica con la fantasia. L’altro,Harald Nielsen, un danese freddo come l’inverno del suo paese. Segnava goal a valanga. Entrò subito nel cuore gentile dei bolognesi e, diciamoci la verità, anche in quello del dotur che per lui stravedeva. Arriviamo al 1° marzo 1964. Gran domenica per i rossoblù. Vinsero a San Siro ( 2 a 1) contro il Milan. Goals di Nielsen e Pascutti. Vittoria che portò in cima alla classifica i bolognesi. Due punti di vantaggio sull’Inter e tre sul Milan. Bologna era in estasi. La parola scudetto correva sotto i portici della turrita e dotta città come un rossiniano venticello. Ma, come spesso accade nella vita, le grandi e intense felicità, sono come le gioie d’amore, durano un solo attimo. La mattina del 4 marzo, la FGCI, dirama un comunicato che gela Bologna. “ La Federazione Medico Sportiva – diceva la nota della Federcalcio- ha trasmesso i risultati dei controlli antidoping effettuati il 2 febbraio , dai quali si evince che le analisi sono risultate, all’esame per le sostanze amfetamino-simili, positive per i cinque giocatori sottoposti al controllo. La presidenza federale ha disposto l’immediato inoltro della documentazione alla Commissione Giudicante della Lega nazionale per quanto riguarda la competenza.”La Commissione giudicante contestò al Bologna, primo in classifica, al tecnico Fulvio Bernardini e ai cinque giocatori positivi Pavinato, Tumburus,Fogli, Perani e Pascutti la violazione dell’art.22 del regolamento di Giustizia sportiva. Il controllo anti-doping era stato effettuato dopo la partita Bologna –Torino del 2 febbraio. I rossoblù avevano travolto i granata di Nereo Rocco per 4 a 1. Una partita che i bolognesi avevano giocato come si gioca in Paradiso  e che ora gli spalancava le porte dell’inferno.

BOLOGNA INSORGE

La città delle Due Torri non è incline ai colpi di testa. Ma, in quei giorni, non è esagerato dire che fu percorsa da fremiti rivoluzionari. Non c’erano dubbi, tra i tifosi, una congiura ordita ai piani alti della Lega Calcio che venne ribattezzata Lega Lombarda.I cortei di protesta si svolgevano tutti i giorni e ci andarono di mezzo alcune automobili con targa MI. Il sindaco di allora era Giuseppe Dozza, un politico carismatico, con una lunga militanza a sinistra, che aveva conosciuto i soprusi del regime fascista. Non esitò a mettersi alla testa dei cortei . Bisognava dare la notizia al presidente Dall’Ara. Occorreva una certa cautela. Si trovava a letto per via di una bronchite, ma era sofferente di cuore. Quando l’apprese scoppiò in un pianto dirotto. Questa non me la dovevano fare, continuava a ripetere tra le lacrime. Era al vertice della società da oltre 30 anni e vantava la conquista di quattro scudetti. Non era di Bologna, ma di Reggio Emilia. Sotto le Due Torri approdò dopo la prima guerra mondiale. Divenne un industriale tessile. Produceva maglie termiche e i giacconi come quelli della linea Norge, ispirati al nome del dirigibile su cui Umberto Nobile aveva sorvolato il Polo Nord. Alla guida del Bologna, nel 1934, lo volle il fascismo al posto del ras della città Leandro Arpinati che il regime aveva liquidato per presunte infedeltà. Il Bologna venne penalizzato di 3 punti, ma la condanna più pesante fu per Bernardini: un anno e mezzo di squalifica. Niente punizioni per i giocatori. Le sostanze somministrate – chiarì la Commissione Giudicante – sarebbero state effettuate a loro insaputa. Ma, il giallo s’infittiva sempre di più. Chi introdusse  nelle provette, contenente l’urina dei cinque giocatori, le sostanze proibite? Il Resto del Carlino s’impegnò in una lunga indagine per venire a capo del mistero. I sospetti s’indirizzarono su Gipo Viani, tecnico del Milan, poi astutissimo  Direttore Sportivo della compagine rossonera,  una sorta di Talleyrand del calcio: A fare il suo nome fu, due anni dopo, il  dottor Dalmastri, medico sociale del Bologna dal ’64 al ’90: «Qualche anno prima della sua morte, Viani mi confidò che fu lui a far manomettere le pro­vette».Ma, le cose andarono veramente così? Chi erano quei tre uomini che a gennaio di quell’anno fecero una proposta indecente al presidente Dall’Ara? Lo scopriremo, forse, nella prossima puntata.

(SEGUE)