Certamente l'opera di Alexandre Dumas padre "Kean ou  Désordre et Génie", un cavallo di battaglia teatrale e cinematografico di Vittorio Gassman, non si applica come concetto di vita allo straordinario giocatore visto contro il Verona ma semmai al suo collega ludopatico oggi molto amorevolmente graziato per comportamenti almeno su piani traslati riconducibili all'opera di Dumas.
Il Kean visto ieri ne rappresenta  solo un mero accostamento calcistico,  perché il ragazzone italiano ha le giocate del genio ma ancora una "sregolatezza" di tocco e di abilità soprattutto nello stretto ancora  da sviluppare. Se con genio in senso calcistico vogliamo accettare tale accezione come sinonimo  di qualità inespresse ma presenti che per crescita interna oppure per interventi taumaturgici esterni alla fine escono, e pure con prepotenza. E il tanto criticato Allegri, quello del corto muso, non sembra solo riconducibile a una concezione sparagnina del calcio ma soprattutto a una capacità di esercitarli questi poteri taumaturgici.
Circa un paio di mesi fa commentavo una partita Juve contro la Lazio e intitolavo il raccontino con "La Juve c'è", nonostante che tanti dicessero, pure i suoi tifosi nei social, che invece non ci fosse affatto. Non solo mi permetto di ripetere che c'è, ma pure che ci sarà come contendente, per ora vedo solo con l'Inter, del titolo finale. Questa capacità rivitalizzante capace di guardare all'interno, invece che andare a costose e alla fine inutile ricerca di campionissimi esterni che poi questo valore aggiunto in relazione a quanto sono costati poi non lo danno, sembra proprio essere un buon ritrovato filo conduttore della nuova dirigenza. Non solo in ambito tecnico, dove si assiste a una valutazione attenta dei talenti, ma pure nelle relazioni esterne ad esempio come la recente rinuncia a rivendicazioni di scudetti non assegnati sul campo. Indubbiamente la seconda formazione in serie inferiori paga e permette a giovani, soprattutto italiani, nel senso di scuola italiana, di crescere. Quindi quella di una seconda squadra impegnata agonisticamente è una idea vincente e un modo di rivitalizzare una scuola che ritengo tra le prime in assoluto.
Ma rivitalizzazione non si limita solo a Kean, che ora metterà un poco di imbarazzo ad Allegri con la sua maiuscola prova, perché in maniera forse un poco dimenticata, il tecnico toscano ha una batteria di attacco di tutto rispetto, forse unica per costanza di qualità non solo nel nostro campionato. Ce ne sono molte altre, della serie: "ma perché non guardiamo quello che si ha, invece di comprare fuori?".
E parlo di Mc Kennie, prima completamente fuori dal progetto e ora pedina fondamentale del centrocampo Juve e che sostituisce un altro giocatore di prospettiva che è Fagioli, che si spera di recuperare e nel quale francamente avevo visto grandi possibilità. Mc Kennie gioca con grande efficacia sia a destra e sia dentro al centro del campo.
Il terzo è Locatelli, uno dei nostri tanti buoni in cui si è poco creduto. Forse certi ragazzi devono crescere accettando nuove sfide e prendendo altre strade e non continuando su quella in cui sono stati avviati.  
Anche qui quante critiche su questo giocatore che sembrava passare un momento difficile di carriera nel Sassuolo, ma che ha sempre più trovato tempi di gioco paragonabili ai  consumati  uruguagi maestri nella direzione di orchestra calcistica. Ma soprattutto, la modestia dei forti, quasi arrossendo agli elogi di Del Piero. Gli manca il tiro, con il vezzo tutto italico di cercare il pelo nell'uovo, se lo avesse in costanza, ora sarebbe di assoluto valore mondiale ma ce l'ha eccome. Chi non ricorda la sua fucilata di esordio proprio contro la Juve? Se al metronomo Locatelli si aggiunge la classe in raccordo e inventiva di Rabiot, anche lui enormemente cresciuto con Allegri, che cosa impedisce di considerare il centrocampo juventino uno dei più forti in circolazione? Forse non si nota abbastanza che la difesa Juve è da tempo sostenuta da due "riserve" chiamiamola così, pure italiane con mio grande personale piacere di fervente patriota calcistico, ma beninteso in senso di gente che cresce "in scuola italica".
Gatti è giocatore notevole, deve controllare irruenze e spigolosita' inutili, ma è suo il cross di elevata fattura e arriva perfetto su un altro subentrante che poco prima si era mangiato un gol da scherni gialappiani. Va in cielo Milik che si riscatta con un calmo e vincente spostamento di gioco sul lato debole veronese e provoca poi il convulso mischione che si chiude con la zampata di Cambiaso un altro giovane su cui Mastro Allegri sta lavorando. Un altro è un soldatino generoso e indispensabile di cui giustamente Marocchi tesse le lodi, Rugani, perché  trovarsi sempre pronto non è  proprio da tutti.
Continuo con un altro giovane italiano che è Miretti, centrocampista offensivo di notevole tecnica e in cantiere di miglioramento pure lui. Kean trova forse la sua migliore partita. Gli viene annullato un gol da grande centravanti per un centimetro e poco più, cosa a mio avviso assurda, sia se rapportata alle dimensioni del campo, un centimetro su 10000 centimetri ne è decimillesima parte e sia perché le due figure sono totalmente sovrapposte.
Vale la pena ridurre il fuorigioco ad un centimetro, oppure invece basarlo sulla non perfetta sovrapposizione delle principali figure corporee? Il secondo, altrettanto bello, è pero' viziato da chiaro fallo e purtroppo accompagnata da classica sceneggiata del giocatore moribondo in due fasi distinte impietosamente ripresa dalle telecamere. È  comunque fallo e il suo colpo di testa è però perentorio e imparabile. Un suo tiro esce di poco come un'altra inzuccata a coronare una prova maiuscola e sfortunata. Quindi un primo posto, anche se provvisorio non certo casuale e sicuramente non predetto.
Strano che per la Vecchia Signora di lignaggio calcistico, diciamo così, di stampo sabaudo che si contrappone da sempre al torinismo, molto cacciavittiano del Toro, si sia usata ieri in commento la definizione di squadra operaia. Di operaio c'era la tenacia, lo sforzo, l'applicazione silenziosa e continua ma di classe, "aristocratica", ce n'era tanta, ovviamente rimanendo in ambito calcistico, la classe del lavoro non si discute. Ma se operaio vuol dire lavorare a far crescere e non solo andare sul mercato a trovare panacee che poi non risolvono, allora penso che anche molti "aristocratici" tifosi juventini possono ben accettare questa definizione che è  più storico appannaggio dei "cugini". Può qualcosa recriminare il Verona ottimamente messo in campo da Barone, ma la superiorità Juve è apparsa evidente. Il suo muro difensivo ha sovente  tentato di portare palleggio alto. Djuric ha ingaggiato duelli formidabili con la contraerea juventina ma un solo tiro in porta, anche se pericoloso, è  stato troppo poca cosa per la juve "operaia" di ieri. Infine, e qui mi riallaccio al titolo del mio intervento, ho notato la grande sinergia di rapporto tra allenatore e squadra. Allegri mima un atteggiamento evidente, un messaggio chiaro. Indica di usare la testa e contemporaneamente i 6 minuti mancanti, invoca la calma dei forti. E la squadra lo segue simbolicamente nei subentrantei e non solo nei "titolari". Milik non sparacchia un pallone a centro area in  quasi naturale apnea. Ragiona e pesca abilmente Gatti con cambio di campo perfetto dove il Verona si scopre. Gatti ragiona anche lui. Pensa e mette con la stessa calma un cross perfetto che ritrova il volo del polacco per la logica conclusione di un incontro vinto con la calma dei forti. Questa sinergia è un valore aggiunto che sta alla base delle imprese più impreviste.
Ho almeno la piccola soddisfazione di aver fatto l'elogio di Allegri prima di chi è molto più bravo e accreditato di me. Inserisco un poco di inusitata "anima operaia" di Allegri.