Solo due giorni ci dividono dall’insolito mondiale invernale: una rassegna che si porta dietro un carico di polemiche enorme, sia per il periodo in cui viene disputato, sia proprio relative alla nazione ospitante, il Qatar. D’altronde ogni grande rassegna internazionale crea malcontento, critiche e dibattiti; non fece eccezione il mondiale in Brasile, o quello in Sudafrica, solo per citarne due abbastanza recenti e con la partecipazione anche degli azzurri, ormai fuori dal giro proprio dal 2014. Criticato o meno, il mondiale resta una vetrina quasi esistenziale per un calciatore: ogni bambino che si approccia al calcio si immagina indossando la maglia del proprio paese, impettito intonando l’inno nazionale e con le braccia al cielo per sollevare la dorata Coppa del Mondo. Risulta semplice quindi immedesimarsi nella gioia travolgente di Richarlison nel sentire il suo nome tra i convocati della seleçao: lavori una vita per quel momento lì, per essere parte di, per cantare a squarciagola le note che rappresentano te stesso in ogni fibra del corpo e in ogni grammo del cuore, per disputare dieci minuti o magari sette partite, le sette più importanti della propria linea temporale, le sette che ti consegnano alla storia. Ancora più facile immergersi nell’amarezza di chi quel sogno l’ha inseguito, al punto di toccarlo con mano passando per la medesima gioia della convocazione, per poi maledire tutto e tutti, persino se stessi, chiedendosi perché un movimento brusco o inusuale sia arrivato con un tempismo così infame da farti perdere sonno e senso di tutto. Dev’essere dura essere in questo momento Christopher Nkunku: un attaccante di venticinque anni, nel pieno della maturazione calcistica, con diciassette gol messi a referto in tre mesi di campionato e coppe, quel sogno se l’era guadagnato sul campo, di diritto alla rassegna iridata e con legittime ambizioni di non essere solo un’alternativa, piuttosto un elemento su cui fare affidamento, su cui contare anche dal primo minuto, nonostante dei compagni di reparto di valore assoluto.
Per uno che lascia con profonda amarezza, un altro che fa le valigie dal Giappone per volare in Qatar: sono più che sicuro che Kolo Muani sia dispiaciuto per il connazionale, ma allo stesso modo sono certo che abbia preparato con estrema rapidità i bagagli e si sia fiondato in aeroporto per cogliere un’opportunità incredibile, non caduta dal cielo e immeritata, perché il ragazzo vale eccome, e scegliere per Deschamps significa pescare in un bacino di talento enorme, dovendo a malincuore rinunciare a più di qualcuno che sarebbe senz’altro degno della vetrina internazionale.
In tal senso, sono tanti i giocatori francesi che avendo doppia nazionalità, corrono verso le rappresentative d’origine pur di garantirsi uno spazio in nazionale: Mendy e Koulibaly del Chelsea, Ballo-Tourè del Milan, Toko Ekambi del Lione, solo alcuni dei nomi che vivranno il mondiale da protagonisti con Senegal e Camerun, ma originariamente “arruolabili” tra le fila dei “galletti”. Succede anche con altre selezioni ovviamente: restando tra i convocati del Camerun, è il caso di Choupo-Moting, centravanti che sta facendo benissimo al Bayern Monaco e che poteva trovare ipoteticamente spazio nella nazionale tedesca. Particolare pure la situazione dei fratelli Williams dell’Athletic Bilbao: Inaki veste la casacca del Ghana, il minore Nico invece figura tra i convocati di Luis Enrique per la selezione spagnola; una situazione comunque non nuova, già vista con Jerome e Kevin-Prince Boateng, il primo per anni baluardo della difesa tedesca, il secondo attaccante della nazionale ghanese.
La prolificità di talento da cui attingere, chiaramente fa della nazionale francese una delle principali accreditate alla vittoria della manifestazione, non a caso detentrice in carica della coppa. 
Andando a spulciare le quote tra i vari bookmaker, tutti però sono unanimi nell’indicare il Brasile come favorita numero uno, seguito a ruota dall’Argentina di Messi - vincitrice della Copa America battendo in finale proprio i verde-oro - e solo in terza battuta la Francia di Mbappè e Benzema. 
Queste, le sei selezioni con maggior possibilità di successo secondo i quotisti:
Brasile, Argentina, Francia, Inghilterra, Spagna e Germania, con Olanda, Portogallo e Belgio leggermente staccate e con la Danimarca a comandare il novero delle outsider. 
A mio parere, il “bambino” che alzerà le braccia al cielo, indosserà la maglia di Brasile o Argentina, regalando il primo - speriamo l’unico - mondiale invernale della storia a una squadra sudamericana. 
Qui pregi e - pochi - difetti delle quattro nazionali a mio avviso realmente in grado di scrivere il proprio nome nell’albo d’oro: Brasile, Francia, Argentina e Germania.

BRASILE
La nazionale allenata da Tite, arriva al mondiale da dominatrice assoluta del girone di qualificazione sudamericano, avendo raccolto 45 punti in 17 partite, di cui 14 vittorie, 3 pareggi e nessuna sconfitta. La seleçao scende in campo solitamente con il 4-2-3-1, modulo che dovrebbe essere confermato anche nelle partite che vedranno i verde-oro opporsi a Serbia, Svizzera e Camerun, avversarie sorteggiate nel gruppo G della competizione. L’unico reale punto interrogativo nella testa del tecnico brasiliano è relativo al centravanti: per il ruolo di numero “nove”, negli anni Tite ha provato vari interpreti, nessuno che abbia garantito la sicurezza necessaria ad affidargli definitivamente i galloni da titolare. Osservando la lista dei convocati però, tutto lascia pensare che il ruolo verrà ricoperto proprio dal “festante” Richarlison, anche in luogo delle rumorose esclusioni di Firmino e Gabigol, spesso impiegati nelle turnazioni di qualificazione e invece lasciati fuori dai 26 in favore di Pedro - capocannoniere dell’ultima Copa Libertadores, vinta dal “suo” Flamengo, dove fa coppia proprio con Gabigol - e Gabriel Jesus, per una rosa di attaccanti che necessita più di mezze punte che di un terminale offensivo: Neymar, Raphinha, Martinelli, Vini jr, Rodrygo e Antony, non a caso gli altri nomi che si sono guadagnati la chiamata di Tite. 
Chi ha goduto di una convocazione inaspettata è Dani Alves: inaspettata non nella testa del terzino, da sempre grande sponsor di se stesso, piuttosto dal popolo brasiliano, dubbioso sull’effettivo apporto che può garantire alla veneranda età di 39 anni, soprattutto ormai lontano dai grandi palcoscenici europei, avendo giocato negli ultimi tempi con il Pumas nel campionato messicano. In ogni caso, la non enorme abbondanza di calciatori validi nel ruolo, fa dell’ex Barça uno su cui comunque poter contare, forse più di Emerson del Tottenham, lasciato a “casa” perché maggiormente valido nella posizione di esterno di centrocampo più che da terzino nei quattro; il titolare resta Danilo, a maggior ragione in seguito alle buone prestazioni offerte in maglia bianconera.
Anche la fascia mancina non annovera interpreti eccezionali: ballottaggio tra Telles e Alex Sandro, con il secondo leggermente davanti. Tra i difensori centrali un altro “giovanotto” come Thiago Silva, lui non solo parte dei ventisei, ma probabile titolare accanto a Marquinhos: Eder Militao e Bremer gli altri, con il primo non semplice comprimario ma con le medesime chance di titolarità del difensore “blues”. A centrocampo, la cerniera a tinte “red devils” Casemiro-Fred, dovrebbe essere l’opzione numero uno nello scacchiere pensato da Tite. In porta difficile scelta con due portieri di assoluto livello come Alisson e Ederson, anche se i guanti da numero 1 dovrebbero appartenere all’estremo difensore del Liverpool.
Sulla trequarti il Brasile lancia un trio di livello incredibile, in buona sostanza il meglio degli attacchi di Barcellona, Psg e Real Madrid: Raphinha-Neymar-Vini jr, con gli ultimi due che eventualmente possono ricoprire anche il ruolo di falso nueve nel 4-3-3 che talvolta viene adoperato in alternativa al 4-2-3-1. 
Oggettivamente la nazionale brasiliana non ha grossi limiti, e se alla qualità aggiunge concretezza, piuttosto che narcisismo, non ha rivali, ed è legittimamente in “pole position”. In tal senso, le sfide con Serbia e Svizzera sono subito dei test che non permettono distrazioni: Vlahovic, i fratelli Milinkovic-Savic, Kostic, solo alcuni nomi di una selezione da prendere con le molle e con le qualità per ferire mortalmente i campioni brasiliani; per la Svizzera basta chiedere ai “galletti”, o anche agli azzurri, finiti alle spalle dei “rossocrociati” nel girone di qualificazione. Il Camerun, sulla carta quarta forza del gruppo, è comunque compagine da non snobbare, con interpreti quali Onana, Anguissa, Toko Ekambi e Choupo-Moting: forse non all’altezza di infastidire concretamente i sudamericani, certamente degni di rispetto da parte delle altre nazionali che compongono uno dei gruppi più interessanti della manifestazione.

GRUPPO G: BRASILE - SERBIA - SVIZZERA - CAMERUN
Probabile 11 Brasile: Alisson - Danilo T.Silva (E. Militao) Marquinhos A. Sandro (Telles) - Casemiro Fred - Raphinha Neymar Vini Jr - Richarlison

FRANCIA
I campioni del mondo in carica provano a bissare il successo di quattro anni fa: le defezioni di Pogba e Kantè privano Deschamps di giocatori chiave e protagonisti principali della manifestazione giocata in Russia nel 2018. Nelle partite di avvicinamento alla Coppa, i transalpini non sono apparsi particolarmente brillanti, raccogliendo nelle ultime cinque partite un solo successo ottenuto lo scorso settembre contro l’Austria per 2-0; in seguito una sconfitta contro la Danimarca, un pari e una sconfitta contro la Croazia e un pari ancora contro l’Austria: risultati che non lasciano sensazioni positive negli amanti delle statistiche, ma si sa, al mondiale si fa sul serio, il peso delle gare è altro rispetto ad amichevoli e Nations League, per cui ogni risultato elencato non va a cancellare il valore di un gruppo che annovera il meglio in circolazione. Se a mancare ci saranno centrocampisti importanti, a differenza dell’ultima rassegna iridata la Francia potrà godere delle giocate e dei gol di Karim Benzema: appena insignito del pallone d’oro, l’attaccante franco-algerino proverà a lasciare un segno indelebile anche con la pesante maglia dei “bleus”, per motivi extra-campo non indossata moltissimo, sicuramente meno di quanto meritato sul campo dalla punta “madrilena”, tra le più forti di questa generazione. Le assenze di Pogba e Kantè inevitabilmente pesano, ma non troppo in una mediana che resta di altissimo livello con Tchouameni e Camavinga, presente e futuro della nazionale e del Real Madrid: accanto ai giovani rampanti, un Rabiot in grande spolvero nelle ultime settimane, oltre a Fofana del Monaco e la coppia “marsigliese” Veretout-Guendouzi. In difesa il tecnico dei francesi ha l’imbarazzo della scelta: Varane, Lucas Hernandez, Kimpembe, Saliba, Koundè…una serie di centrali clamorosa. L’abbondanza di centrali, a cui vanno aggiunti Upamecano e Konatè - giusto per non farsi mancare nulla - è dettata da un assetto tattico con tre difensori: i “galli” scendono in campo con il 3-4-1-2, dove gli esterni sono Pavard - già titolare nel 2018 - e il “milanista” Theo Hernandez; in mezzo Deschamps ha palesato più volte “l’amore” per Rabiot, per cui saranno i due “blancos” ad alternarsi accanto allo “juventino”, con Griezmann ad agire sulla trequarti alle spalle della coppia Benzema-Mbappè, potenzialmente la più letale del mondo. Il neo-convocato Kolo Muani, rappresenta una validissima alternativa a “Grizou”, proprio per l’ottima capacità di dialogare con i compagni di reparto, prediligendo un passaggio vincente alla gloria personale.
Il Brasile è la favorita… ma la Francia è lì, alla pari: copia e incolla di quanto detto per i brasiliani, ovvero: saranno capaci di non specchiarsi e piacersi al punto di perdere di vista l’obiettivo? All’europeo cascarono nel tranello pensandosi “belli” e imbattili, e invece videro scivolare via qualificazione e sogni per mano dei “brutti” ma tremendamente efficaci svizzeri.
Il gruppo D, di competenza dei francesi, non dovrebbe risultare un grosso problema per Mbappè e compagni, condividendo l’esperienza con Tunisia e Australia - oggettivamente nettamente inferiori alla Francia - oltre alla Danimarca, unica possibile “distrazione” di una squadra con tutte le carte in regola per bissare il trionfo intercontinentale.

GRUPPO D: FRANCIA - DANIMARCA - TUNISIA - AUSTRALIA
Probabile 11 Francia: Lloris - Saliba Varane L. Hernandez - Pavard Tchouameni Rabiot T.Hernandez - Griezmann - Mbappè Benzema

ARGENTINA
L’Argentina sembra aver raggiunto finalmente “coscienza” di sé: da quanti anni sentiamo “l’Argentina è forte”? Poche volte poi lo è stata concretamente, seppur annoverando fior fior di campioni oltre a uno dei più forti della storia come Leo Messi. Nel 2014, quando la Germania con Gotze spezzò i sogni dell’albiceleste, in attacco oltre agli attuali Di Maria e Messi, spiccavano nomi quali Aguero e Higuain: un parterre da far tremare i polsi, e invece anche in quella circostanza, seppur andandoci vicino, il risultato fu una ennesima enorme delusione, con critiche atroci verso la “pulce”, accusato di non avere la personalità per guidare la nazionale al successo: l’ex bandiera blaugrana, colpito dalle critiche e ferito dall’ennesimo nulla di fatto, ponderò seriamente l’addio a quella maglia che gli è per forza cucita addosso, una dieci che meglio che a lui stava solo a Diego, inarrivabile nel cuore degli argentini.
Personalmente ho sempre pensato che non fossero guidati dalla persona giusta: nessuno riusciva a mettere insieme quei nomi che presi singolarmente avrebbero cambiato il destino di un club, e che messi insieme invece finivano per essere solo un’accozzaglia di talento mal gestita. E’ proprio questo il vero cambio di rotta ottenuto dalla nazionale argentina nell’affidare il compito a Scaloni: l’impressione è che l’ex difensore della Lazio, sia riuscito a “normalizzare” un ambiente che non è mai stato tale, oltre a dare un ordine tattico a una formazione non più soltanto talentuosa, ma anche mentalizzata sulla vittoria. Con Scaloni finalmente Leo Messi riesce a conquistare un trofeo da capitano della nazionale, quella Copa America vinta in finale contro l’amico Neymar, proprio in Brasile e allo stadio Maracana: quale soddisfazione più grande per un calciatore argentino? Solo quella di vincere il mondiale, possibilmente contro gli stessi rivali; sono certo però che Leo e i supporter dell’albiceleste si “accontenterebbero” di prendersi una rivincita contro la Germania, o semplicemente di agguantare la terza stella. Dopo il successo in Copa America, è arrivata anche la vittoria nella neonata “finalissima”, competizione che mette a confronto le vincenti delle coppe continentali di maggior peso: Italia-Argentina la prima finalissima, purtroppo conosciamo perfettamente l’esito della contesa. 
L’Argentina ha un gruppo consolidato, con calciatori che si conoscono quasi alla stregua di una squadra di club: 4-3-3 è il modulo della nazionale allenata da Scaloni, dove i tre in mezzo al campo sono solitamente De Paul, Paredes e Lo Celso, quest’ultimo purtroppo fuori dai convocati a causa di un brutto infortunio. In luogo del centrocampista in forza al Villareal, Scaloni ha chiamato Alexis Mac Allister del Brighton, in verità già impiegato più volte e nel giro della nazionale. In generale comunque, i problemi non vengono dalla linea mediana, dove oltre ai citati, Guido Rodriguez - giocatore che i romanisti conoscono bene per aver saggiato la sua bravura in Roma-Betis - Palacios del Leverkusen, Enzo Fernandez del Benfica e Papu Gomez, sono tutti elementi dotati di grande qualità. Gli intoppi per l’Argentina - supponendo che ci siano - arrivano nel reparto offensivo, per via degli infortuni di Gonzalez della Fiorentina e del “tucu” Correa, entrambi non prime scelte nell’undici, ma l opzioni per sparigliare le carte in situazioni di difficoltà. In sostituzione dei suddetti, l’altro Correa, Angel dell’Atletico Madrid e Thiago Almada, trequartista dell’Atlanta United. Il tridente titolare è il solito, super-collaudato: Di Maria-Lautaro-Messi, anche se il giovane Alvarez è più di una semplice alternativa alla punta nerazzurra, anche in virtù di una condizione non ottimale del “toro”. Dybala - pure lui convocato “con riserva”- guida le fila delle alternative, pronto a cambiare volto alle partite con il suo sinistro fatato. Lisandro Martinez e Romero compongono la linea dei centrali, con l’ex viola Pezzella e Otamendi che partono con le stesse chance di titolarità. Molina o Montiel per la fascia destra, con Foyth che nasce centrale, ma talvolta impiegato come terzino bloccato; l’out mancino è coperto da Tagliafico e Acuna. Insomma, l’Argentina è forte, è completa nei reparti, ha cominciato a vincere e ha una conoscenza di se da squadra di club. Aggiungere che ha Messi è superfluo: il più forte della nostra generazione è già lì da molti anni, semmai l’aspetto vero è che probabilmente non ci sarà dopo, per cui questa è l’ultima chiamata verso “la gloria eterna”, riadattando per la Coppa del Mondo il bellissimo motto della Libertadores. 
Messi e compagni sono inquadrati nel gruppo C, insieme a Polonia, Messico e Arabia Saudita: la Polonia è la “Serbia” dell’Argentina, facendo un paragone con il girone del Brasile: Szczesny, Lewandowski, Zielinski, Milik, tutte individualità di spessore e da non poter affrontare sotto gamba; il Messico è la solita squadra rognosa, in ogni caso non all’altezza dei campioni guidati da Scaloni.

GRUPPO C: ARGENTINA - POLONIA - MESSICO - ARABIA SAUDITA
Probabile 11 Argentina: E. Martinez - Molina Romero (Otamendi) L. Martinez Tagliafico - De Paul Paredes Mac Allister - Di Maria Lautaro (J.Alvarez) Messi

GERMANIA
Qualcuno si chiederà perché la Germania e non magari la Spagna che è nello stesso gruppo, o l’Inghilterra. La risposta è semplice: perché la Germania è la Germania. Che siano auto o fabbriche in genere, würstel o cioccolata, calcio o qualsiasi sport olimpico, i “crucchi” sono sempre lì, anche quando sembrano innocui. Otto, le circostanze che hanno visto la Germania fino all’ultima partita, con quattro stelle cucite sul petto, addirittura dodici le occasioni in cui i tedeschi sono arrivati sul podio della competizione: badate bene, dodici podi su ventuno coppe assegnate, tra le prime tre nel 57% dei casi, e almeno “argento” il 38% delle volte, una media incredibile. 
È vero che due estati fa la Germania si qualificò a fatica agli ottavi dell’europeo poi vinto dagli azzurri; altrettanto vero che l’Inghilterra si dimostrò superiore, accedendo meritatamente ai quarti, ma è proprio in virtù di quella “eccezione” sui percorsi quasi sempre virtuosi della Germania a rendere difficile un nuovo fallimento degli stessi. 
Nel percorso di avvicinamento al mondiale, la squadra guidata da Dieter Flick ha ottenuto tre pareggi, di cui due proprio contro la nazionale di Southgate; pareggio e sconfitta contro la mai doma Ungheria di Marco Rossi e valicando la soglia delle cinque partite, pareggio e poi pesante vittoria contro la nazionale di Mancini, un 5-2 che squarciò le minime certezze che stavano ricostruendo gli azzurri dopo la cocente eliminazione per mano della Macedonia. 
L’undici di Flick è pieno di “amici”, calciatori che condividono lo spogliatoio di nazionale e club, tra cui un nutrito gruppo di “rossi” e “gialloneri”: Neuer, Kimmich, Gnabry, Müller, Sane, Musiala e Goretzka, i rappresentanti della colonia bavarese, mentre ad innalzare il vessillo BvB vi sono: Sule, Schlotterbeck, Adeyemi, Brandt e Moukoko. Ovviamente il fatto che ci siano così tanti calciatori militanti nelle stesse squadre non è garanzia di successo, però rappresenta comunque un vantaggio, tutti comunque legati da una proposta di gioco simile nei rispettivi club di appartenenza. Lungi da me simpatizzare per i tedeschi, ma le presenze di Musiala e Moukoko fanno si che guarderò comunque con ammirazione una nazionale che mostra spesso coraggio di puntare sul talento emergente. In tal senso, assolutamente da non perdere la sfida contro la Spagna di Luis Enrique, selezione mai timorosa di affidarsi a gente giovane: a popolare il centrocampo andaluso ci sono due “sbarbati-veterani” come Gavi (18) e Pedri (19), oltre ad Ansu Fati che a vent’anni ha un numero di presenze alle spalle da far impallidire. 
Nel 4-2-3-1 tedesco, il terminale offensivo dovrebbe essere Havertz, con alle spalle il trio Sane-Müller/Musiala-Gnabry in grado di devastare le difese più attrezzate. La cerniera di centrocampo vede il solito Gundogan affiancato da Kimmich, con Goretzka che vive uno splendido stato di forma e quindi dietro nelle gerarchie solo sulla carta. I centrali sono il gigantesco Süle e l’ex Roma Rüdiger, ma il reparto è pieno di qualità con giocatori come Ginter, Gunter, Schlotterbeck e Bella-Kotchap. Kehrer e Raum i titolari delle fasce, con Gunter e Klostermann possibili alternative; in caso di passaggio a 3-4-2-1, è Hofmann del Gladbach a posizionarsi come esterno destro, soluzione comunque adottata in poche occasioni. 
Se vogliamo trovare la pecca, il limite della Germania risiede nel centravanti: Havertz è un giocatore forte e come “falso nueve” può funzionare, ma non si esaltano al meglio le sue caratteristiche, più da rifinitore che da finalizzatore. In ogni caso è proprio una scelta del tecnico ex Bayern: andando a leggere le convocazioni, la Germania è l’unica nazionale che non ha suddiviso centrocampisti e attaccanti, proprio in virtù dei tanti “ibridi” presenti. Gli unici con caratteristiche prettamente da prima punta sono Fullkrug del Werder Brema e Moukoko: chissà che non sia proprio la giovane punta del Dortmund a spuntarla nel ruolo di punta centrale.
A comporre il gruppo E, oltre a Germania e Spagna, Giappone e Costarica: sostanzialmente c’è da decidere prima e seconda del gruppo, con tutto il rispetto per i nipponici che possono fare affidamento su una trequarti degna di nota, composta da Minamino, Kamada e Kubo. 

GRUPPO E: GERMANIA - SPAGNA - GIAPPONE - COSTARICA
Probabile 11 Germania: Neuer - Kehrer Rudiger Sule Raum - Gundogan Kimmich - Gnabry Musiala (Müller) Sane - Havertz (Moukoko?)

Bene amici, non resta altro che attendere il via alle danze. Contestato per mille e più ragioni, il mondiale è comunque un momento speciale. Che sia brasiliano, francese, qatariota o ghanese, in ogni calciatore c’è un bambino sognante che ce l’ha fatta; chiedere a James Maddison per conferma:
It hasn’t sunk in… I’m going to The World Cup
Dreams really do come true
Vai James, alza le braccia al cielo e tingiti ancora il viso: buon mondiale!

FR27