Nandrolone. Sembra il nome di un puffo o di uno dei sette nani invece è qualcosa di meno divertente e allegro. Vale a dire che è un derivato del testosterone. Più o meno sappiamo tutti che cos’è. Comunque, per capirci meglio, il testosterone è il principale ormone sessuale maschile.
Fu isolato per la prima volta nei testicoli di tori nel 1931. Se ci è consentito rammentare un episodio divertente, legato a questo ormone tipicamente maschile, il ricordo va al nostro periodo degli studi universitari. Quando arrivava la docente di Istologia, appena varcata la soglia dell’anfiteatro, dove si svolgevano le lezioni, esclamava, con malcelata ironia: “Ragazzi apriamo qualche finestra, c’è un’aria satura di testosterone qui…”.
Eravamo in maggioranza... maschietti. Le ragazze erano poche, ma in compenso tutte corteggiatissime. Questa è un’altra storia e ve la racconteremo un’altra volta.
Procediamo con ordine. Inquadriamo meglio questo mascolino ormone. Gli addetti ai lavori ci dicono che è uno steroide anabolizzante. Sembrano termini complicatissimi, ma è solo apparenza. Steroide  anabolizzante significa che promuove lo sviluppo muscolare. Ci avviciniamo al punto-chiave di questa nostra escursione (o intrusione?) nel variegato e inquietante mondo del doping. Il testosterone può essere prodotto in laboratorio. Sintetico, per capirci, e su scala industriale. Anche questo, ovviamente, è utilizzato per favorire la crescita della massa muscolare. Si usano, per fare un esempio concreto, nel trattamento di ferite o malattie che causano un deterioramento debilitante dei muscoli. A dosi terapeutiche non si hanno gravi effetti collaterali, ma quando, questi steroidi sintetici, vengono usati in quantità dieci o, addirittura, venti volte maggiori, da atleti che vogliono aumentare la loro massa muscolare le conseguenze possono essere devastanti.

DOPING, SIAMO INDIETRO DI 30 ANNI
Raffaele Guariniello, ex-magistrato ora in pensione, quando era Procuratore di Torino, alla fine degli anni ’90, condusse diverse indagini sull’abuso di farmaci nel calcio. Di recente, dopo la morte di Sinisa Mihailovic ha rilasciato un’intervista a un quotidiano e ha rammentato alcuni degli esiti delle sue indagini di allora.
Commissionammo all’Istituto superiore di sanità un’estesa indagine epidemiologica su centinaia di casi, ci consentì di individuare un’anomala eccedenza di morti premature tra ex calciatori. Fu il risultato di un lavoro lungo e meticoloso” – ha detto Raffaele Guariniello –Sapete quanti processi per doping sono arrivati fino in Cassazione tra il 2019 e il 2022? Quattro, di cui tre a livello di sport amatoriale. Su questo tema siamo tornati indietro di 30 anni, a quando si faceva molto poco“.
Sorge spontanea una domanda, a questo proposito, ma perché c’è questo muro omertoso, queste complicità diffuse nel mondo dello sport che impediscono di arrivare alla verità? Secondo GuarinielloLa giustizia penale, in tema di doping e aggiungo anche in tema di sicurezza sul lavoro, non fa più paura a nessuno. Pochi processi, piccoli, locali. Un fenomeno così complesso va affrontato e deve essere anche aggiornato, i nostri studi sulla Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) sono ormai datati. Servirebbe una Procura nazionale per la sicurezza sul lavoro e sul doping, con margini di autonomia per i pm. Senza non si va da nessuna parte. Ma questi principi, da tempo, non godono di ottima salute“.

COMINCIO’ TUTTO AL TOUR DE FRANCE
Riportiamo il nastro a un giorno di un caldissimo luglio del 1998.
Mancavano tre giorni al via dell’85° edizione del Tour de France. Alle 6,30 del mattino, Willy Voet, massaggiatore della squadra della Festina, venne fermato a Dronckaert, frontiera franco-belga, da una pattuglia della polizia transalpina. Il passaggio della vettura era stato segnalato dalla polizia svizzera ai colleghi francesi. Nel corso della perquisizione della vettura fu ritrovato un quantitativo enorme di sostanze dopanti 250 dosi di Epo ovvero Eritropoietina. (Si tratta di un ormone proteico prodotto nei reni. Agisce nel midollo osseo stimolando la produzione di globuli rossi. Viene prodotto con la tecnologia del Dna ricombinante. E’ usato nei casi gravi di anemia, ma gli sportivi lo usano per aumentare la resistenza agli sforzi prolungati ndr).
Gli agenti francesi inoltre trovarono 60 dosi di testosterone, 82 di somatropina (ormone della crescita di natura proteica che viene secreto dalle cellule dell’ipofisi anteriore ndr) 400 dosi di anabolizzante, 8 dosi di vaccino per l’epatite virale. Voet venne arrestato con l’accusa di importazione illegale di prodotti proibiti.
A questo punto vi starete chiedendo: sì, ma che c’entra tutto questo con il doping nel calcio di casa nostra? Niente, ma accadde che un settimanale si recò a Predazzo dove era in ritiro la Roma con il suo allenatore Zdebek Zeman, uno che, allora come oggi, non le manda a dire e non solo dice ciò che pensa, ma pensa anche ciò che dice.
Proprio nel corso di quell’intervista uscì fuori la famosa frase: “Il calcio italiano esca dalle farmacie”. Certamente non farete grandi sforzi per immaginare quale clamore suscitarono le parole dell’allenatore romanista. Indignazione, scandalo, richiesta di indagini, minacce di ricorso alle vie legali. Una di quelle sceneggiate da antologia dell’ipocrisia italica. La Procura antidoping del Coni avviò una indagine immediata. Mario Pescante, presidente del CONI, rassegnò le dimissioni. La FMSI (Federazione Medici Sportivi Italiani) fu commissariata. Le inchieste della magistratura scagionarono, comunque, i medici della FMSI riguardo le irregolarità nel laboratorio Antidoping dell’Acqua Acetosa a Roma. Fu riaccreditato dal CIO e naturalmente riprese le sue normali attività.

ARRIVA IL NANDROLONE
Il 2001, probabilmente, il mondo del calcio lo ricorderà come l’anno del Nandrolone. A proposito, diamogli un’identità di formula a questo derivato da un importante ormone cui noi maschietti dobbiamo gran parte del machismo che ogni tanto, a sproposito, esibiamo. C18H26O2. Tracce furono ritrovate nei calciatori Igor Shalimov, Joseph Guardiola, Edgar Davids, Frank De Boer, Jaap Saam, Fernando Couto e Cristian Bucchi.Cinque anni dopo è il curiosissimo caso di Marco Borriello, allora giocatore del Milan a tenere banco. Risultò positivo a prednisone e prednisolone, metaboliti del cortisone. Nelle nostre cellule, cosi ci capiamo, avvengono continue reazioni chimiche che alla fine generano questi composti organici che appunto la scienza chiama metaboliti. Borriello negò sempre e con forza di aver assunto cortisone. Il mistero , secondo la versione del calciatore, sarebbe stato legato a una casualità. Come ricorderete allora il giocatore era il compagno di Belen Rodriguez la quale utilizzava una crema intima che conteneva la sostanza proibita. Borriello chiese una controanalisi che confermò la presenza dei metaboliti. Fu pertanto squalificato per tre mesi. Ah l’amore! Esige sempre i suoi tributi.
Ancor più curioso il caso di Saadi al Gheddafi (figlio di Mu'ammar) il quale risultò positivo, nel corso dei controlli di Perugia-Reggina, dove nemmeno giocò. Nel 1990, invece, Andrea Carnevale e Angelo Peruzzi risultarono positivi alla fentermina, (si tratta di un farmaco dimagrante) Poi, naturalmente, c’è stato il calcio legato all’assunzione di cocaina. I casi più eclatanti sono stati quelli di Maradona e di Caniggia. Altri giocatoricome Mark Iuliano e Renè Higuitahanno ceduto alla cocaina a fine carriera. Altri invece all’apice della carriera come Adrian Mutu, Moris Carrozzieri e Angelo Pagotto. Più dolorosi ancora i casi di cocaina che hanno riguardato Jonathan Bachini e Francesco Flachi  che   determinarono la fine della loro carriera sportiva.

DATI E STATISTICHE
Uno studio dell’Uefa, condotto dal 2008 al 2013, ha rilevato come, nei campioni di urina del  7,7% dei calciatori che hanno partecipato alla Champions League, sono stati trovati valori di testosterone oltre il consentito. C’è da dire che l’Uefa ha sempre, decisamente, negato la diffusione di sostanze dopanti nel calcio professionistico. Lo studio, cui abbiamo accennato, non a caso è stato effettuato anonimamente, sulle urine di più di 4.000 calciatori. Nel periodo di svolgimento dell’indagine sono stati 879 i calciatori nelle cui urine è stato rinvenuto un alto valore di testosterone che significava aver fatto uso di steroidi anabolizzanti.
L’Uefa, ovviamente, si è prodigata in mille modi per evitare il clamore mediatico intorno agli esiti dell’indagine. Rilasciò una dichiarazione in cui si affermava che "I 12 laboratori che hanno analizzato le urine non hanno usato procedure comuni, rendendo i risultati non certi. Inoltre non è stato possibile fare una controanalisi come richiesto dalla Wada in casi di doping: per questo lo studio non presenta alcuna evidenza scientifica sulla potenziale diffusione di sostanze dopanti nel calcio".
Zeman,
secondo alcuni osservatori del variegato mondo calcistico, su questa crociata antidoping avrebbe sacrificato la sua carriera. Perché molte società, sempre secondo questi analisti, proprio a causa della sua profonda avversione al doping, avrebbero evitato di ingaggiarlo. Naturalmente è una conclusione che lascia il tempo che trova perché non esiste una controprova.
Zeman diceva che, a suo parere, il doping è un aspetto ben insito nella cultura del calcio professionistico.
Forse ha generalizzato, ma è altrettanto vero, come ha affermato di recente Guariniello, che in 20 anni non si è riusciti a venire a capo di nulla.
E su questo non ci piove!

(SEGUE )