Forse non lo avrete capito, ma il presidente della Repubblica Popolare Cinese è in Italia per ricomprare il Milan. Eh sì, cari ragazzi, avete capito bene! Fra tutte le questioni di strategia politica ed economica che turbano i sonni del leader cinese, la più pressante e scottante è recuperare al Celeste Impero la società Rossonera. Cuore rossonero da tempo immemorabile, abbonato alla rivista Forza Milan dai tempi dell'editore Gino Sansoni, Xi JinPing non si è mai rassegnato all'idea di non poter disseminare la Cina di scuole calcio e ristoranti con tanto di griffa A.C. Milan. Aveva affidato l'acquisto della società milanese al suo più caro e affidabile collaboratore, nonché amico, YongHong Li, ma questi ha tradito la sua fiducia, trascinando il presidente cinese nella più cupa disperazione. Ora è pronto a mettere sul tavolo delle trattative un assegno di 2 miliardi di euro, più la copertura di ogni esposizione debitoria, pur di convincere Elliot a separarsi dalla proprietà del Milan. Il problema è che anche i proprietari del Fondo Elliot, essendo gente di cuore, ormai amano alla follia i colori rossoneri. Come finirà? Del resto, si sa che il primo pensiero delle autorità cinesi è lanciare il calcio in Cina come sport nazionale e, al di là del tifo rossonero di Xi JinPing, solo comprando la società A.C. Milan, che dopo il 2011 ha vinto tutto in Italia e nel mondo, potrà farlo.

Vi sto prendendo per i fondelli? No, non tutti, solo quelli che dal 2015 in poi hanno scritto certe cose fino all'inverecondia e, dopo l'avvento di YongHong Li, mi avevano consigliato perfino di andarmi a nascondere. Io sono sempre qui... ma lasciamo da parte le provocazioni e passiamo alle cose serie.

Da qualche giorno c'è chi si occupa di gettare sabbia sul falò rossonero e sulla gestione folle del derby da parte di Gattuso, magari prospettando acquisti mirabolanti con il ricavato di cessioni che, come quelle di André Silva, non saranno facili da realizzare, o che, come quella di Chala, non potranno mica portare in rossonero cascate di diamanti. C'è chi ha la sindrome del pompiere, chi del menestrello e chi del suonatore di violino.

Il derby doveva essere la prova del nove per Gattuso, ma l'ha fallita in pieno e mi dispiace per lui. Potrà riprendersi alla ripresa del campionato o fare risultato contro una Juventus già campione e distratta dalla Champions, ma il derby si aggiunge al Pireo e non depone a suo favore. Confermarlo sarebbe una scelta, non necessariamente sbagliata, ma ad altissimo rischio, anche se il Milan si qualificasse per la Champions o vincesse la Coppa Italia. In Champions  le partite sarebbero tutte Pireo e derby, quindi la società dovrà operare comunque da grande società e non essere grata a nessuno, perché i grandi club sono come le grandi nazioni: non conoscono la gratitudine, ma soli i propri interessi, superiori a quelli dei singoli.

Una questione che rischia di distrarre l'opinione pubblica rossonera dai veri problemi è quella della lite Kessie/Biglia. Ora, è evidente che Kessie ha sbagliato alla grande, in quanto, in un momento topico del derby ha anteposto la sua partita a quella della squadra. Ma ha sbagliato anche l'ottimo Biglia nel riprenderlo, perché non era compito suo, bensì dell'allenatore che, tuttavia, era in totale confusione. E non vorrei che la questione di principio o l'unità dello spogliatoio, fossero tutto sommato comode scuse per accantonare un giocatore che pesa sul bilancio e ha mercato, in vista di una lucrosa cessione in estate. Già Cutrone si trova in castigo e, se ci mettiamo anche Kessie, allora davvero diventerebbe vera la panzana secondo cui la rosa è corta. Eh cavoli, se li mettiamo tutti in punizione stiamo freschi! Il giocatore si è scusato, verrà multato, lo vogliamo anche torturare? Ci sarà bisogno di tutti, anche di Cutrone se è per questo.

Luca Serafini, che di solito non lancia palate di sabbia, ha affermato, correttamente, che il Milan, col Suso a mezzo servizio di questi tempi va a strozzare il proprio gioco in un cul de sac sulla fascia destra. E' un'altra bocciatura verso la conduzione tecnica che, pur non essendo da buttare, non prende in considerazione altre soluzioni che l'esecuzione ossessiva dello stesso schema. E la verità è che Suso può giocare ogni partita, magari entrando nel secondo tempo contro avversari stanchi, ma questo comporta, aggiungo io, l'impiego in posizione avanzata di Paquetà e un uso più intenso di Cutrone. Buona, infatti, l'idea originale di Gattuso quando ha impostato Paquetà alla Falcao, ma non è il ruolo del ragazzo che, vista la forma di Suso, deve essere spostato ora in posizione più avanzata: seconda punta, per dare più punti di riferimento a Suso oppure al posto dello stesso Suso, magari con un Cutrone in attacco che si alterna con Piatek o gioca a fianco del polacco.

Aggiungerei infine che ci sono momenti, come i giorni che hanno preceduto il derby, in cui non è bene gettare sassi nello stagno e in tal senso Berlusconi ha sbagliato a tornare sul tema del numero di attaccanti. Ma quando la pace e la tranquillità diventano alibi per non correggere i propri errori, come si è visto nello stesso derby. occorre gettare una gragnuola di pietre anche in una pozzanghera.