Correva l’anno 2018, quando un biondino varcava il cancello di Trigoria con lo sguardo di chi “ci crede”, di chi è convinto di essere molto più che un infante inserito per caso in una trattativa. Lo scetticismo tra i tifosi, veniva scongiurato dagli addetti ai lavori, loro assolutamente consci del valore di quel ragazzino che tanto bene aveva fatto in Primavera con l’Inter. La stessa Inter, non pareva del tutto convinta di farne una contropartita, caldeggiando altri nomi per fare “ciccia”, parte di quei 40 milioni complessivi necessari per arrivare a Nainggolan, l’uomo per cui Spalletti si sarebbe messo in ginocchio. E cosa vuoi che sia perdere un giovane per assicurarsi un campione? Temendo comunque di lasciar andar via un possibile top, i nerazzurri si garantirono una percentuale sulla futura rivendita dello stesso, un 15% che poteva essere poco, oppure moltissimo in base a cosa l’imberbe sarebbe diventato. 

Non lo nascondo: quella operazione proprio non la digerivo. Radja Nainggolan cacchio! Il nostro condottiero, un guerriero impavido e con lo sguardo da rugantino. Il tipico giocatore che sta tremendamente antipatico a chi non ce l’ha, ma che esalta a dismisura chi gode di quella “bad face” e del suo darsi mai per vinto in ogni duello, in ogni centimetro del terreno di gioco. Uno dei centrocampisti più forti in circolazione a una diretta concorrente: no cavolo! No! E non me ne voglia il povero Santon, ma i 9 milioni e passa che venne valutato, ancora gridano vendetta. Dopo il -15 alla Juve, chissà se a qualcuno non stonano pure quei 9 milioni. Zaniolo invece, valutato 4 e mezzo, ci stava eccome. Sarebbero stati persino derisi di li a qualche mese, i dirigenti nerazzurri. E pensare che per il pessimo Ramon Monchi, con gli occhi “esperti” da ex portiere, Zaniolo non era neanche il primo nome sulla lista: l’allora direttore sportivo giallorosso voleva il rumeno Radu, portiere oggi noto a tutti, e non per le prestazioni eccellenti. La semifinale di Champions ci aveva assicurato una pioggia di milioni, uno sponsor sulle maglie di primissimo piano e legittime ambizioni di sederci al tavolo elitario d’Europa. Tutto lasciava presagire a una campagna estiva di grosse soddisfazioni: pochi accorgimenti dal mercato, e quella Roma sarebbe stata da scudetto.

E invece? Invece accade un qualcosa di tipicamente romanista: tutto sfasciato sul più bello. Via Nainggolan, via Alisson e per non farci mancare nulla, via Strootman tra l’altro a mercato in entrata chiuso. Una caterva di arrivi non fece altro che mettere in subbuglio un gruppo a cui sarebbero bastate un paio di pedine per ambire al titolo e per continuare virtuosamente in Champions. Pastore, Schick, Olsen, Cristante, Kluivert, solo alcuni dei nomi che giunsero nella capitale nella fatal stagione. Chi non arrivò, e sembrava vicinissimo ad approdare, il marocchino Ziyech, oggi come allora sul taccuino dei dirigenti della Roma. Per uno Zaniolo che metteva per la prima volta la casacca giallo ocra e rosso pompeiano, uno Ziyech che invece restava al palo, sedotto e abbandonato da Monchi. Il fantasista oggi in forza al Chelsea, visse una stagione di grazia in Olanda con gli “aiacidi”, sfiorando addirittura la finale di Champions, persa all’ultimo respiro per mano del Tottenham di Pochettino. Come legati dal destino, dopo cinque stagioni, sono ancora loro a tenere banco in casa Roma: Zaniolo con le valigie in direzione Milan o Tottenham, Ziyech ancora una volta con vista Olimpico, come sognava di fare con l’amico Justin Kluivert. Soprattutto come sognava Totti: fu proprio l’ex capitano e dirigente romanista a segnalare il “sette” del Marocco. Per tutta risposta invece, arrivò il ventinovenne Javier Pastore, falcidiato dagli infortuni negli anni e ad una sola stagione dalla naturale scadenza del contratto, alla modica cifra di 24 milioni e “spicci”. In tutto questo, Di Francesco, allenatore della Roma, chiedeva a gran voce e da due anni un esterno destro di piede mancino, individuato dallo stesso nel pupillo Berardi: il barbiere di Siviglia gli prese prima Schick, poi…Nzonzi!

A difesa - l’unica, e per quanto fatto certamente non meriterebbe attenuanti - dell’attuale ds del Siviglia, il mancato arrivo di Malcom, lui si, esterno destro mancino, strappato letteralmente dall’aereo per Roma e dirottato dai blaugrana in catalogna. Col senno di poi, non ci siamo persi nulla, ma non è che sia andata meglio, anzi. Alla fine, nel buio più tetro delle notti tumultuose, spuntò Zaniolo Nicolò, di anni 19: prima da titolare al Santiago Bernabeu. Un esordio da sogno che faceva pensare da subito a un futuro top mondiale, non a caso quella prima gli valse l’appellativo di “predestinato”. Ancora prima che venisse fuori con i lupacchiotti, il commissario tecnico Mancini, lo convocò in azzurro, facendo chiedere a tutti chi fosse quella mezzala sbarazzina. Ce lo chiedemmo tutti nella notte madrilena, notte che comunque ci vide soccombere sotto i colpi dei formidabili spagnoli. Poco male: era ufficialmente nata una stella. Da sapiente gestore, Eusebio cercò di preservare al meglio il giovane, un ragazzo che comunque non sembrava aver bisogno di “freni”, piuttosto di fiducia. Fiducia che non mancò affatto, e il primo gol in serie A arrivò proprio contro quel Sassuolo plasmato anni prima da Di Francesco: una stupenda cavalcata sulla fascia destra conclusa con uno scavetto di Tottiana memoria. Un gol bellissimo che faceva solo da preludio a quella che ad oggi, eccezion fatta per la notte di Tirana, è la più grande pagina della storia calcistica del ventitreenne di Massa Carrara. Il 12 Febbraio del 2019, sotto lo sguardo di uno Stadio Olimpico al solito gremito di gente, Nicolò Zaniolo si manifestò al mondo intero con una strepitosa doppietta realizzata contro il Porto, nell’andata degli ottavi di finale di Champions League. Il gol di Adrian al 79°, smorzò gli entusiasmi del pubblico, non al punto da cancellare uno stato d’estasi in cui eravamo caduti tutti, nessuno escluso. I successivi momenti in maglia Roma, non facevano altro che confermare il talento cristallino dell’ex Inter, considerato dai più il maggior talento italiano di questa generazione.

Poco prima che il Covid si prendesse la scena globale, per i romanisti una prima notizia fece presagire che il 2020, proprio non sarebbe stato un anno felice: il 12 Gennaio dell’annus horribilis, Roma e Juve si sfidavano per la 19° giornata, l’ultima d’andata del campionato più spezzettato della storia recente. La Juventus metteva la partita in discesa dopo appena dieci minuti, grazie alle reti di Demiral e Ronaldo. Roma in bambola, ma che tuttavia si scuoteva con il suo uomo migliore, ancora una volta Nicolò Zaniolo, che portava palla al piede dritto per dritto, indomito, inarrestabile verso la porta bianconera. Nell’ultimo taglio a eludere la tripla marcatura della retroguardia juventina, il ginocchio del ventidue faceva miseramente crack, spezzandosi insieme ai cuori dei tanti lupacchiotti che assistevano inermi all’ennesima ingiustizia del destino. Ad un tratto perdere 0-2 contava meno di niente: gli occhi gonfi di lacrime di Zaniolo, la carezza di Cristiano Ronaldo immedesimato nel dramma del ragazzo, solo il prologo di una serata nefasta che proseguì fino a notte inoltrata per chi come me, e come i tanti fratelli giallorossi a ogni latitudine, non poteva assolutamente accettare quella realtà in cui, ancora una volta, il nostro talento più grande si infrangeva nel momento in cui stava per schiudersi definitivamente. “Tornerò più forte di prima, ve lo giuro”: il commento social dello sfortunato protagonista. “Come Back stronger”: se c’è una frase che mi provoca fastidio, ai limiti dell’odio, è proprio questa.

Dopo numerosi accadimenti, posso accertare dati alla mano che non esiste frase che porta più sfiga della suddetta, seguita a ruota dal famigerato “non succede, ma se succede”, la quale riduce a zero le possibilità che l’insperato diventi realtà. Iniziava così, il lungo travaglio di un ragazzo che aveva mostrato una luce riconducibile a pochi. Quando tutto sembrava passato, con lo stesso di nuovo in campo nella medesima lunghissima stagione del Covid, il biondo di Massa ricadde ancora, stavolta con la maglia della Nazionale, nella drammatica amichevole Italia-Olanda di inizio settembre. Un intero anno fuori, poi il ritorno in campo nella scorsa stagione, come prevedibile difficile e con alti e bassi, ma con la soddisfazione di aver contribuito direttamente a riportare un trofeo a Roma il 25 maggio 2022. Finalmente sole? Macchè! In estate le voci di un possibile addio di Zaniolo si sono rincorse fino a pochi giorni dalla chiusura della sessione, con lo stesso che seppur non dando voce netta ai pensieri, aveva fatto intendere tramite il suo agente e con un’intervista lasciata a Sportweek di vedere di buon occhio un trasferimento. Gli arrivi di Dybala e Wijnaldum, portavano lo stesso a cambiare idea, convinto da una Roma che sembrava fare sul serio, avendo puntato su uomini di spessore assoluto. In un contesto così forte, Zaniolo si sentiva certo di potersi esaltare oltremodo, e dello stesso avviso era senz’altro Mourinho, ben felice di poter contare ancora sul ventidue. Così è stato, a dirla tutta, praticamente fino all’ammutinamento di La Spezia. Congetture di qualsiasi tipo a parte, il tecnico lusitano ha dimostrato con i fatti di puntare in maniera decisa su Zaniolo, schierandolo in ben 17 occasioni, tra campionato e coppe: un minutaggio da assoluto protagonista. Motivi per preferirgli alternative, oggettivamente ne avrebbe avuti. Chi segue la Roma sa benissimo quanto sia stata negativa questa prima parte di stagione offerta da Zaniolo: si riduce praticamente all’apparizione casalinga contro il Ludogorets, nell’ultima di Europa League, l’unica prestazione di livello della mezza punta romanista. Nonostante tutto, il pubblico immensamente innamorato di Nicolò, non ha mai lesinato applausi, neanche nelle giornate più difficili, eccezion fatta per l’ottavo di Coppa Italia contro il Genoa, nel quale venne sostituito all’86° dopo l’ennesima prova incolore. E’ mai possibile che un calciatore, amatissimo dai supporter, metta su una polemica del genere per due fischi?

Sostenuto fino all’inverosimile, difeso strenuamente dai più nonostante un’incisività pari allo zero, l’ex Entella si è permesso il lusso di strappare con la Roma, di rendersi indisponibile per la trasferta di La Spezia e contestualmente chiedere la cessione nonostante non avesse offerte concrete sul piatto. Un comportamento inaccettabile che ha messo la società con le spalle al muro, costretta ad ascoltare offerte al limite dell’offesa: 18, i milioni messi sul piatto dal Milan per accaparrarsi il ventitrenne. Kiwior, per citare un esempio recentissimo, è passato dallo Spezia all’Arsenal per 25 milioni. In buona sostanza, la svalutazione in atto dell’attaccante, comporta che lo stesso abbia una valutazione inferiore a un difensore giovane, certamente bravo, ma che era in forza allo Spezia, senza offesa per i liguri. Per di più i rossoneri offrono la suddetta cifra a condizione che a fine campionato riescano a rientrare in Champions League, obiettivo certamente alla portata per i campioni d’Italia in carica, ma al tempo stesso tutt’altro che scontato in una stagione che li vede momentaneamente secondi, con una sola lunghezza di vantaggio sul trittico formato da Roma,Lazio e Inter. A sentire le voci, anche un tot di presenze come condizione ulteriore per l’obbligo di riscatto. E’  facile intuire che sarà molto complicato arrivare alla cessione alle condizioni messe sul piatto dal Milan. Ancora più difficile se si pensa a quelle che sono le richieste di Tiago Pinto, intenzionato a ricavare almeno 30 milioni dall’uscita della mezza punta. Anche la proposta del Tottenham, pur avvicinandosi maggiormente alle richieste dei giallorossi, non si discosta dalla formula proposta dai rossoneri: prestito con diritto che diventa obbligo a 25 milioni in caso di approdo in Champions. La distanza è importante, ma probabilmente potrebbe essere anche colmata al ribasso se il Milan o gli “spurs” accettassero di prendere Zaniolo a titolo definitivo, senza clausole che prevedano di rispedire il calciatore al mittente.

 E’ un po’ quel che in generale blocca il mercato in uscita dei giallorossi, impegnati anche nella cessione di Shomurodov e Karsdorp, allo stesso modo fermi al palo perché nessuno disposto a garantire l’obbligo di acquisizione. A meno di una settimana dal termine del mercato invernale, è quindi sempre meno certa la partenza di Zaniolo, il quale nel caso dovesse uscire, probabilmente verrebbe come già accennato, rimpiazzato da Ziyech. Il marocchino - secondo le voci che arrivano da radiomercato - sembrerebbe anche propenso ad accettare la soluzione Roma, ma non a condizione di decurtarsi l’attuale ingaggio, che oggi gli vede percepire la bellezza di 6,5 milioni annui. Il decreto crescita, in tal senso, verrebbe in contro alle difficoltà giallorosse, ma non abbastanza da rendere lo stipendio del trentenne facilmente digeribile. Il tempo scorre inesorabile, e con meno di una settimana di mercato ancora a disposizione, pare davvero arduo arrivare a una soluzione che possa soddisfare tutte le parti in causa. Zaniolo, nella figura di Vigorelli, il Milan in quella di Maldini, sperano che il passare dei giorni ammorbidiscano le posizioni della dirigenza romanista, riuscendo ad arrivare a dama a quelle che legittimamente ritengono siano le giuste condizioni per un calciatore che ha manifestato malcontento e che ha un contratto in scadenza nel giugno del 2024. Come dicevo, Roma messa in grosse difficoltà proprio dal “suo” beniamino, colui che solo poco tempo fa giurava fedeltà e amore eterno, arrivando persino a fare quel gesto tanto intenso, quanto stupido: baciare la maglia. 

Caro Nicolò, ti abbiamo amato alla follia, e ti dirò, sono anche certo che ci tenevi davvero, ma in futuro, dovunque andrai, te lo dico come fossimo amici: evita! I soldi fanno l’amore. Questo è il quadro che ne esce. Ma vedi, mio caro Nicolò, i soldi vanno anche meritati, e i fischi accettati: si risponde in campo al dileggio, e sempre nello stesso rettangolo si dimostra di valere quanto si pensa di valere. Sono abbastanza sicuro, nostro malgrado, che Zaniolo qualora dovesse vestire i colori del “diavolo”, farà bene, in un sistema di gioco che gli è certamente più congeniale. Dopotutto è proprio da esterno destro che ha dato il meglio di se. In un 4-2-3-1, potrà sfoggiare tutta la sua esplosività, seppur senza avere - almeno per quanto visto in questi mesi - quel cambio passo devastante che lo faceva diventare letale in campo aperto. La mia sensazione è la stessa di Mourinho: alla fine, Zaniolo resterà. Con quale spirito? Certamente controvoglia, ma con la stima di sempre da parte dell’allenatore, il quale, ne sono abbastanza convinto, il giorno dopo la chiusura del mercato invernale riconsidererà l’ex Inter parte integrante del suo spartito tattico, al pari dell’epurato Karsdorp, ora in disparte e in attesa di sistemazione, dopo, qualora non trovasse una nuova casacca da indossare, nuovamente a disposizione e in ballottaggio con Celik per una maglia da titolare. “Posso sbagliare, ma penso solo al bene della Roma”: queste le parole di Mourinho dopo Spezia-Roma; affermazioni che non possono non prevedere il reintegro, necessario, dei due scontenti, nel caso in cui il destino non riuscisse a provvedere diversamente. Da romanista deluso, mi auguro davvero che l’olandese e soprattutto l’azzurro, riescano ad essere felici altrove, permettendo l’arrivo di calciatori che abbiano davvero desiderio di difendere i nostri colori.

Caro Nicolò, ti auguro il meglio nonostante tutto. Resterai sempre legato alla nostra storia: la finale di Tirana porta la tua firma e questo non cambierà.

Non cambierà purtroppo, neanche l'atteggiamento infantile che ti ha accompagnato in questo quinquennio, culminato alla soglia dei ventiquattro anni con la pessima e inconcepibile decisione di renderti inconvocabile. Qualunque sia la maglia che vestirai, dovessi restare o meno, ricorda che la maglia conta più del nome, e un insieme di lettere non è un nome, se non lo rendi tale.

Buona vita!

FR27