Squilla il telefono di buon mattino in una lussuosa dimora sita al n°667 di Madison Avenue, uno dei quartieri più eleganti di New York.
Hallo?". Risponde una voce che rammenta hamburger e torta di mele: “Mr. Gerry qui a Milano abbiamo un problema", questa invece è una voce la cui cadenza rammenta un qualcosa tra la casoeula e il risotto allo zafferano. What is it? Stavolta la voce yankee denuncia un lieve, irritato fastidio. Sembra quella di John Wayne quando irrompe in un saloon. “Ehm... ricorda La Maura, quel posto dove abbiamo deciso di costruire il nuovo Stadio? Yes, I remember…”.

Abbiamo pigiato forte sul pedale della fantasia per immaginare l’interlocutore milanese che informa Mr.Cardinale che  tremila persone, a Milano, si sono radunate un pomeriggio di domenica e hanno formato una catena umana disposta, per 700 metri, intorno all’Ippodromo La Maura, dove il Milan e i suoi proprietari yankee vorrebbero edificare un nuovo stadio, tutto milanista.
Ora, mettendo da parte le nostre fantasiose ricostruzioni sul ‘rapporto al boss’ e anche le nostre passioni intimamente legate ai colori rossoneri, diciamo freddamente e a mente lucida: 3000 persone sono tante! Per dirla, in maniera forte e chiara, come, forse, piacerebbe a Mr. Cardinale, costituiscono un bottino elettorale e nel 2024 ci saranno le elezioni europee. E, per come si sono messe le cose riguardo agli assetti politici di questo nostro volubile paese, saranno un test importante per chi è al potere e per chi sta all’opposizione.  
Leggendo, oggi, le cronache giornalistiche su questo flash mob organizzato in difesa del polmone verde rappresentato dall’Ippodromo La Maura, ci sentiamo di dire che la strada per il nuovo stadio rossonero non sarà in discesa.

PARTECIPAZIONE TRASVERSALE
Gli stessi organizzatori della manifestazione hanno candidamente ammesso che non si aspettavano una così massiccia adesione. Questo significa che il problema è avvertito. La gente si mobilita perché vuole tutelare un qualcosa che sente come propria. Lo ha fatto anche 20 anni fa, quando l’area finì nei piani di una notissima e italianissima impresa di costruzioni. Quindi non c’è una pregiudiziale anti-americana o, peggio, anti-rossonera, quest’ultima poi sarebbe ridicola per non dire grottesca. Guardando le immagini che in rete e in TV danno una testimonianza filmata della manifestazione, quello che colpisce è che a partecipare sono stati milanesi di ogni età. Giovani, meno giovani, famiglie con figli piccoli al seguito. Tutti, ovviamente, residenti nella zona. Interpellati sul motivo che li ha spinti a partecipare sono stati chiari e netti.Vogliamo che La Maura rimanga un’area verdedicono ai microfoni e ai taccuini dei cronisti e per quel che ci riguarda Milan e Inter se ne possono andare fuori città, ma lascino in pace la nostra zona”. Altri fanno notare che già il Meazza è abbastanza vicino e pensare di averne un altro ancora più vicino li preoccupa. Una signora aggiunge decisa: “Non possiamo perdere il verde e anche la tranquillità. Uno stadio qui significa avere sempre gente che gira intorno alle nostre case. La cosa non mi piace.”

DECISIONE DIFFICILE
Gli organizzatori della manifestazione hanno spiegato che, se il progetto venisse approvato, significherebbe più cemento, nuove strade e parcheggi
, inquinamento, traffico, peggioramento dell’ambiente urbano, problemi di sicurezza per il flusso dei tifosi attraverso strade e spazi aperti del quartiere. La devastazione del territorio, per sempre.
Perché non ristrutturare lo stadio esistente, il Meazza, come fanno molti altri club in Europa? Chi ci guadagna dal cementificare il verde ippico? 
Di questa non facile vicenda o prima o poi il Consiglio Comunale milanese dovrà occuparsene. Il progetto del nuovo stadio include anche Casa Milan che oggi si trova al Potello. Su 31 consiglieri della maggioranza, 17 sono contrari alla costruzione del nuovo stadio dove si trova oggi l’ippodromo. Molti politici, di schieramenti diversi, sostengono che Milano ha già uno stadio – San Siro o Meazza – e che la soluzione più logica sarebbe quella di procedere alla sua riqualificazione.

DEMOLIRE IL MEAZZA?
Il punto è: si può fare o non si può fare? Ancora una parola chiara e netta su questa ipotesi non è stata ancora pronunciata.
Proviamo a leggere la normativa sui beni culturali e del paesaggio.
L’art. 10 del D.lgs. 42/2004  sancisce che sono da presumersi come “beni culturali” i beni immobili di proprietà di ciascun ente o istituto pubblico (comma 1) purché questi siano opera di autore non vivente e la loro esecuzione risalga ad oltre settanta anni (comma 5). Per i beni che rispecchiano tali caratteristiche, si applicano in via cautelare le disposizioni di tutela previste dal codice per i beni culturali fintanto che non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale prevista dall’art. 12.
San Siro ha i requisiti che trovano rispondenza in  questa normativa? A quanto pare sì. E’ di proprietà del Comune (ente pubblico) ed è stato inaugurato nel 1926, 97 anni fa. Ma, nel momento in cui si è iniziata a discutere concretamente l’ipotesi di una demolizione dello stadio in favore di una nuova struttura, il Comune di Milano ha tempestivamente presentato istanza al Segretariato Regionale per la Lombardia, affinché procedesse con la verifica di interesse culturale.
L’organo competente a pronunciarsi sulla verifica, ossia la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale (c.d. Co.Re.Pa.Cu.) della Lombardia, ha tuttavia ritenuto che l’impianto non presentasse interesse culturale ai sensi del CBC. La motivazione del provvedimento datato 13.05.2020 recita in particolare che “le persistenze dello stadio originario del 1925-’26 e dell’ampliamento del 1937-39’ risultano del tutto residuali rispetto ai successivi interventi di adeguamento e ampliamento”, ossia quelli del 1955 (68 anni fa) e 1990 (33 anni fa). Pertanto, per il Co.Re.Pa.Cu., la struttura nel suo complesso non può considerarsi risalente ad oltre 70 anni ma è piuttosto “soggetta a una continua trasformazione in base alle esigenze legate alla pubblica fruizione e sicurezza”.

LE POLEMICHE NON SI FERMANO
Nonostante il parere negativo del Co.Re.Pa.Cu che, in sostanza, ha detto che il Meazza si può demolire, le polemiche non finiscono.
Lo stadio raggiungerà i 70 anni nel 2025, ma Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, ha dichiarato che lo stadio è comunque meritevole di tutela, ipotizzando l’apposizione di un vincolo “storico relazionale” ai sensi dell’art. 10, co. 3, lett. d)* . Come previsto dall’art. 12, co. 2, CBC, difatti, la verifica di interesse culturale può essere effettuata anche d'ufficio”.
Ma si può apporre il vincolo relazionale per fermare la demolizione del Meazza? La legge dice che è necessario che il provvedimento di tutela si fondi sull’importanza che il determinato oggetto di tutela abbia assunto in un fatto storico preciso. Tale requisito è suffragato dalla giurisprudenza amministrativa, che, nell’interpretare la fattispecie di cui all’art. 10, co. 3, lett. d), ha in più occasioni affermato che il vincolo relazionale possa essere apposto solo ove sussista un legame fra fatti storici specifici e ben individuati e il bene oggetto di vincolo.

Se l’ipotesi formulata da Sgarbi venisse confermata, toccherà ai funzionari del Ministero verificare nuovamente la sussistenza dell’interesse culturale sullo stadio, fondandola stavolta sull’individuazione di fatti storici precisi che possano far riconoscere l’interesse culturale sull’impianto.
Ma, ad oggi, il punto fondamentale è che nessun provvedimento di avvio della procedura di verifica di interesse culturale è stato ancora notificato. La struttura dunque è ‘libera da vincoli’.
Nel groviglio di queste norme, leggi, leggine, proteste e cautele politiche, la strada per la costruzione di un nuovo stadio milanese e milanista appare impervia.