La parola fine sulla sessione invernale di calciomercato, spinge a fare qualche riflessione generale sullo stato dei campionati europei. Se in serie A la borsa degli arrivi è piuttosto leggera, non si può dire lo stesso per la Premier League, dove qualche movimento l’hanno operato praticamente tutte, con il Chelsea a fare la voce grossa tra arrivi per 330 milioni complessivi e cessioni fatte (Jorginho all’Arsenal) e mancate, come nel caso di Ziyech, non approdato al Psg per errori nell’invio della documentazione dello stesso da parte dei “blues”.
Tra l’altro, il marocchino di fatti ceduto al Psg, non solo non ha più vestito la maglia dei capitolini, è persino sceso in campo da titolare con il Chelsea nel derby contro il Fulham, a dimostrazione che la confusione regna sovrana dalle parti di Stamford Bridge. In ogni caso, se i risultati al momento non fanno sorridere i tifosi, di certo non possono lamentare mancanze all’attuale proprietà, che anzi sta facendo di tutto per rendere il più competitivo e completo possibile il gruppo agli ordini di Potter, operando acquisti sia per il presente che per il futuro del club. Le altre, chi più, chi meno, non sono rimaste a guardare: i gunners primi in classifica, non avevano bisogno di grossi correttivi, ma un “sessantello” l’hanno comunque speso, tra Kiwior, Jorginho e Trossard, rispettivamente arrivati da Spezia,Chelsea e Brighton. La squadra di Arteta, probabilmente invece aveva bisogno di un centravanti, visto l’infortunio patito da Gabriel Jesus, e invece hanno deciso di assicurarsi alternative a Xhaka e Martinelli, dando fiducia per il ruolo di prima punta al giovane Nketiah, il quale almeno al momento non sta facendo rimpiangere troppo l’attaccante brasiliano.
Più morigerate le due di Manchester: il City, probabilmente frenato dalle indagini che la pongono sotto osservazione a causa di possibili reati finanziari, ha speso solo 11 milioni per assicurarsi l’argentino Perrone del Velez, in più hanno prestato Cancelo al Bayern e puntato forte su Rico Lewis, diciottenne che ha impressionato Guardiola al punto da convincerlo ad avvallare la cessione del terzino portoghese. I red devils, vista l'uscita di Cristiano Ronaldo, hanno preso Wout Weghorst dal Burnley, oltre a Sabitzer in uscita dal Bayern Monaco, entrambi arrivati all'Old Trafford in prestito.
I reds, per far fronte agli infortuni di Luis Diaz e Diogo Jota, hanno prelevato Gakpo dal Psv per 42 milioni, mentre il Tottenham, non pienamente soddisfatto dal rendimento di Emerson Royal, e per permettere a Perisic di rifiatare, ha sistemato le fasce con il terzino Pedro Porro dello Sporting per 40 milioni complessivi e Danjuma dal Villareal, questi in prestito secco.
Sappiamo ormai benissimo che il campionato inglese offre praticamente a tutti una possibilità di spesa notevole, e quindi è normale che sia proprio la Premier il torneo con più movimenti. Non sorprende quindi che il Bournemouth abbia messo le mani su Traore del Sassuolo, o che il Southampton fanalino di coda, abbia speso 25 milioni per Sulemana del Rennais, giusto per fare due rapidi esempi. 
Gli altri fanno quel che possono, cercando soprattutto in una finestra, quella di Gennaio, l’occasione, il tassello in più per allungare la rosa. 
In questa ottica si è mosso il Bayern,
prendendo l’esperto Blind per sostituire l’infortunato Lucas Hernandez, poi Cancelo, per cui ha un’opzione di riscatto da 70 milioni. Hanno poi preso Sommer dal Gladbach per sostituire Neuer: pochi movimenti, giusto il necessario per “sopravvivere” ad alti livelli. Esattamente uguale l’atteggiamento delle altre in Bundesliga: il Dortmund ha preso Ryerson dall’Union Berlin per 5 milioni, il Gladbach ha tamponato l’uscita di Sommer con Omlin del Montpellier girando quanto incassato dal Bayern ai francesi; l’Eintracht ha riportato in Germania il terzino Philipp Max lasciando tornare in Italia Luca Pellegrini… insomma, nella penisola arriva Jesè Rodriguez dalla Turchia e Thauvin dal Messico, ma non è che in Europa la situazione sia così rosea come potrebbe apparire.
Uscendo dal palcoscenico inglese, la campagna invernale più interessante è quella dell’Olympique Marsiglia, che ha scommesso sul portoghese Vitinha del Braga, giunto alla corte di Tudor per 32 milioni, su Malinovskyi in uscita dall’Atalanta per circa 13 milioni, e infine sul centrocampista più luccicante del mondiale qatariota: Azzedine Ounahi, acquistato dall’Angers per 10 milioni. In totale quindi sono circa 55, i milioni investiti dall’OL in questo Gennaio, in parte sopraggiunti dalla cessione del brasiliano Gerson, di ritorno al Flamengo. 

Un altro movimento importante arriva sempre dalla Costa Azzurra: il Nizza di Digard, ha preso il ventrirenne nigeriano Terem Moffi dal Lorient, per un totale tra prestito e obbligo di 25 milioni. L’attaccante ormai ex Lorient, è stato insieme a Ouattara - passato al Bournemouth per 22,5 milioni - uno dei principali trascinatori degli arancioneri nella prima parte di stagione: ben 12, le marcature del centravanti africano, che adesso proverà a ripetere prestazioni e gol in maglia rossonera.
In Spagna, l’unico affare che stimola curiosità è Depay, che stufo di essere l’alternativa impolverata di Lewandowski, si è accasato con l’Atletico Madrid. Dal canto suo, l’Atleti spera di ripetere con l’olandese la fortunata operazione che portò Luis Suarez dai blaugrana ai colchoneros, e che di fatti fu decisivo per la vittoria dell’ultimo scudetto cucito sulle maglie degli uomini di Simeone.
Pare evidente quindi che non è solo l’Italia a vivere una crisi economica: che sia Spagna, Germania o la nostra amata penisola, tutta l’Europa calcistica vive un momento no, ad appannaggio della Premier League, che diventa ogni giorno più forte e più simile a una superlega. 
Forse è per questo che il Barça eliminato per il secondo anno di fila dalla Champions, non fa poi così rumore. Forse il Real che vince la coppa dalle grandi orecchie nasconde i limiti del  campionato andaluso, a conti fatti, non poi così davanti a quello azzurro. La Francia, limita i danni con un bacino di calciatori praticamente sconfinato, e ovviamente grazie al pozzo - economico - senza fondo a disposizione del Paris Saint Germain. 
Che sia collettivo o meno, veder spendere più soldi nella Superlig turca che in serie A mette comunque parecchia tristezza. 

Cosa siamo diventati? Esiste davvero ancora il concetto di “top 5”? Siamo ancora una potenza del pallone? O meglio: esiste ancora una potenza nel calcio oltre la Premier?
Difficile dire quale sia il campionato che sopravvive meglio all’enorme differenza con il campionato britannico. Probabilmente la Bundesliga, per idee e tecnici emergenti, attività di scouting e struttura solida delle società, è la risposta più convincente alla domanda. Se non altro, il campionato tedesco resta ancora un’opzione nella testa dei calciatori giovani, che scelgono volentieri di fare un percorso di crescita in Germania prima del grande approdo in terra di Albione. Forse semplicemente sono più coraggiosi nell’investire e fidarsi del talento emergente. In tal senso, l’affare che porta Haaland al Borussia Dortmund piuttosto che alla Juventus, rende perfettamente l’idea. La Juve era sì pronta a comprare il vichingo, ma per “parcheggiarlo” in serie c, con la seconda squadra. Le legittime ambizioni del ragazzo, che comunque aveva già gol e presenze in Champions, fecero si che accettasse la corte del BvB a discapito della prospettiva di un primo approccio in serie c. Oggi siamo tutti pronti a “lapidare” il Milan nelle figure di Massara e Maldini, rei di aver speso 35 milioni per De Katelaere. 

La mia domanda è: esiste davvero una scelta che sia migliore o più condivisibile di quella?
Supponendo che l’acquisto del belga sia un errore - ribadisco supponendo - a mio parere resta comunque giusta la strada intrapresa dai rossoneri, a maggior ragione se le società italiane di medio livello, quelle che per intenderci dovrebbero formare il talento, continuano a chiedere cifre esorbitanti per calciatori italiani che hanno comunque tutto da dimostrare. Il campionato belga sicuramente non è tra i più probanti, ma il Bruges è una società che disputa la Champions, e anche con risultati egregi. Certo, servirebbe anche il coraggio di fidarsi dei propri vivai, facendo direttamente da chioccia ai giovani, senza passare per terzi che dilaniano piuttosto che aiutare in un rapporto di mutuo soccorso. Soprattutto diventa difficile andare a pescare talento in quei bacini storicamente floridi, ormai appannaggio quasi esclusivo di sceicchi e multiproprietà. Alle società “azzurre”, non resta che puntare l’occhio per l’appunto su campionati come quello belga, da dove arriva il già bollato De Ketelaere. Si può scovare qualcuno nell’est europeo, o magari in Olanda, dove ad esempio Koopmeiners arriva per 13 milioni a fronte dei 40 chiesti dal Sassuolo per Frattesi.
Poi ci sono le situazioni da “sciacallaggio” - nel senso più bonario possibile del termine - che portano Kvaratskhelia al Napoli per 10 milioni, quando lo stesso 2 anni prima veniva valutato oltre 20 dal Rubin Kazan: la guerra in Russia e le difficoltà che ne derivavano hanno fatto dell’attuale “77” del Napoli un’occasione su cui il bravissimo Giuntoli si è fiondato senza rimorsi, in barba ai legittimi dubbi che ci potevano comunque stare su un ragazzo georgiano, certamente non proprio una delle patrie riconosciute del calcio mondiale. 
Prendere un giovane brasiliano, o un argentino, oggi è a tutti gli effetti un’impresa. Verrebbe da dire che chi resta è perché evidentemente non vale. Kaio Jorge, che pure aveva retaggio da campioncino, sbarca in Italia e guarda caso non ha mai messo piede in campo. E’ un caso? Forse si, speriamo di si, anche se a guardar lucidamente e senza colori di parte, pare evidente che non si tratti esattamente di una nefasta casualità. E sia chiaro: va bene pure questo! E’ giusto che la Juve ci abbia provato. Se non investi 3 milioni su un ragazzo di cui comunque si parlava bene, su chi? E’ proprio in questa ottica che reputo l’affare De Ketelaere, un giusto modo di fare calcio. 
Si può sbagliare un acquisto, ma resta comunque un’operazione corretta puntare su un ventunenne con esperienza europea, piuttosto che su un calciatore alla soglia dei trent’anni in cerca dell’ultimo contratto. Con gli stessi crismi il Milan si è mosso per Thiaw: il centrale tedesco ha avuto finora pochissimo spazio, ma ieri contro il Torino ha dimostrato che ci si può fidare di lui, si può credere su di lui, e se proprio alla fine dovesse rivelarsi un reale flop, i soldi spesi, ovvero 7 milioni, sono ampiamente recuperabili considerando la giovanissima età del difensore.
Bisogna guardare in faccia la realtà: non abbiamo più la forza per sostenere rose con trentenni strapagati. Il talento va coltivato, “fatto in casa”, oppure bisogna andarlo a cercare dove sono più bravi di noi a insegnare, ma tenendo bene in mente che la sostenibilità non è un’opzione, ma una necessità.
Oggettivamente, non si può neanche “crocifiggere” il lavoro di squadre come il Sassuolo, che legittimamente rifiuta offerte se i fari della Premier si accendono sui suoi gioielli. Tra l’altro, proprio i neroverdi dimostrano puntualmente che giocatori in giro ce ne sono, e non necessariamente a cifre da capogiro: Laurientè prelevato dal Lorient per 10 milioni, è un nome che può sorprendere me, un signor nessuno, ma non può essere uno sconosciuto agli occhi di chi fa scouting ad alti livelli. Laurientè farebbe panchina alla Roma? Forse sì, ma esclusivamente per via di un modulo che non è congeniale alle sue caratteristiche da 4-3-3 o 4-2-3-1, ma sicuramente per il valore dimostrato sarebbe stato una soluzione offensiva importante. Lo stesso Lookman, che conoscevamo bene per averlo affrontato in Conference, sta facendo benissimo con l’Atalanta, e in un sistema non molto distante da quello romanista. Costo? 9 milioni. Sta tutto qui.
Oggi le grandi società italiane devono ragionare come fossero “piccole”, perché difatti lo siamo in un contesto più ampio. Acquistare a poco scommettendo, e vendere bene appena è possibile. Dopo una stagione così eclatante, con uno scudetto praticamente già vinto, e con uomini che hanno decuplicato il proprio valore di mercato, il Napoli probabilmente farebbe benissimo ad ascoltare offerte e a vendere i pezzi pregiati: le cessioni di Osimhen e Kvaratskhelia farebbero cadere i capelli a gran parte della tifoseria azzurra, la stessa che però era pronta a disertare il Maradona per quelle operate la scorsa estate, cessioni che sostanzialmente hanno creato una corazzata. Se arrivasse un’offerta da capogiro, diciamo da 200 o più milioni complessivi, sarebbe così folle pensare alla cessione della coppia partenopea? A mio avviso, con un portafoglio di spesa così ampio e un “diesse” come Giuntoli, sarebbe tutt’altro che improbabile vedere un’ulteriore crescita di questa squadra. 
Nessuno è insostituibile e giocatori ce ne saranno sempre. Per carità, non demonizzo acquisti come Dybala o Wijnaldum, per cui ringrazierò sempre i Friedkin, i quali soprattutto con l’argentino, ci hanno regalato un sogno portandolo allo stadio Olimpico, ma a ragion veduta, non sono queste le operazioni che permetteranno di restare ai vertici nel prossimo futuro, sperando quantomeno che ci aiutino a esserlo nel presente, per altro per nulla scontato.

Osiamo, mia cara Serie A! Facciamo come il Milan con De Ketelaere, come il Sassuolo con Laurientè, come l’Atalanta con Lookman e come il Napoli, con Kvaravaggio. 
E aspettiamo a dare giudizi: anche Paquetà era un brocco… o forse no?

FR27