In queste giornate fredde e buie che precedono le feste più depressive dell’anno, occorre trovare alternative al Prozac (è un antidepressivo ndr).
In poche parole, senza farla tanta lunga, ci vogliono idee che diano una scossa alla giornata.
Le domeniche poi sono le peggiori. Producono lo stesso stato d’animo rappresentato dal famoso dipinto di MunchL’urlo – immagine che incarna il dramma esistenziale dell’uomo moderno.
Lo stimolo creativo, comunque, è venuto da un libro che, guarda caso, reca proprio come titolo Come nascono le idee.
Il libro è di Edoardo Boncinelli, fisico di formazione che però si è dedicato allo studio della Biologia Molecolare e della Genetica.
Cosa ci suggerisce il dottor Boncinelli? Ecco: “Le idee preesistono dentro di noi e sfruttano, per così dire, la nostra osservazione del mondo esterno per emergere e materializzarsi. La cosa migliore, quindi, per ciascuno di noi è quella di guardarsi dentro, di liberare le idee dall’involucro ‘larvale’ che le racchiude e farle sbocciare”.
Ci siamo quindi connessi con la nostra memoria e alla fine ci siamo detti: abbiamo parlato di calcio e letteratura, di calcio e cinema, di calcio e potere, di calcio e storia non ne parliamo proprio… ma di calcio e poesia ne abbiamo mai parlato? Accidenti…no!
E allora rimediamo. Abbiamo lacerato l’involucro ‘larvale’ ed è venuta fuori sta ideuzza del calcio raccontato in rime.
Ma c’è una corrente poetica, in Italia, che ha trovato ispirazione nelle concitate movenze di 22 persone che in mutande inseguono un pallone su un campo? Ebbene si… c’è! Andiamo a vedere di che si tratta.

UMBERTO SABA
L’anno in cui, calcio e poesia, in Italia, si incontrano per la prima volta fu il 1934. Non a caso, va precisato subito. Quell’anno, infatti, vincemmo per la prima volta i Mondiali. Affermazione che il regime Fascista non si lasciò sfuggire e la trasformò, soprattutto mediaticamente, in un efficace strumento di propaganda. Non è il caso di meravigliarsi. Negli anni a venire assisteremo al peggio del peggio in fatto di strumentalizzazioni politiche di eventi sportivi di grande richiamo. Il fatto certo è che quella vittoria fece nascere nel Paese un grande entusiasmo per il calcio.
Il precursore della corrente poetica, che trasse ispirazione dal football, fu Umberto Saba. Nacque a Trieste nel 1883, quando la città, dunque, faceva ancora parte dell’impero austro-ungarico. Suo padre, Edoardo Poli, agente di commercio apparteneva a una nobile famiglia di Venezia. La madre era Felicita Rachele Cohen, un’ebrea, nipote di Samuel David Luzzatto, ebraista, poeta e storico. Il padre lo abbandonò quando era molto piccolo e questo evento segnò profondamente la vita del poeta, la cui infanzia fu triste e malinconica a causa di questa assenza. Sua madre, inoltre, decise di farlo allevare da una balia slovena Gioseffa Gabrovich Schobar (detta Peppa Sabaz), che il poeta amò come una vera madre e considerò tale. La donna riversò su di lui un grande amore per compensare la perdita di suo figlio, amore ricambiato, in tutto e per tutto, da Umberto. Più avanti negli anni, proprio per richiamare il soprannome della balia, oltre che per onorare le radici ebraiche della madre (Saba in ebraico significa “nonno”), il poeta sceglie lo pseudonimo di Saba. Il Canzoniere raccoglie tutta la produzione poetica maggiore di Saba. È composto da 437 testi, scritti nell’arco di oltre mezzo secolo, ovvero tra il 1900 e il 1954. La scelta del titolo, Canzoniere, per la raccolta complessiva dei primi versi mostra in Saba una chiara volontà di riconnettersi alla tradizione italiana, avente come capostipite il Canzoniere petrarchesco. Il Canzoniere sabiano è organizzato in tre volumi. Ogni volume è a sua volta suddiviso in sezioni corrispondenti a raccolte pubblicate a sé.”

CINQUE POESIE PER IL GIOCO DEL CALCIO
Saba non era un amante del calcio. Andò per la prima volta allo stadio perché un amico gli regalò il suo biglietto per la partita Triestina -Ambrosiana. L’amico, quel giorno, era impegnato e Linuccia, la figlia di Saba, gli suggerì di donare al padre il suo biglietto. La ragazza era incuriosita, e parecchio, di quei giovanotti che giocavano al calcio. Nonostante la partita si concluse con uno scialbo e noioso 0 a 0, per Saba quella partita, segnò una svolta. Gli si accese la fiamma dentro e da allora divenne un appassionato tifoso degli alabardati e cantore del calcio.
In campo, quella domenica del 1933, c’era anche il mitico Giuseppe Meazza, che quel giorno, incredibilmente, fallì un rigore. Cose che capitano anche ai miti.
Nel ciclo Cinque poesie per il gioco del calcio, il poeta triestino, tratteggia – come rileva la critica letteraria – un “ritratto straordinario dello sport più amato dagli italiani, una narrazione avvincente in cui l’epica sportiva si fonde con la vita in una continua dinamica di vittorie e sconfitte, vinti e vincitori, grandi speranze e aspettative disattese. Quello raccontato da Saba non è solo calcio, ma un palcoscenico della vita umana che nella poesia sembra rivelarsi all’ennesima potenza in una grande spettacolarizzazione mettendo in evidenza l’emozione sincera e intensa che guida nel profondo ogni gesto umano.”

GOAL
Goal è stata definita la “poesia più cinematografica di Umberto Saba che mescola la solennità del linguaggio lirico a uno sguardo capace di cogliere il particolare spostandosi nell’ambiente con la precisione di una cinepresa “.
Con una certa nostalgia – l’abbiamo studiata in prima liceo – la riportiamo per intero.
Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia,
a non veder l’amara luce. Il compagno in ginocchio che l’induce
con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla – unita ebrezza – par trabocchi nel campo. 
Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli.

Pochi momenti come questo belli, a quanti l’odio consuma
e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere – l’altro – è rimasto.
Ma non la sua anima, con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola, si fa baci che manda di lontano.
Della festa – egli dice – anch’io son parte.

LA DOMENICA SPORTIVA DI SERENI
Saba ha tracciato la strada. Senza dubbio alcuno possiamo considerarlo il caposcuola di un filone di poesia sul gioco del calcio.
Due anni dopo la pubblicazione delle poesie del poeta triestino, è la volta di Vittorio Sereni. Nacque a Luino (Varese), sul Lago Maggiore, il 27 luglio 1913, figlio unico di Enrico funzionario di dogana originario della Campania, e di Maria Michelina Colombi di antica famiglia locale. Nel 1933,si trasferì  a Milano. Qui si accostò alla cerchia di intellettuali che facevano capo al filosofo Antonio Banfi. Si laureò in lettere con una tesi su Guido Gozzano. Cominciò quindi a lavorare come insegnante di italiano e latino nei licei milanesi. Frequentava intanto l’ambiente di letterati e artisti che facevano capo alla rivista Corrente. Nel 1941 pubblicò a il suo primo libro di versi, Frontiera (riedito nel 1942 con il titolo Poesie), ancora vicino alla poetica dell’Ermetismo.
Sereni fu anche attento amante dello sport, ma amava in particolare il calcio. Lo vedeva come un evento di grande impatto sociale portatore di distrazioni, di tifo e compagnia, di amicizie e di rivalità. Grande tifoso dell’Inter, nel 1935 scrive Domenica Sportiva. Alcuni critici sostengono che in realtà la poesia è stata messa a punto, definitivamente nel gennaio del 1936, dopo la vittoria, in Coppa Italia, dell’Inter sulla Juventus.
Sulle passioni calcistiche dei poeti italiani c’è tutta una divertente aneddotica. Ad esempio, il Nobel Montale, pare che leggesse ogni giorno – da cima a fondo – la Gazzetta dello Sport. Ma non voleva si sapesse in giro. Se riceveva visite la nascondeva sotto i suoi preziosi libri. Solo l’occhio attento del visitatore si accorgeva di quelle striature rosa che fuoruscivano  da quei ponderosi volumi. Sereni, invece, della ‘rosea’ era un lettore accanito e non ne faceva mistero. Si nutriva - diceva - del rumore popolare che affiora «dietro le barriere di folla» degli stadi e scorge anche quel gusto romantico della passione per il calcio che ammalia e «fiorisce fazzoletti di colore sui petti delle donne» come recita un bel verso della sua Domenica sportiva. 
C
on Pasolini, tifoso accanito del Bologna, Sereni diede vita a una sorta di sfida tra ultrà. In occasione delle partite, tra le due squadre, Pasolini, insieme con Paolo Volponi, poeta civile di Urbino partivano da Roma verso Milano, destinazione San Siro per assistere a Inter-Bologna. «Intanto ti avverto Vittorio che domenica il mio cuore è a Milano insieme a quello grassoccio di Volponi: tutti e due a palpitare fino all’orlo della trombosi. E mi dispiace che la gioia nostra sarà la tua disfatta», scriveva Pasolini in una missiva decisamente dal tono “ultrà”, alla quale Sereni ribatteva da par suo dalla curva nerazzurra: «Ieri ho visto al 90°, sul cielo di San Siro, effondersi il tuo ghigno e il serafico sorriso di quel Volpone di Volponi”.

Leggiamo adesso la sua Domenica Sportiva.
Il verde è sommerso in neroazzurri
Ma le zebre venute di Piemonte
sormontano riscosse a un hallalì
squillato dietro barriere di folla
La passione fiorisce fazzoletti di colore sui petti delle donne
Giro di meriggio canoro, ti spezza un trillo estremo.
A porte chiuse sei silenzio d’echi nella pioggia che tutto cancella.

EDOARDO SANGUINETI, ALE’ GENOA
Il 9 dicembre del 1930 nasceva a Genova Edoardo Sanguineti. Poeta, drammaturgo, critico letterario, traduttore e saggista. Uno dei protagonisti delle neoavanguardie del secondo ‘900. Professore di Letteratura italiana nella facoltà di Lettere delle Università di Torino, Salerno e Genova. Giusto anche ricordare che è stato tra i fondatori del Gruppo 63, nato con l’obiettivo di distaccarsi e rivoluzionare i canoni tradizionali della letteratura italiana degli anni’50. Bellissima la definizione, attribuitagli dalla critica, di artificiere del linguaggio e formidabile poeta della provocazione e del gioco, è stato anche attivo nella vita politica locale e nazionale. Tifava per il Genoa. In occasione del centenario della fondazione della società rossoblù (1992) e della pubblicazione di un libro celebrativo Sanguineti, guardando una foto del fondatore del Genoa, James Spensley scrisse questa poesia:
Con gli occhi caldi, qui, del Dottor Spensley (se metto insieme e preistoria e protostoria e storia), un secolo calcistico mi scruta: (sta mezzo abbandonato, le gambe accavallate: trascura un volumone, aperto al suo fianco, per guardarmi, e tutti gli altri libri, schierati là negli scaffali, fitti: e si regge la testa, con una mano, taciturno, ormai): la vecchia sfera gira sempre, tra i nostri piedi, inquieta, accarezzata dai venti marini: (e, sotto, i nostri piedi, ruota ancora la sfera del pianeta): fotografie superstiti (piene di tempo, popolate di morti noti e ignoti) additano, per frammenti di lampo, questa lunga leggenda è rossa, è blu...

(SEGUE)