Stavolta vi raccontiamo una favola.
Narra di calcio e di sentimenti della gente semplice. E’ una storia che, probabilmente, sarebbe piaciuta a Ken Loach e magari a Nick Hornby che ne avrebbe ricavato uno dei suoi splendidi libri. C’era una volta – giusto rispettare le regole delle fiabe – a Kopenick, un  quartiere operaio, nella zona sud-est di Berlino, una squadra di calcio. Si chiamava Olympia 06 Oberschönweide Fu fondata nel 1906 e nel nome recava l’influenza di un certo neoclassicismo berlinese che, a quei tempi, andava molto di moda. Militava nel campionato locale della città con risultati più o meno soddisfacenti. Nel 1923, ad esempio, la squadra arrivò seconda nel torneo nazionale, ma, nella finale, perse 3 a 0 con l’Amburgo. Nel 1945, finita la guerra, arrivarono gli Alleati. Tutte le associazioni tedesche, comprese quelle sportive, furono sciolte. Bisognava ricominciare daccapo. Fu redatto un nuovo statuto e la squadra fu rifondata. Durò solo cinque anni. Soffiavano i venti gelidi della guerra fredda. La Germania era l’epicentro di rivolgimenti geopolitici. Nel 1950, Berlino, fu divisa a  metà. Ma, la semplice suddivisione amministrativa fu ritenuta da Mosca non sufficiente. Non fermava le fughe verso l’Ovest. Si arrivò dunque, nel 1961, alla costruzione del Muro. Anche la squadra si ritrovò divisa. Una parte a Berlino Ovest e l’altra a Est. Ed è proprio qui che nacque , nel 1966, FC Union Berlin.

GLI ANNI DELLA DDR
Sarà bene chiamare le cose con il loro nome: gli anni della Ddr furono da incubo. Lo sport fu degradato a mero strumento della propaganda di regime. Gli atleti della Germania Orientale dovevano eccellere, vincere ad ogni costo. Ogni affermazione, ogni medaglia e ogni partita vinta, erano occasioni per ribadire la supremazia del modello socialista. Non si esitò a fare ricorso alla chimica per creare quello che passerà alla storia come il doping di stato. Negli anni della Ddr furono conquistate almeno 500 medaglie olimpiche grazie alle risorse prodotte dentro laboratori segretissimi. Ma, torniamo alla nostra squadra. La divisione della Germania, ovviamente, divise anche il calcio tedesco. Le squadre più importanti, sul versante Est, erano Dynamo Berlin, Hansa Rostock, Lokomotiv Lipsia e Carl Zeiss Jena. L’Union doveva competere con società di gran lunga più attrezzate e protette. La Dinamo Berlino era la squadra del regime. Il suo presidente era Erich Mielke, capo della Stasi, l’organizzazione che vigilava, in maniera ossessiva, sulla vita di ogni singolo cittadino. Se vi è capitato di vedere il film Le vite degli altri capirete cosa intendiamo dire. La Dinamo non doveva mai perdere, vinse per dieci anni di fila ( dal 1979 al 1988) la Oberliga ( la lega calcistica della Ddr ndr). La Stasi brigò in tutti i modi. Arbitraggi pilotati, avversari minacciati e intimiditi. I migliori talenti calcistici venivano praticamente cooptati nella Dinamo. Le proposte e le offerte erano di quelle che non si possono rifiutare. L’Union resisteva a tutto questo.Se i risultati sportivi furono deludenti, la popolarità salì alle stelle.
Divenne la squadra della dissidenza e il suo stadio un posto dove si poteva, in qualche modo, dire peste e corna del regime. I cori dagli spalti erano espliciti. Roba così: Preferisco essere un perdente, che un maiale della Stasi e anche Il Muro va abbattuto! Ci voleva del coraggio, indubbiamente, per esprimere il dissenso, al governo, con toni così forti. A questo proposito, qualche anno fa, la rivista berlinese Eulenspiegel ha scritto”tifare Union significava mettere a repentaglio la propria vita. Non ogni tifoso dell’Union era nemico dello Stato, ma ogni nemico dello Stato era tifoso dell’Union”. I tifosi erano consapevoli di non avere un grande destino calcistico. Le trame oscure di Mielke li relegavano ai margini, ma erano fieri di rappresentare un modello di opposizione al governo in carica. Fu così che si guadagnarono il sopranome di Eisernen – uomini di ferro- che evocava le origini popolari della squadra che all’inizio del suo percorso calcistico schierava per lo più figli di operai.

LA CADUTA DEL MURO
Si trattò di un cambiamento epocale e, come ben sappiamo,non solo per la Germania. Due anni dopo, la notte del 31 dicembre 1991, al Cremlino venne  ammainata la bandiera rossa dell’URSS. Finiva un’era. Un grande storico Eric J. Hobsbawm disse che quella notte finì anticipatamente anche il secolo,  che lui definì appunto il secolo breve. Cambiò, dunque, tutto, ma la passione e l’attaccamento viscerale dei supporter dell’Union rimasero inalterati. La vera questione era un’altra: i soldi. Casse vuote. Proprio a causa delle difficoltà economiche, alla squadra fu negata la promozione nella Bundesliga 2 per inadempienze finanziarie. Nel 1997 rischiò il fallimento definitivo. Per evitarlo i suoi tifosi lanciarono l’iniziativa Blut fur Union ( sangue per l’Union). In Germania, chi dona sangue, agli ospedali, riceve un compenso. I supporter si recarono in massa a donare il sangue e il compenso lo destinarono   alle anemiche – è proprio il caso di dirlo – casse della loro squadra. Intanto, l’Union approdava, nel 2001, in Liga 2  e vinse anche la Coppa di Germania battendo in  finale lo Schalcke 04.

ALLA VECCHIA FORESTERIA
E ‘ proprio un nome da fiaba. Lo stadio dell’Union si chiama An der Alten Forsterei – significa Alla vecchia Foresteria. Per raggiungerlo bisogna attraversare un bosco dove c’è anche la casa del guardaboschi che è diventata la sede della società. Tra gli anni ’70 e ’80 lo stadio, costruito nel 1920, fu ampliato. Furono costruite due tribune centrali e assegnata una capienza di 22.000 posti. Ma, la struttura mostrava i segni dell’invecchiamento ogni anno di più. Per avere l’agibilità si andava avanti con permessi temporanei. Poi, nel 2006, l’anno dei Mondiali in Germania, ai dirigenti dell’Union Berlin fu imposto di scegliere:trasloco o ammodernamento. La prima opzione non fu presa mai in considerazione. Non si poteva rinunciare Per la seconda, invece, non c’erano fondi. Che fare? La risposta, come sempre, venne dal cuore dei tifosi. L’avrebbero ammodernato loro  lo stadio. Kopenick era un quartiere operaio. Carpentieri, muratori, artigiani per 365 giorni regalarono il loro tempo libero per rimettere a posto il loro vecchio stadio. Chi non aveva la specializzazione giusta per partecipare ai lavori contribuì con le vettovaglie ovvero portando  cibo, dolci, birra e wodka. In un anno gli impagabili tifosi dell’Union, edificarono uno stadio nuovo di zecca.140 mila ore di lavoro che consentirono alla società di risparmiare quasi 2 milioni di Euro. Nel campionato 2018/19 l’Union Berlin approda in Bundesliga( la serie A tedesca). Concluse  il campionato al terzo posto e si guadagnò  la promozione, nello spareggio con  lo Stoccarda. Grazie ai risultati  di  2 a 2 in trasferta 0 a 0 in casa i berlinesi, approdarono, per la prima storica volta, nel paradiso della Bund.

CASA-STADIO
Il contributo importante che i tifosi diedero  alla squadra non fu  dimenticato dalla società. Come riconoscimento tangibile, nello stesso anno della ristrutturazione, vendette 4141 azioni della struttura a soci e supporter. Così, la Vecchia Foresteria è l’unico stadio al mondo di proprietà dei tifosi. Concettualmente, più che un impianto, è una casa vera e propria. Non a caso gli arredi sono stati scelti dai proprietari.Le curve mantengono i posti in piedi, come ai vecchi tempi.
La squadra operaia va in paradiso e i suoi tifosi-lavoratori la incitano, stretti stretti, in piedi, nelle curve di un tempo. Hanno i loro miti, le loro tradizioni. Non intendono svenderli e guardano con diffidenza alle proposte dei ricchi sponsor che sono accorsi numerosi richiamati dalla ribalta mediatica che la squadra  berlinese si è guadagnata.
L’inno della squadra è una canzone rock tosta come la cantautrice, tifosa d’eccezione: Nina Hagen. Già a 4 anni, saltellava sulle ginocchia di papà, nella gradinata dell’Alte Försterei.