Sansir l’era ’n cadin d’erba e culur, ch’i giugadur pareva ch’je tucavum tant’eren viv i maj, bell el balun… L’Inter l’era quela del Franzosi, cul Marchi, Passalacqua, Campatell, e nüm del Milan serum quatter bamba cul Toppan, l’Antunin, Boffi e Russett
(San Siro era un catino d’erba e colori, / i giocatori pareva li toccassimo /
tant’erano vive le maglie, bello il pallone/L’Inter era quella di Franzosi, /
con Marchi Passalacqua Campitelli, /e noi del Milan eravamo quattro bamba /
con Toppan l’Antonini Boffi e Rossetti…)                      

Questo post ha una colonna sonora. La scoprirete ascoltando il video. Si accorda con buona parte dell’argomento che questo pezzo vuole raccontare.
E poi oggi è Sant’Ambreus, come viene affettuosamente chiamato in dialetto. Santo amatissimo dai milanesi Doc. Noi lo siamo d’adozione e ci corre l’obbligo di venerare un santo che, stando alle informazioni che abbiamo raccolto, in ambienti accreditati, pare che l’Ambreus abbia esteso la sua protezione speciale anche a noi terun.
D’altronde anche lui era un immigrato. Era nato a Treviri, in Germania, e venne da queste parti nel 370 d.C. Abilissimo e coltissimo mostrò subito le sue doti di oratoria e diplomazia grazie alle quali riuscì a comporre i diverbi continui tra ariani e cattolici. A quei tempi non era roba da poco. Per darvi l’idea della complessità della vicenda pensate ai contrasti insanabili tra interisti e milanisti. Ad oggi, nessuno è riuscito a comporre la vexata quaestio come la definirebbe l’Ambreus che s’intendeva di latino e, a quanto pare, anche di beghe eterne. Comunque, grazie al suo successo diplomatico venne nominato vescovo, per acclamazione, (praticamente una standing ovation ndr), il 7 dicembre del 374. La data è diventata ufficialmente la festa di Sant’Ambrogio.

IL POETA CASCIAVIT
La poesia, in dialetto milanese (con i sottotitoli per terun come noi e altri ndr) che compare in cima a questo post è di Franco Loi, poeta e, se permettete, milanista. E’ morto all’incirca un anno fa.
Era figlio di immigrati - padre sardo e mamma di Colorno (Parma) -. E’ stato il cantore dell’anima popolare di Milano, quella dei casciavit, dove allignavano e, speriamo, allignino ancora oggi, i patiti del rosso e del nero.
Era anche la Milano cantata da Nanni Svampa, altro cantore di un’epoca meneghina che si è, nel corso degli anni, diradata come la nebbia che non nasconde più la bela madunina.
Loi
diceva che si diventava tifosi milanisti per reazione alla spocchia degli interisti. Allora c’era questa partizione sociale che vestiva di nerazzurro la borghesia del centro città, insomma quelli che oggi definiremmo benestanti. Sono divisioni socio-antropologiche che non ci sono più. Loi ha scritto un romanzo in versi -L’Angel- dove racconta di un derby disputato nel 1945, il primo dopo la Liberazione. Una partita valida per un torneo benefico lombardo. Si giocò il 17 giugno davanti a 15 mila spettatori. Loi aveva 15 anni. L’età in cui la vita scrive trame fatte di sogni e, forse, anche di illusioni, ma rimane sempre l’età dell’innocenza soprattutto allora, dopo la fine di una guerra che si era lasciata dietro lutti, disperazione e macerie non solo materiali. Un tempo in cui il futuro era una promessa e non una minaccia. Quel derby lo vinse il Milan  3 a 1 e Loi lo rammenta così.

BOFFI, EL SQUISS DE LA PESCIADA
Nell’Inter torna a giocare Meazza che, cinque anni prima, vestiva la maglia rossonera. Loi, stranamente, nella poesia non ne fa cenno. Probabilmente è la  delusione del tifoso tradito che Loi manifesta ignorandolo. Però, nel Milan, c’è Aldo Boffi. Viene da Seregno e si dice che sia dotato di una ‘castagna ‘ ovvero di un tiro che annichilisce i portieri. Però deve essere in bonis con lo spirito. Insomma, un po’ come Leao che quando è in giornata spacca tutto, portieri, difensori e, in qualche caso, anche i pali della porta. Ma, quando ha la luna storta ciondola lungo la fascia laterale. Loi, a questo proposito, mirabilmente scrive El Boffi l’era el squiss de la pesciada, e chèl dì lì ghe l’èm d’incurnisàl. Ovvero, Boffi è il quiz della pedata, nel senso che non si capisce mai cosa gli frulla nella testa, ma se è nella  giornata giusta sarà una di quelle da incorniciare.

SAN SIRO APRE LE FINESTRE
L’Inter va in vantaggio. La maglia nerazzurra è in sciambulaMa, ecco che entra Boffi. E arriva il pareggio. Tocca di destro e poi lascia partire un sinistro che nessuno vede in primis il portiere nerazzurro.

La maja nerazürra tütt’in sciambula Ch’in mezz al camp i pé eren un roch… Sul vün a zero sèm giamô a la büsca, e quan’ che l’entra el Boffi sèm a tocch, che lü ’l durmiva sü la riga bianca e inturna recamàven süj brelòcch… Ma ’riva un bèl balun… Tuca de dester, e giò ’n sinister che nissün le véd… Sansir se slarga, dervum i fenester.

EL GIORGIO  SCHISC, EL BERTO CH’EL BAUSCIA ,  
Quando il Milan pareggia... la reazione nerazzurra è rabbiosa e Loi scrive:
Ma chì a Milan, se sa, l’Inter fa efétt: el Giorgio schisc, el Berto che ’l baüscia, el mund par che se ferma: l’è ’n balett de gamb e de müdand, ché ’l verd je sciscia e pö je spüa nel giögh fâ de culur: e l’è amô l’Inter, che là ’n fund ghe schiscia e nüm ch’a tegnì ’l fiâ sèm un buttun
(Ma qui a Milano, si sa, l’Inter fa effetto: / il Giorgio quatto, il Berto che fa lo spaccone, / il mondo che sembra fermarsi: è un balletto / di gambe e di mutande, ché il verde li succhia / e poi li sputa nel gioco fatto di colori: / ed è ancora l’Inter, che là in fondo ci schiaccia / e noi che nel trattenere il fiato siamo abbottonati…)

ARIA E TEMPO SI FERMANO
Il verso che descrive la fase interlocutoria del match è bellissimo. Un po’ come nel pugilato quando i due boxeur si studiano con finte e controfinte, saltellando intorno al  ring aspettando il momento giusto per sferrare il colpo.
Sèm denter in quj strasc del temp ch’eterna fann l’umbra che l’è l’ànema del mund e nüm e i giügadur e quèla scèrna de cu e de brasc e vus di gradinâd sèm denter l’aria che ne l’aria ferma quèll frull de gomma che slisa tra j pesciâd…
(Siamo dentro in quegli stracci del tempo che eterna / fanno l’ombra che è l’anima del mondo / e noi e i giocatori e quella caterva / di teste e di braccia e voci delle gradinate, / siamo dentro l’aria che nell’aria ferma / quel frullo di gomma che scivola tra le pedate…)

BOFFI COLPISCE ANCORA
Poi arriva il gol di Aldo Boffi, quello del 2-1 ed è un pezzo da campione:
Ma ’l Boffi ’l smarca föra ’na legnada
ch’al bun Franzosi in vul ghe sversa i man.
Se fa piscin el camp, e a scalinada
se slarga el ciel nel vent fâ de bander…
(Ma Boffi tira fuori una legnata / che al buon Franzosi in volo rovescia le mani. / Si fa piccolo il campo, e a scalinata / si allarga il cielo in un vento di bandiere…)

INNO ALLA GIOIA ROSSONERA
Il finale della poesia celebra, in maniera struggente, la grande passione popolare per il calcio, ma anche scioglie un inno alla gioia del tifo rossonero e soprattutto a quel tempio sacro che è San Siro.

L’e stâ ’n tri a vün de fa trema i curtil,
’na samba de da föra i sentiment,
un tram che mai fenivum de cantà,
Sansir ch’ai noster spall tegniva el temp,
Milan che pien de strâd l’era un ciamà.
(È stato un tre a uno da far tremare i cortili / una samba da stravolgere i sentimenti, / un tram che mai finivamo di cantare, / San Siro che alle nostre spalle tratteneva il tempo, / Milano che piena di strade era tutta un richiamo.)

San Siro tratteneva il tempo… e non posso fare a meno di pensare, con tristezza, che qualcuno lo vuole demolire.
A me, che sono terun, viene il magun