La pioggia disegna rigagnoli sui vetri della finestra, sembrano lacrime. E’ una di quelle domeniche pomeriggio all’umor nero, da Prozac tanto per capirci. 
Allora ci vuole un qualcosa che incrementi la produzione di endorfine. Ovvero quelle sostanze che la ghiandolina, che abbiamo poco sotto l’encefalo (ipofisi), rilascia in particolari situazioni piacevoli, come ad esempio l’ascolto della musica, gustare un cibo prelibato, vincere una gara, un bel goal di Leao o di Giroud, ma anche quando siamo in piacevole compagnia.
A buon intenditor poche parole. Quindi questo è un post-divertissement.
Un intermezzo ironico, in qualche caso velato di malinconia, ma che si riscatta con più di un sorriso. Speriamo.
L’idea è venuta rileggendo un libro di Javier Marias - Selvaggi e sentimentali - che è in realtà una raccolta di oltre 40 articoli scritti per El Pais - il più importante quotidiano spagnolo -, l’argomento che li domina, più che accomuna è il calcio. Lo scrittore spagnolo, scomparso di recente, è stata una delle più autorevoli voci della letteratura iberica a livello internazionale. Si parlava di una sua probabile candidatura al Nobel. Confessiamo: è uno dei nostri scrittori preferiti.  
Marias era un grande tifoso del Real Madrid, anzi lui diceva di non essere un tifoso, ma un ultrà delle merengues. Il titolo di uno dei suoi libri più belli – Un cuore così bianco – pare sia stato ispirato (Ça va sans dire) dal colore della maglia della sua squadra dell’anima, come la definiva lui stesso.
Sfogliando il libro, in questo pomeriggio di acuta malinconia c’è un articolo dal titolo Le veloci Eternità che inizia così: ”Noi appassionati di calcio abbiamo un modo ulteriore di misurare il tempo, di cui con certezza sono privi gli altri individui: lo svolgimento del Campionato del Mondo ogni quattro anni.
Ricordo come da bambino fossi solito calcolare alla fine di uno di essi l’età che avrei compiuto all’inizio del successivo e, come entrambe le cose, l’età e l’evento mi sembrassero remoti e addirittura improbabili
”. E’ un’operazione di calcolo che noi ci guardiamo bene dal fare, perché alla fine ci toccherebbe veramente ricorrere al Prozac.
Adesso chi ci ha sopportati fino a questo punto comincerà a dire. Sì va bene, ma dicci dove vuoi andare a parare. Vi accontentiamo subito.
Sempre nel corso del pomeriggio di acuta malinconia di cui sopra, ci siamo divertiti a raccogliere gli aforismi sul calcio, pronunciati da scrittori famosi, ma anche poeti, ex-calciatori e etc.

IL SOGNO SENZA RETI DI MONTALE
Eugenio Montale, uno dei massimi poeti del ‘900, non era un appassionato di calcio, come alcuni suoi colleghi di chiara fama come, tanto per non fare nomi, Saba, Sereni, Gatto e Luzi. Però sul calcio elaborò riflessioni che trovarono spazio nella letteratura sportiva. Ad esempio “Sogno che un giorno nessuno farà più gol in tutto il mondo”. E’ una metafora contro la guerra, ma anche un qualcosa che ha una sua valenza filosofica o, semplicemente, esistenziale. Ma, non si limitò a questa sola frase, ve ne proponiamo alcune tra le più stimolanti.
- Dallo stadio calcistico il tifoso retrocede ad altro stadio: a quello della sua stessa infanzia.
- Non riesco a trovare alcun nesso tra una pedata al pallone, o agli stinchi di qualcuno, e il cosiddetto orgoglio nazionale. Piedi e patria per me non sono omogenei: non si fondono.
- Lo stadio offre partecipazione non tanto per i suoi magri spettacoli, quanto perché è l'aspetto visibile di una grande macchina che implica denaro a palate, scommesse, retroscena di ogni genere, ingaggi, disingaggi, uomini venduti a peso d'oro come merce preziosa.

PASOLINI, IL CALCIO E’ UN LINGUAGGIO
Per il grande regista e scrittore, il calcio era assimilabile ad un linguaggio. Con i suoi poeti e i suoi prosatori.
Più precisamente definì il football un sistema di segni che, analogamente ad un linguaggio, possiede le caratteristiche fondamentali di quello scritto-parlato. “Le parole” del linguaggio del calcio si formano esattamente - scrisse Pasolini in un articolo, saggio apparso su Il Giorno, il 3 gennaio del 1971 - come le parole del linguaggio scritto-parlato. Ora, come si formano queste ultime? Esse si formano attraverso la cosiddetta “doppia articolazione, ossia attraverso le infinite combinazioni dei “fonemi”, che sono, in italiano, le 21 lettere dell’alfabeto”.

Ecco alcuni dei più acuti aforismi pasoliniani sul calcio:
- Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro.
- Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell'anno.
Il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai.
Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del "goal". Ogni goal è sempre un'invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica.

E anche una struggente confessione:
I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora, e i miei amici, qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato lo “Stukas”: ricordo dolce bieco) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso.

VALDANO, L’INFANZIA HA L’ODORE DELL’ERBA
“Ogni volta che respiro l’odore dell’erba mi ritorna addosso l’infanzia.
Jorge Valdano
è stato tutto nel calcio professionistico: calciatore, allenatore, dirigente sportivo e infine scrittore e che scrittore!
Il filosofo del calcio, come è stato acutamente soprannominato, attualmente lavora, come commentatore sportivo, presso beIN SPORTS, un network di canali sportivi che appartiene a  beIN Media Group società del Qatar con sede a Doha.
Il colpo di fulmine per la letteratura colpisce Valdano in circostanze non liete. Si ammala di epatite B (processo infiammatorio a carico del fegato che ne danneggia le cellule ndr). Dopo le partite, di nascosto alla stampa, si recava in clinica per sottoporsi alla terapia. Si tratta di una patologia complessa, non esente da sofferenze fisiche e psicologiche e Valdano trovò sollievo e rifugio nei libri.
Ma la malattia e il calcio non erano compatibili, nonostante la grande forza di volontà del giocatore argentino.
La cura a cui mi sottoposero era molto aggressiva, consisteva nel farmi delle iniezioni ogni tre giorni che dopo poche ore lasciavano degli effetti terribili: sudori, tremori, febbre, nausea. Andavo a casa, mi mettevo a letto e il giorno dopo stringevo i denti e mi andavo ad allenare come se non fosse successo nulla, però non era così.”
Giocava nel Real Madrid e disputò la sua ultima partita con le merengues, a Belgrado, contro la Stella Rossa.
Era inverno, c’erano 17 gradi sotto zero. Rimase in campo, stringendo i denti, tutti i 90 minuti. Si iniettò, a fine gara, l’iniezione. Sull’aereo fu colto dalle convulsioni. Si ritirò a soli 31 anni.
La malattia lo aveva debilitato ed era ormai un altro uomo. 
Nel Real aveva giocato120 partite e segnato 56 gol. Ha scritto diversi libri sul calcio. In Italia è possibile leggere Il sogno di Futbolandia", il ritratto di un calcio che non c'è più, ma in cui continuiamo a sperare: quel gioco fatto di bellezza, generosità, sentimenti che ha la forza di un antidoto al calcio geneticamente modificato dei nostri giorni”.

Il Valdano-pensiero su Futbolandia
- Il giocatore è un attore obbligato a recitare un’opera sconosciuta davanti a un avversario che fa di tutto per impedirglielo.
Le cose stanno così. Il calcio è progredito come il traffico. Prima circolare era facile, adesso è diventato un inferno. Essendoci molte gambe che ti ostacolano, giocare con la palla a terra è difficile.
Il pallone attraversa l’atmosfera viaggiando verso il territorio nemico e, nel momento in cui si avvicina a terra, si trasforma in una lotteria.
Lo specialista del dribbling è un giocatore di poker che bluffa con tutto il corpo e si gioca il pallone faccia a faccia con il suo avversario: chi vince se lo porta via.
Garrincha morì senza spiegare perché aveva lasciato con il sedere per terra i migliori difensori del mondo. La sua elementare teoria era assai poco scientifica: “Come fa per seminare gli avversari?” gli chiese un giornalista. “Facile. Loro si distraggono e io passo” rispose l’angelo dalle gambe storte.
Corrono dietro al pallone. Chi arriva prima è l’astro, chi arriva secondo non è nessuno, è uguale all’ultimo; ma attenzione, se l’astro perde il pallone, ha corso per il nemico.
Quando il calcio è azione, il tanto desiderato equilibrio consiste in una semplice verità lapalissiana: allargare il campo se si attacca e restringerlo se si difende.

P.S. Il filmato allegato al post ritrae Nanni Moretti impegnato in un palleggio su un campetto di calcio. E' tratto dal film Caro Diario. In fondo è un aforisma anche questo video.
Ascoltate la musica che lo accompagna.

(SEGUE )