Non erano trascorsi ancora 20'' dal fischio iniziale, quando Pulisic si ritrovava a controllare il pallone sulla linea dell'out. Arrivava Kamara alle sue spalle e gli dava un un colpetto secco, di quelli furbetti e carogneschi. L'amerikano rossonero perdeva il controllo della sfera, che finiva in fallo laterale per la rimessa dei bianconeri. Era la prima provocazione, l'avvertimento che intendeva marcare il terreno di gioco quale territorio off-limits per gli ospiti. Era il biglietto da visita dei padroni di casa: "Questa sera si cena al prezzo fisso di 3 punti. A fine partita, accomodatevi alla cassa! Non sono previsti sconti".

Le provocazioni, poi, non si sono limitate al prato verde. A queste si sono presto aggiunte quelle dagli spalti, isolate ma reiterate e quindi... davvero sospette proprio perché isolate ma reiterate. La goccia d'acqua sulla testa, continua e fastidiosa, può rivelarsi una tortura feroce. Maignan non ha retto e, sia pure pienamente giustificato dal punto di vista umano, ha fatto proprio ciò che i provocatori speravano: ha perso le staffe e con esse la concentrazione, seguito dai compagni.
Vorrei dirlo chiaramente, perché detesto l'ipocrisia. Qualora i 3 punti di ieri si rivelassero decisivi per far scendere l'Udinese in B, il sottoscritto non si strapperebbe i capelli che, peraltro, lo hanno abbandonato in massa da anni. Ma andiamo avanti.

In un certo senso, Udinese-Milan diventa più leggibile se la si guarda proprio dal punto di vista friulano fino al forcing finale dei rossoneri. Da quella fase in poi, si deve guardare al Milan.
Cioffi passa per un seguace della difesa a 3, ma ieri ha dato l'impressione di aver scalato un uomo indietro per coprirsi meglio, lasciando comunque il centrocampo folto a sufficienza per marcare sul passaggio. In questo modo, il tecnico friulano, ha messo in piedi la solita palude nella quale i rossoneri conquistavano palla per perderla e poi riconquistarla, ma solo per riperderla e così via. Era la classica trappola che, almeno nelle sue giornate migliori, il Torino di Juric riesce a creare. Una difficoltà che il Diavolo di questi anni fa fatica risolvere.

Lucca e Tuco Pereyra giocavano vicini, ma non era una mossa offensiva, perché i due erano posizionati in maniera speculare rispetto ai costruttori di gioco avversari, cioè  Reijnders e Adli. Era una primo ostacolo che rallentava la salita del Milan, senza che l'Udinese pressasse alto in maniera collettiva. I friulani restavano nel loro stagno melmoso di centrocampo, con Lovric e Wallace pronti ad aggredire i suddetti Adli e Reijnders, peraltro già frenati nella costruzione da Lucca e Pereyra. Alternando anticipi e falli tattici, i due mastini dell'Udinese erano autentiche e ingombranti palle al piede.

Qualcosa, tuttavia, non stava andando benissimo per Cioffi e i suoi che davano l'impressione di temere in eccesso le incursioni di Pulisic e Leao sulle fasce. Almeno nella prima mezz'ora, quindi, il Milan riusciva a pungere con discreta incisività per vie centrali, sia pure nelle poche volte in cui superava Lovric e Wallace. Okoye, interessante portiere, fermava un tiro di Giroud, il quale mancava di poco lo stop in un altro paio di occasioni. Alla mezz'ora, poi, la banda Leao/Theo/Giroud/Loftus-Cheek confezionava il gol del vantaggio, con uno schema che sembra ormai collaudato e congeniale alle loro caratteristiche. Leao galleggiava sulla fascia mancina, in attesa che Hernandez si sovrapponesse e andasse in progondità. Theo bucava quella fascia, seppure affollata come l'agorà di Atene nell'ora di punta, e poi la dava tesa dal fondo. Giroud portava via i difensori come il pifferaio di Hamelin con i topi e Loftus-Cheek la metteva dentro di piatto nell'angolo opposto. Tutto da manuale, ma il vento stava per cambiare.

Già qualche minuto prima della rete, Maignan aveva segnalato che dagli spalti arrivavano insulti razzisti, epiteti da far vergognare anche un campione olimpico di maleducazione. Dopo il vantaggio, il portiere rossonero usciva platealmente dal campo seguito dai suoi. Le offese terminavano, ma avevano ottenuto il loro effetto. Gli insulti, infatti, erano piovuti in campo troppo nitidi e reiterati per essere il semplice sfogo di qualche cretino in cerca dell'approvazione dei colleghi. Erano la classica goccia d'acqua destinata a colpire Maignan per deconcentrarlo. E quando Maignan, con tutte le ragioni di questo mondo, ha reagito, si è deconcentrato, purtroppo imitato dai compagni.

Alla ripresa del gioco, in effetti, l'azione personale del pareggio di Samardzic non ha trovato ostacoli né in Kjaer né in Loftus-Cheek, che avevano l'esperienza per spendere il fallo tattico. L'opposizione di Maignan, inoltre, si è rilevata solo formale. Dal canto suo, poi, Cioffi era stato bravo a correggere alcune inefficienze dei suoi, perché il pressing sul passaggio rossonero diventava omogeneo e i rossoneri inziavano a perdere palloni a centrocampo che innescavano le ripartenze avversarie.

Qui dobbiamo spendere alcune parole per Gabbia, che una settimana fa era stato esaltato oltre misura per una partita normale su un Lukaku quasi mai servito dalla Roma. Ieri, dopo il pareggio bianconero, è stato il migliore in campo. Lo spezzettamento della partita, causato anche dal calo di tensione dei suoi compagni ha consentito a Gabbia di mettere in mostra un invidiabile senso del tempo e una capacità di non uscire mentalmente dalla pertita. In due occasioni da allarme rosso, ha sventato la minaccia friulana in maniera limpida e senza fare fallo. E' tecnicamente grezzo, ma Tassotti era un giocatore fatto e finito quando, negli anni '80, Liedholm lo ripulì ricavandone uno dei migliori difensori della storia.

Lo sbandamento rossonero durava 45' abbondanti e causava il vantaggio dell'Udinese. Thauvin, infatti, subentrava a Pereyra nella ripresa per giocare più largo del compagno. Rubava palla a Pulisic e Theo, che si erano sovrapposti pestandosi i piedi e marcandosi fra di loro. Anche in questo caso l'opposizione di Maignan si rivelava soltanto formale.

Tutto perso? Sì, virtualmente lo era, anche perché l'Udinese dava il via alla Fiera dell'Ostruzionismo. La peste colpiva i bianconeri, sempre a terra a rotolarsi come moribondi. Uno spettacolo sgradevole e spietato, che risuonava lugubre come un De profundis in memoria del povero Milan. Ma a questo punto, quando tutto sembrava andato a donzelle di non ineccepibili costumiPioli, altro artefice della vittoria insieme a Gabbia, aveva l'intuizione giusta.

Il Milan non riusciva a fare due passaggi di fila e, quando arrivava al limite dell'area, spediva dentro palloni che venivano risucchiati dai bianconeri. Non era il momento di giocare, perché a centrocampo non c'era trippa per gatti. Era tempo di scavalcare la palude e aumentare il numero dei rossoneri negli ultimi metri. Entravano, quindi Jovic e Okafor al posto di Pulisic e Reijnders (oltre a Florenzi per lo stanco Calabria).

Il Diavolo tentava il tutto per tutto con una pioggia di palloni, che sorvolavano le Everglades sotto gli occhi dei Seminoles friulani. Decisiva una di questa giocate con cui Leao innescava la percussione di Theo e Giroud, il cui tiro impattava la traversa. Jovic piombava per il tap-in come avrebbero fatto Gerd Muller, Paolo Rossi e Pippo Inzaghi. Rubava a Okoye il tempo di spazzare un pallone che sembrava dire "Dolcetto o scherzetto?". Era dolcetto ovvero il pareggio, seguito 10 minuti dopo da una spizzata testa, sempre di Giroud, che innescava Okafor sul secondo palo per la rete che valeva insieme la vittoria, i 3 punti e un bel "Chi vuol fare l'altrui danno ha le beffe ed il malanno"... dedicato all'Udinese, com'è ovvio.

Il Milan ha vinto grazie soprattutto al Gabbia migliore mai visto in rossonero e alla scelta con cui Pioli ha affiancato due seconde punte a un centravanti. Okafor e Jovic vanno bene come giocatori che aggrediscono il secondo palo o comunque la porta dopo la giocata della prima punta. Si dovrà provvedere a trovare un centrattacco autentico, perché Giroud è fatto di carne, ossa e tendini.

Come sempre, Pioli, ha dato il meglio di sé sul ciglio del precipizio. Questa caratteristica è insieme il suo punto di forza e il suo limite.
Quanto all'Udinese, durante il match la regia inquadrava i tifosi friulani, beati e sorridenti come fanciulli della scuola materna, l'età dell'innocenza e della letizia. Alla fine, però non ridevano più, perché il Milan aveva provveduto a dispensare loro un po' di infelicità. Be', parafrasando la "Ballata del vecchio marinaio", persone più sagge e avvedute si sono destate questa mattina. 
A Udine hanno scoperto di saperne una meno del Diavolo, che è andato via con i 3 punti nel portafogli, senza saldare il conto.