William Troost-Ekong, difensore della Salernitana, ambientalista convinto, ha deciso di compensare le emissioni, causate dalla sua squadra nelle trasferte, contribuendo a piantare ulivi nell’Italia Meridionale. William è nato in Olanda, da madre olandese e papà nigeriano. Ha trascorso l’adolescenza tra Haarlem e Londra e ha trascorso le estati a Lagos (Nigeria) e proprio qui ha potuto constatare le conseguenze dell’inquinamento e del riscaldamento globale.
Matteo Pessina, capitano del Monza, Calabria, Berardi e Alex Del Piero hanno di recente firmato una petizione che chiede al mondo del calcio di impegnarsi sul fronte del cambiamento climatico.
Il 22 aprile sarà la Giornata Mondiale della Terra e molte organizzazioni ambientaliste hanno chiesto alla Lega Calcio di far entrare in campo i calciatori con una fascia dedicata al clima. Segnali importanti questi, stanno a significare che, anche in Italia, nel mondo del calcio, cresce la sensibilità verso le tematiche della sostenibilità. Morten Thorsby è un calciatore norvegese, attualmente milita nell’Union Berlino. Ha giocato per tre anni in Italia con la Sampdoria. Proprio a Genova, Morten si è distinto per la sua sensibilità verso le tematiche ambientali. Nel Levante ligure si offrì volontario per ripulire il Monte Moro dai rifiuti lasciati dai turisti. Thorsby, dalla stampa definito ‘il Greta Thunberg della serie A’ è ovviamente vegano, guida un’auto elettrica e, quel che più conta, ha fondato “We Play Green” un movimento calcistico globale indipendente e senza scopo di lucro che si prefigge lo scopo di sensibilizzare il grande mondo del calcio globale per sostenere il Il Green Shift.
Il Green Shift è possibile e urgentemente necessario, ma è a corto di sostegno pubblico. Green Shift è la transizione verso un mondo sostenibile la cui economia, infrastrutture e azioni sociali si allineano con gli Obiettivi di Sviluppo della Sostenibilità del pianeta delle Nazioni Unite ("SDG"). Con gli SDGs, le Nazioni Unite hanno creato una tabella di marcia per realizzare il Green Shift. La tecnologia di cui abbiamo bisogno è disponibile e il mondo ha abbastanza soldi per eseguirla.
Ci sono anche molti politici pronti a trasformare i governi e molte imprese e ONG pronte a implementarla.

AMBASCIATRICI DI WE PLAY GREEN
SC Joure è un'associazione olandese – o, meglio,  omni-associazione - per il calcio e il korfball (sport di squadra dove ragazzi e ragazze giocano insieme) con quasi 900 membri. Più di 400 volontari sono attivi per garantire che tutto funzioni senza intoppi. Il sodalizio sportivo è fortemente impegnato nella riduzione dell’impatto ambientale. Particolare attenzione, ad esempio, è dedicata a prevenire gli sprechi alimentari, a fare acquisti intelligenti e sul riscaldamento / cottura / illuminazione ad alta efficienza energetica.
Spesso questo non è solo sostenibile, ma anche sano ed economico. Ad esempio, presso SC Joure sono già stati installati pannelli solari, illuminazione a LED e rilevatori di movimento. La squadra femminile di calcio del Club - SC Joure MO-15 – è il team di ambasciatrici junior  della #2 Community di We Play Green.
Le ragazze costituiscono un esempio emblematico di come una squadra possa diventare un modello e incoraggiare la propria comunità locale a svolgere il proprio ruolo nella lotta contro le crisi planetarie. Che cosa rappresenta la #2 Community e perché si chiama così? E’ un movimento sociale, versatile e inclusivo, fondato da Morten Thorsby. Nel 2021, Morten ha cambiato il suo numero sulla maglia in 2 per simboleggiare la necessità di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, come indicato negli Accordi di Parigi del 2015. Pertanto, il numero 2 rappresenta il mantenimento del riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, ma comprende anche i molti modi in cui possiamo sostenere il Green Shift. Ciò include acquistare cose di seconda mano (2nd-hand), pensarci due volte (#Think2wice) sui nostri comportamenti di consumo e dare una seconda vita alle cose (#2ndLife) attraverso il riciclaggio e l'upcycling. Le ragazze indossano le loro maglie #2 per riscaldarsi prima delle partite e durante gli allenamenti. Fuori dal campo, organizzano e partecipano ad azioni di pulizia intorno al campo o alla comunità. Lasciano lo spogliatoio più pulito di come l'hanno trovato. Queste iniziative costituiscono  altrettanti modelli da seguire per gli altri team.

FORTE POTERE MEDIATICO
Metà della popolazione mondiale segue il calcio. Significa, dunque, tradotto in cifre, che circa 3,5 miliardi di persone in tutto il mondo guardano questo gioco. La stessa cifra però riguarda il numero di emissioni che, entro il 2030, devono essere ridotte altrimenti, come avvertono gli scienziati di tutto il mondo, sarà la catastrofe climatica. In sostanza, quello che intendiamo sottolineare, è che questa disciplina sportiva ha un enorme potere mediatico. Qualcuno, con arguta ironia, ha paragonato il calcio a una sorta di religione che muove le masse. Il paragone non è azzardato. ‘Religione ‘- prendete il termine con le pinze – significa capacità di influenzare l’atteggiamento di miliardi di persone sugli argomenti più disparati.
Prendiamo, tanto per capirci, le campagne contro il razzismo. Molti di noi hanno ancora vivo il ricordo del clamore suscitato da gesti come l’inginocchiamento pre-partita dei calciatori e alle forti lotte che il mondo del calcio mette in atto contro le discriminazioni di ogni genere. Ora, giusto dirlo, il calcio non è una disciplina sportiva realmente sostenibile. Ad essere sinceri sono poche le squadre che stanno mostrando interesse ad avere un basso impatto ambientale. Ecco perché utilizzare la forza mediatica di questo veneratissimo sport potrebbe favorire una più diffusa consapevolezza sul concetto di transizione ecologica. Non a caso, tra i principi ispiratori di We Play Green, figura la concezione  del calcio come  linguaggio universale che, se usato in modo appropriato, può essere utilizzato per ripristinare l'equilibrio dell'uomo con la natura e un senso di lavoro di squadra che è parte integrante del gioco e di una vita sana sul pianeta terra.

IMPATTO AMBIENTALE
Partite di calcio di forte richiamo – pensate a Napoli – Milan di Coppa Campion, in programma stasera – possono generare un impatto ambientale di una certa consistenza. Ovvero, produzione di rifiuti, mobilità, consumo di energia e acqua. Per capirci meglio, vediamo qualche cifra:  un match importante potrebbe generare 0,8 kg di rifiuti per spettatore, che corrispondono a 4,2 tonnellate di rifiuti per partita. Uno stadio potrebbe consumare fino a 8.000.000 di kWh di elettricità in 1 anno e utilizzo100.000 m3 di acqua nello stesso periodo.Inoltre, altri aspetti ambientali sono associabili alle aziende che lavorano negli stadi come le società di catering e quelle che gestiscono i servizi di pulizia. Questo dimostra come i margini di miglioramento della performance ambientale siano anche associabili a una più attenta selezione e gestione dei propri fornitori. La FIGC ha partecipato al progetto ‘Tackle’ co-finanziato dalla Commissione Europea che ha l’obiettivo di migliorare la gestione ambientale degli eventi calcistici e coinvolgere il mondo del calcio sui temi della sostenibilità ambientale. La Federcalcio, a questo proposito, ha istituito un tavolo di lavoro al quale prendono parte tutte le Componenti federali ed alcuni partner commerciali per elaborare e condividere il documento finalizzato con le società che vorranno aderire alla “Carta sulla sostenibilità del calcio”.

NUOVI STADI SI', MA SMART
Nel paragrafo dedicato alla gestione di Stadi e Infrastrutture sportive
, della Carta sulla sostenibilità del calcio della FIGC, sono indicate le direttrici che dovrebbero costituire la road map , non solo della gestione degli impianti esistenti, ma anche di quelli da costruire. E’ un paragrafo che potrebbe interessare Milano e le sue due squadre che sono alla ricerca di un sito dove costruire un nuovo stadio. Secondo i parametri della Carta è opportuno che gli stadi vengano progettati in modo da rispondere a tutte le necessità dell’evento, alle richieste dei diversi attori che lo popolano e alle istanze del contesto urbano, sociale e economico in cui sono siti. Se, tra gli obiettivi di una società calcistica, c’è la sostenibilità ambientale allora deve agire sulle funzionalità e sulle caratteristiche infrastrutturali di stadi e strutture sportive – in ogni fase, dalla progettazione alla costruzione, sino alla manutenzione e all’ammodernamento, fino allo smantellamento e fine vita – al fine di renderli conformi ai principi di efficienza, riduzione dei consumi e degli sprechi. La Carta fa riferimento, in particolar modo, al rispetto dell’ambiente che gli addetti ai lavori chiamano eco design; grande attenzione andrebbe riservata all’utilizzo dei materiali che dovranno essere sostenibili e quindi efficienti dal punto di vista energetico e, soprattutto, intelligentemente integrati nel contesto urbano e cittadino

ESEMPI DI STADI SOSTENIBILI
E veniamo alle dolenti note, ovvero la fatiscenza di buona parte degli impianti sportivi italiani. Buona parte, a dirla tutta, è solo un eufemismo. In realtà il 90% degli stadi italiani è vecchio e quindi poco sostenibile. Questo significa che, oltre a presentare un impatto ambientale piuttosto pesante, comportano spese di manutenzione onerose. La costruzione ex – novo di stadi sostenibili si tradurrebbe in un duplice beneficio: per l’ambiente e per le casse delle società di calcio. L’Emirates Stadium di Londra, che è la casa del mitico Arsenal, è dotato di un sistema di batterie agli ioni di litio che consente l’accumulo di energia che proviene da fonti rinnovabili (grazie ad accordi con i fornitori) e utilizzarla quando è più necessaria. Non solo, ma l’energia eccedente il club la fornisce ai quartieri adiacenti lo stadio ottenendo, così, un discreto ritorno economico. Un modello, diciamo meglio una case history di eccellenza nell’ambito della sostenibilità ambientale , è rappresentato dal club inglese Forest Green Rovers FC di Nailsworth, nel Gloucestershire. Milita nella quinta divisione inglese. Ha già stabilito un primato da Guinness: è la prima squadra calcistica al mondo ad essere completamente vegana. Ma, non è questo il solo record stabilito dal Forest. Tra qualche tempo disputerà le sue partite in uno stadio in legno. La nuova struttura sorgerà a Stroud, vicinissima a Nailsworth. Il progetto è dello Studio Zaha Hadid Architects e sarà al centro di un grande eco parco di 400 mila metri quadrati di verde. Spostiamoci in Spagna a Siviglia dove ha sede il Real Betis Balompiè. Da qualche anno è attivo nell’ambito della sostenibilità ambientale. Lo fa con grande determinazione perché ha in animo di diventare un club a impatto zero. E’ stata la prima società calcistica a prendere parte all’iniziativa UE Climate Neutral Now. Di recente ha avviato il progetto Forever Green. Una piattaforma mediante la quale il club interagisce con aziende e istituzioni con lo scopo di incrementare la sostenibilità, non solo nelle sue attività, ma anche coinvolgendo i tifosi.
Tramite Forever Green, il Betis ha presentato un kit ecosostenibile. Si tratta di una divisa in poliestere100% riciclato che sarà indossata dalla squadra. Realizzato d’intesa con Kappa il kit presenta un design ispirato alla classica maglia verde casalinga della squadra. Il processo di fabbricazione dei kit è stato gestito in modo da utilizzare la minor quantità possibile di acqua ed energia, rendendo così il prodotto più ecologico. Oltre al kit, il Betis rilascerà anche le sneakers Forever Green, realizzate anch’esse con materiali riciclati e sostenibili.
Ha anche  apportato cambiamenti importanti allo stadio “Benito Villamarìn”. Un impianto di illuminazione completamente a LED e presto  l’installazione di pannelli solari. Sono stati inoltre eliminati  i biglietti d’ingresso, rendendoli soltanto digitali, e infine ha promosso una mobilità sostenibile per i suoi tifosi mettendo a disposizione bus e collaborando con operatori della micromobilità per fornire loro mezzi come bici e monopattini per raggiungere lo stadio.