Luci e addobbi colorano le città in attesa del giorno più speciale dell’anno. Che si sia cristiani o meno, nulla empatizza come il Natale: sacro e profano si uniscono nella speranza di un domani che abbracci la pace anziché l’odio. Che sia la nascita del signore, l’albero, o Babbo Natale, simbolismo religioso o pagano avvolgono un’aurea di positività volta alla speranza.
Come sempre, dalla metà di novembre comincia la mia caccia personale agli addobbi da aggiungere alla enorme collezione di cianfrusaglie natalizie. Non che sia da farsene un vanto, e anzi, peggioro paurosamente di anno in anno. Ne sa qualcosa la mia Jay, costretta a seguirmi in ogni dove nella spasmodica ossessione di trasformare casa in un villaggio lappone in piena regola: che sia soggiorno o cucina, camera da letto o bagno, ogni angolo percepibile ha il tocco magico del Natale. Persino l’aria! Vendono una fragranza per tessuti che sa di… Natale! Si dai…avete capito cosa intendo… il Natale ha il suo profumo… sa di cannella, arancio essiccato, biscotti allo zenzero e una spolverata di cacao. Quest'anno mi ero detto: "vabbè...l'appartamento questo è...ormai ho tutto e non c'è nemmeno spazio...quanto vuoi che spenda a sto giro? Stavolta spese mirate e parsimoniose! Colcapperoperò! Ancora non era arrivata la tredicesima e già era virtualmente tra le mani degli esercenti di mezza Brianza. Il prossimo Natale però mi sa che...

Ai se eu te pego Papa Noel!” (Se ti prendo Babbo Natale!!) La minacciosa frase che Jay ripete da Novembre e Gannaio, promettendo di suonarle di santa ragione al barbuto più amato del mondo. Sì, sono esagerato lo ammetto. Tra un po' mi dovrò trasferire come minimo a Melegnano per occupare la ormai celebre "casa di Babbo Natale". 
Vivo le feste in maniera del tutto infantile, ma dove c’è passione non c’è insania giusto? Si dai, dev’essere così. Non sono pazzo. Sono solo innamorato del Natale. Tutto qua.
L’amore per le feste in realtà arriva da quello per i miei nonni. Ricordo vividamente i cenoni delle vigilie da bambino: i nonni paterni Ugo e Giuseppa, zii e cugini tutti alla stessa tavola. Mia nonna aveva un sorriso incredibile. Durante le feste era radiosa. Mio nonno, dal canto suo, aveva sempre un atteggiamento un po’ burbero, ma era per prepararsi meglio alle “faide” con mio padre, sempre pronti a stuzzicarsi nel duello eterno tra juventini e interisti. Tra le tante leccornie che popolavano la tavola, quelle che proprio non potevano mancare erano il famigerato capitone - che poi fondamentalmente piaceva solo a mio padre e a mia nonna, ma “nu piezz te a magnà! O capitone è pe augurio!” - la frittura di pesce - tra cui gli anellini di calamari di cui ero e sono tutt’ora innamorato -  e poi a fine pasto, “per digerire” tonnellate di pistacchi e arachidi. Ma quel che cascasse il mondo, a talvolta era imperativo, era la bottiglia di vino: senza vino a tavola mia nonna non si sedeva neanche! A volte nascondevo il vino per farla innervosire:
Nonna: FR… addo stà o’ vino? FR: Nonna o’ vino nun c’è. Nonna: Comm nun c’è? E che m’aggia beve? (Cosa bevo?) FR: L’acqua nonna.  Nonna: L’acqua mbraceca e bastimient a mare! (L’acqua imputridisce i bastioni in mare!) FR: Nonna o’ vino fa male! Nonna: Vuò verè cumm ma bevo sul ij una sana sana? (Scommetti che riesco a berne una bottiglia intera?) FR: Nonna…o’ vino fa male! Nonna: ma che fa male! So vecchia! A te fa male!

Fagocitata anche la frutta secca, ovviamente una fetta di panettone e un goccio di “lambiccato”, ossia un vino bianco dolcissimo e a bassa gradazione alcolica, tanto da permetterne un sorso anche a noi bambini. Un odore di mandarino a quel punto cominciava a permeare il soggiorno, sconfiggendo l’odore di frittura di pesce e tutto quanto di umanamente digestibile: era il momento della tombola, e le bucce di mandarino divenivano frammenti per coprire sulle cartelle i numeri estratti.
Ne parlo e mi sembra di sentire profumo e urla di quei momenti. Ovviamente chiunque in possesso del tabellone, legava la simbologia della smorfia ai numeri estratti, facendo durare partite altrimenti da pochi minuti, ore interminabili. Che bello era però. La magia del Natale riempiva quei giorni che avrei voluto senza fine.
A mezzanotte poi, c’era la messa: un intero gregge di fedeli in dormiveglia seduto ai tavoli della Chiesa; ogni tanto si sentiva pure qualche rumorino nefasto che, diciamo, faceva “atmosfera”. Il più sveglio di solito era il nascituro che veniva selezionato per fare “o’ bambiniello”: l’unico che permetteva di tenere alta la concentrazione dei parrocchiani a mezzanotte e mezza, oltre al tentativo del prete di predicare a voce alta, che finiva solo per coprire qualcuno talmente a proprio agio da lasciarsi andare ai versi della notte.
Ma Natale erano anche le visite dai nonni materni Francesco e Gerarda, oltre a zii e cugini che vivevo un po’ di meno a causa della distanza. Mio nonno era golosissimo, e non faceva mai mancare una barretta di cioccolata a ogni nostra visita. Che nostalgia nonnino mio! Nonna Gerarda, nonostante i tanti nipoti, cercava sempre di regalarci una paghetta, rammaricandosi quando proprio non riusciva. Le tavole li erano infinite e bandite di ogni, pronte a svuotarsi celermente quando si passava ai giochi da tavola e all’immancabile “7 e mezzo”, un must indiscutibile nel periodo natalizio. 
Se oggi il richiamo al Natale arriva da metà Novembre, non era diversa la situazione da bambino, anche se l’autentica magia sbocciava con il suono delle zampogne, di prassi ai primi di Dicembre. La musica dei zampognari era poesia per le mie orecchie da fanciullo:  “tu scendi dalle stelle” era un richiamo irresistibile per tutti i bambini della zona, che accorrevano per strada sin dalle prime note.
Il 4 Dicembre poi, con il compleanno di mia nonna Giuseppa si facevano le prove generali delle abbuffate natalizie: pastiere di grano, struffoli, roccocò…insomma dolciumi per tutti i gusti. Il panettone di solito finiva per essere inzuppato di mattina nel latte, relegato a dolce di serie B pur non essendolo, anzi!
Ad essere sincero, ai tempi era un dolce che non mi faceva impazzire. Gli anni meneghini e brianzoli me l’hanno fatto rivalutare parecchio! Adesso bazzico in pasticcerie e fiere alla ricerca dei panificati più succulenti… chi l’avrebbe mai detto! Certamente non l’effe-erre adolescente!

Qual è la canzone di Natale che più si avvicina al vostro spirito natalizio?
Faccio girare i dischi nel jukebox e sono talmente tante quelle che narrano il periodo in maniera esemplare da rendere praticamente impossibile la scelta. Mi verrebbe da dire che la più bella è “Happy Xmas” di John Lennon, ma come fai a metterla davanti a “Astro del ciel cantata dalla Pausini”? E Thank God It’s Christmas dei Queen? Grazie a Dio è Natale…esiste un titolo più geniale? Ce n’è una bellissima scritta da Guy Chambers (compositore di “fiducia” di Robbie Williams) insieme all’attore Iwan Rheon, per intenderci il tremendo Ramsay Bolton della serie “Trono di Spade”. Ebbene, il bravo attore gallese ha una voce apprezzabile ed evidentemente anche una buona vena compositiva. La canzone si chiama “Christmas Morning”, incisa per il film “A Christmas Number One” uscito nel 2021 su una nota emittente televisiva. Purtroppo non ne esiste una versione pubblicata sull’amato vinile, ma sta riempiendo le mie giornate grazie alle maltrattate casse dello smartphone. Il film racconta di una ragazzina affetta da una malattia terminale che ha il desiderio di vivere al meglio gli ultimi giorni della sua breve vita. Consapevole delle qualità canore di zio Blake (Iwan Rheon) - musicista che non se la passa benissimo - ma anche del suo cronico posporre impegni seri, gli chiede come dono di Natale di dedicargli una canzone; questi raccoglie l’invito e scrive la stupenda canzone di cui sopra. Non starò qui a scrivere l’intero testo, ma nell’inno che Iwan fa all’amicizia, c’è una frase che rimane in testa: 
You taught me to be lighter through the storm” / Mi hai insegnato ad essere più leggero durante la tempesta
Uscire dai protagonismi e vivere anche momenti difficili con leggerezza, credo sia la chiave per godersi la vita al meglio delle proprie possibilità. 

Sono sicuro che anche il compianto Sinisa Mihaijlovic, pur vivendo una vita da guerriero indomito si sia potuto ritrovare in qualche momento della sua battaglia affine a questo pensiero. Forse è stato proprio ciò che gli ha dato maggiore forza. Cosa sarebbe se non questo il calcio? O no? Forse non per lui. Il Bologna per il serbo era una missione al pari del tenersi aggrappato al mondo. Forse entrambe le cose erano parte della stessa guerra. Forse essere allontanato dalla sua squadra l’ha distanziato anche dal mondo terreno. Probabilmente sto scrivendo solo cavolate ed era semplicemente giunto il momento nonostante tanta forza.
Sinisa non ci è arrivato a vivere l’ennesimo Natale. Perdere un genitore o una persona in questo periodo è forse più doloroso che in altri momenti? Difficile da dire. Può essere. Si finisce per legare l’evento negativo alla ricorrenza.
Mio nonno Francesco morì la notte di Natale, lasciando la vita con una frase emblematica, di consapevolezza: “sto aspettann o bambiniello”. Avevo dieci anni e forse il non comprendere appieno mi aiutò a fuggire dalla tristezza. Mia madre, al contrario, ovviamente ne soffrì tremendamente e anche se cerca di non darlo a vedere, dubito che il tempo abbia cambiato le cose.
Anche la mia Jay vive il 25 dicembre con la medesima tristezza, avendo perso il padre nello stesso giorno. Anche suo padre adorava il Natale, e avrebbe vissuto la festa con l’entusiasmo di sempre. E allora Jay, vivi il Natale con gli occhi del tuo papà! Non trascinarti nel baratro della tristezza, ma fai dei ricordi un motivo per sorridere! “Joy to the world, the lord is come” cantava con tutta la potenza del suo timbro Aretha Franklin. Gioia al mondo! Il solo sentirlo mette di buonumore. Almeno a Natale. Almeno nel periodo più speciale dell’anno, bisogna trovare la forza di scacciare la negatività e sposare le cose belle che abbiamo. Abbiamo persone da amare. Fratelli, amici, figli, nonni, nipoti, mogli, mariti, fidanzati. Abbiamo la vita finché siamo vivi e dobbiamo fare in modo di dargli senso. Dobbiamo onorare chi ha provato a tenersela stretta come Sinisa, o come continua a fare il mio amico Max, nonostante le centinaia di pillole al giorno e le decine di operazioni che ha dovuto subire.
Che si creda o meno alla venuta di Cristo, che sia vero o meno che il 25 Dicembre dell’anno zero sia nato il salvatore, Natale resta il giorno convenzionalmente scelto per riflettere e per trovare il bene dentro di noi. Stare bene con se stessi è il primo passo per dare al mondo il volto che vorremmo sempre vedere. Bene e male coesisteranno sempre, indissolubilmente. Andarsi a cercare screzi inutili però mi sembra quantomeno insensato.

Certe volte anche sul blog capita di leggere commenti aspri, pieni di risentimento. Ragazzi…scialla! E’ un blog! La competitività c’è ovunque e si concorre comunque con l’obiettivo di portare a casa successi, ma non è che con i 20-30-100 o i mille in un anno si diventa ricchi, né tantomeno si vince il premio "best blogger in the world", seppure qualcuno per capacità mostrate e conoscenza, varietà di argomenti e dettagli, concorrerebbe senza timore. Poi certo, in generale un pezzo può piacere o meno così come uno ti può stare antipatico a prescindere, ma…anche meno! No? Si dà il proprio contributo pensandolo con fare "liberatorio": questo sono io! Ti sto sulle balle? Va bene. Non si può piacere a tutti. Volendo si può anche non leggere quando la si reputa una perdita di tempo. Il tempo poi è prezioso.  Da quando ho ricominciato a scrivere mi sono ricordato perché fosse così importante per me, e quanto mi ha aiutato nel mio percorso da ragazzo a uomo. Questo conta: essere felici! Trovare serenità in qualsiasi modo, che sia ascoltando un fantastico vinile o mangiando un gelato. Guardando una partita o giocandola. Andando a lavoro o dando un bacio alla propria metà. Facendo carriera o restando al proprio posto. Scrivendo un pezzo o facendo diventare casa un villaggio lappone. Forse si può essere felici anche sminuendo, insultando. Evidentemente ognuno ha il suo modo.

Everybody’s talking about… this-ism, that-ism, ism, ism, ism. All we are saying is give peace a chance” “Tutti parlano di questi-smo, quell’ismo, ismo,ismo,ismo. Tutto quel che diciamo è date una possibilità alla pace”.

Mentre addobbavo casa di frivolezze, John e Yoko facevano il loro ingresso grazie alla magica puntina sul disco. Una canzone a dirla tutta non propriamente natalizia essendo stata pubblicata nel luglio del 1969 con il chiaro scopo di opporsi al vomitevole conflitto in Vietnam. Un pezzo dai toni semplici, diretti, ma proprio per questo che colpisce senza troppa retorica, anzi, se ne fa gioco. “Date una possibilità alla pace”: semplice come uno striscione ad un concerto e potente come un gancio ben assestato.
Comunque, se non ci ha cambiato la pandemia nonostante tutto quello che ha significato tra privazioni e obblighi, non vedo proprio come si possa migliorare. Ma a Natale, almeno a Natale, la magia riesce, e di questi tempi bisogna tenersi stretti i momenti. 

Momento che si terrà stretto Leo Messi, finalmente campione del mondo con la sua albiceleste. Grazie all’Argentina, posso vantarmi di aver azzeccato più di qualcosa nel pezzo “mondiale: un sogno da bambino con le braccia verso il cielo”; nello specifico lì dicevo che la concreta possibilità di vincere la coppa era tra le mani di Brasile, Argentina, Francia e Germania. Ora se per i “crucchi” ho toppato clamorosamente - grazie al cielo aggiungo - due delle quattro sono arrivate alla finale, e mi ero sbilanciato dicendo che la coppa sarebbe andata in Sudamerica. Certo, avrei preferito che vincesse il Brasile, ma veder trionfare Messi è quel che serviva per far tacere chi ancora gli imputava di non essere decisivo fuori dal contesto Barça.
Devo fare però un’amara confessione: nonostante la logica avversione per la Francia, vedere quel ragazzone fare quel che ha fatto, mi ha gasato al punto da parteggiare per lui nel finale. Aggiungo che non sono tanto i primi due gol che mi hanno colpito, piuttosto il rigore al 120°: quel penalty era una sentenza di vita o morte e lui ha risposto vita. Non era assolutamente facile.
A ventitré anni si è caricato la Francia sul groppone e quasi da solo l’ha portata ad un passo da un successo che sembrava impensabile solo mezzora prima. Otto gol. Tre in finale. Per me il miglior giocatore del mondiale è Kylian Mbappè, senza nulla togliere a quel campione senza tempo che ha alzato le braccia al cielo coronando il sogno da bambino.

Ritornando per un attimo all’astio contrapposto alla felicità, o connesso a essa, non riesco proprio a capire l’atteggiamento di alcuni argentini, su tutti Emiliano Martinez: vince il premio come miglior portiere e il primo pensiero è portarsi il trofeo ad altezza genitali. Nello spogliatoio anziché godersi una vittoria che vale l’eternità, imbastisce un coro perculatorio verso Mbappe, per inciso un giocatore che gli ha fatto quattro gol…Per non parlare degli atteggiamenti di Paredes in campo. Ci vuole classe anche nel vincere, ma probabilmente in un contesto come quello qatariota cercare persino le buone maniere era un filo troppo. 

Da quando sei partito c’è una grossa novità L’anno vecchio è finito, ormai Ma qualcosa ancora qui non va. Ma la televisione ha detto  Che il nuovo anno  Porterà una trasformazione E tutti quanti stiamo già aspettando… L’anno che sta arrivando Tra un anno passerà Io mi sto preparando, È questa la novità.”
Non ci si prepara mai abbastanza caro Lucio. Alla fine l’ottimismo serve. Credere serve. Restare umani serve. Non per ricompensa, ma per lasciare almeno quello che si è trovato.

Sono una brutta persona e il mondo lo deve sapere”. “Non significa niente “brutte persone” e “belle persone”. Siamo solo persone, che a volte fanno cose belle e altre cose brutte. Non possiamo fare altro che cercare di fare meno cose brutte e più cose belle, ma non sarai mai una bella persona perché non sei una brutta persona. Perciò la devi smettere di usarla come scusa
Un dialogo tratto da Bojak Horseman, un cartone animato che è un continuo colpo all’anima.

Credo che in fondo amo il Natale perchè mi trovo a mio agio nel momento di riflessione. In tal senso, sono campione di buoni propositi e auspici, anche se come tutti, spesso finisco per disattenderli. Amo il Natale perchè ha in dote la riscoperta infantile, in se stessi e negli occhi dei "cuccioli" che ci circondano. Amo il Natale perchè vuol dire casa: Napoli! Amo il Natale perchè la bellezza di una stretta di mano, sentita, non a denti stretti, non ha prezzo, e se proprio dev'essere di circostanza, almeno ti impone che l'ascia sia realmente sepolta! Disprezzo l'"a te e famiglia", preferendo sguardi e intese, abbracci, ma se proprio non c'è altro modo... extrema ratio... meglio che indifferenza, anche se gli somiglia.

Tanti auguri di serene feste amici! Sperando che Natale sia esattamente... Natale, e che il messaggio racchiuso il quelle sacre ventiquattro ore, propaghi in lungo e in largo, almeno fino al prossimo.

Un abbraccio.
FR27