La carica agonistica è importante per vincere, purché sia contenuta entro limiti ragionevoli, altrimenti diventa isteria. Ieri la Lazio è scesa in campo con un sovraccarico nervoso insostenibile, per cui è uscita sconfitta contro un Milan che, per come Pioli ha gestito la partita, sarebbe stato pienamente alla portata degli aquilotti.
Il suicidio nervoso della Lazio ha lasciato in eredità al Diavolo 3 punti aurei, vinti al tavolo del blackjack di un ideale casinò calcistico.

E' bizzarro constatare che la Lazio ha sbroccato dal punto di vista nervoso, ma era proprio il tecnico rossonero, Stefano Pioli, a essere il meno sereno di tutti dopo le dichiarazioni di Cardinale. Il proprietario del Milan deve essere molto vicino a un accordo con gli arabi e all'estinzione del debito contratto con Elliott. Cardinale, infatti, ha investito per la prima volta Ibrahimovic del ruolo di suo plenipotenziario, posizione che pone in secondo piano il resto della dirigenza apicale (si sa che ubi maior minor cessat), principale sponsor della permanenza di Pioli in panca. Non solo, ma il tenore delle dichiarazioni di Cardinale non lascia dubbi sul fatto che la sorte del tecnico sia nelle mani proprio di Ibra, un interlocutore imprevedibile e poco malleabile.

Ieri sera, questo Pioli privo di certezze ha schierato inizialmente quel 4-1-5 che riesce solo quando l'avversario si fa cogliere di sorpresa. Sarri, che lo prevedeva, ha accorciato la squadra infoltendo il centrocampo, incastrando i rossoneri a metà strada, incapaci di costruire e in difficoltà nel rientrare quando perdevano palla.
Pioli sostiene che si attacca e si difende in 11. Al minuto 17, in effetti, il Milan ha avuto il tempo di schierarsi, per cui si è vista una difesa a 4, con Bennacer e Adli allineati di fronte ai difensori, Pulisic e Leao leggermente più avanzati sulle fasce, nonché Giroud e Loftus-Cheek punte. L'inglese, in effetti, era la seconda punta mascherata da incursore. Il problema è che il Milan, fino a quel momento, non era mai riuscito a ricompattarsi così. per cui aveva concesso almeno due occasioni favorevolissime alla Lazio, senza riuscire a costruire molto a sua volta.
I pericoli hanno convinto un Pioli riluttante, ma ancora aggrappato al salvagente dello 0-0, a riallineare Bennacer e Adli prima che si andasse al riposo. L'ultima parte del primo tempo, in effetti, è stata più tranquilla, in quanto i rossoneri hanno riportato il match sul piano dell'equilibrio.

Dal canto suo, la Lazio aveva già provato a incanalare la partita sul piano della corrida quando, da Sarri all'ultimo magazziniere, i biancocelesti avevano reclamato un rigore visto solo da loro e dai tifosi rivali (comuni mortali e VIP). Pressato da Castellanos, Florenzi si impappinava e la tirava su Maignan in uscita, ma la palla andava in una direzione dove non c'erano laziali e Florenzi la portava via. Alle sua spalle, l'erba bagnata spingeva Maignan in direzione di Castellanos, che attendeva tranquillo il contatto per iniziare una sceneggiata tale da far impallidire il compianto Mario Merola. Apriti cielo! Fra campo e panchina degli aquilotti, sembrava di sentire uno di quei tormentoni in cui il classico figlio del classico marsigliese, ucciso come da copione a tradimento, torna scannare gli autori dell'infamia.

Nel secondo tempo, l'isteria degli aquilotti sarebbe andata crescendo. Pellegrini spendeva il cartellino giallo falciando Pulisic lanciato sul fondo. Ma poiché il nervosismo non aiuta mai a ragionare, lo stesso Pellegrini si guadagnava subito un secondo giallo. Piuttosto che mettere la palla in fallo laterale e consentire di soccorrere un compagno dolorante, il laziale cerca di proteggere la sfera diretta fuori. Voleva essere certo che la Lazio rientrasse subito in possesso di palla alla ripresa del gioco? Forse, ma se così era, il desiderio di guadagnarci due volte gli costava carissimo, perché Pulisic gli sgusciava via e Pellegrini, persa la testa, lo placcava. Il rosso era inevitabile, per cui di cosa si lamentavano i laziali? Erano nervosi? Volevano intimidire l'arbitro ed essere compensati?
Lo show degli aquilotti sortiva effetti immediati poco dopo. Un tiro di Leao, deviato in porta da Ceballos, portava a una rete che veniva annullata per fuorigioco. Era un fuorigioco semiautomatico segnalato dal VAR, le cui immagini venivano poi mostrate con netto ritardo. Ciò che si vedeva, per giunta dopo tanto tempo, era che chi aveva individuato il fuorigioco aveva una fantasia degna di Tolkien.

A questo punto, entrava in azione Pioli, probabilmente voglioso di mostrare a Ibrahimovic che Conte non serve. Il tecnico esibiva una delle sue mistiche letture di partita (avete letto bene, mistiche non mitiche). Sostituiva Florenzi e Adli con Calabria e Reijnders, mosse opportune, visto che i primi due erano ammoniti. A 20 scarsi dalla fine, però, Pioli toglieva lo stanco Bennacer per Okafor, che si posizionava seconda punta. Sì, avete capito bene, il Milan era tornato al 4-1-5 che lo aveva messo in crisi nella prima parte del match, in nome di un fervore religioso, quasi mistico, verso un malinteso senso del gioco d'attacco.

Dio lo vuole, ha urlato Pioli, sentendosi il Goffredo di Buglione che guida i crociati rossoneri all'attacco! 
E così piacendo all'Onnipotente, il Milan tornava in crisi, visto che i suoi sembravano fanti della Grande Guerra che correvano a farsi falciare dalla mitraglie austriache sul fronte dell'Isonzo. 
I laziali erano dietro la trincea quando si difendevano, mentre colpivano come i cavalleggeri numidi a Canne quando contrattaccavano. Provedel salvava miracolosamente, ma Pioli rivoluzionava la sua difesa con un giro quadriglia che portava improvvisamente Thiaw e Tomori al posto di Kjaer e Gabbia. La Lazio, pure in inferiorità numerica, aveva occasioni quanto il Milan, ma per fortuna dei rossoneri, Immobile non brillava per precisione quanto si distingueva per litigiosità. 
Decideva Okafor al minuto 87', in posizione arretrata rispetto a Giroud, che attaccava il primo palo. La metteva dentro dopo un batti e ribatti. Il giocatore è forte, ma come Jovic, ha confermato di rendere con una prima punta vera che apre gli spazi. La rete di Okafor avrebbe dimostrato anche la bontà del cambio di Pioli, ma non dell'assetto tattico creato. Okafor, infatti, toglieva spazio in avanti a Loftus-Cheek, che continuava a giocare avanzato, pur cercando di tornare a difendere.

Negli ultimi tempi, si sta vedendo un Loftus-Cheek opaco, poco incisivo, anche se volenteroso nel ripiegare in copertura. Con Okafor a riempire l'area, non sarebbe stato meglio mantenere un centrocampo credibile, come nella parte centrale della partita?
Il Milan continuava a soffrire fino a recupero inoltrato, ma Marusic, in presa a crisi nervosa quanto il resto della truppa, non teneva la lingua a freno.
Quando Di Bello sventolava il cartellino rosso, non potevi fare a meno di pensare a Giroud nel finale di Lecce.

Guendouzi, dopo essere stato placcato da Pulisic, reagiva male. Di Bello, incattivito, sventolava il giallo a Pulisic e il rosso al laziale, con una sanzione troppo severa nei confronti del secondo. Ma ci chiediamo quanto fosse differente la reazione di Guendouzi rispetto a quella di Jovic contro Izzo a Monza? Rivedete le azioni, fermo restando che, se il sottoscritto fosse stato al posto di Di Bello, si sarebbe limitato ad ammonire salomonicamente entrambi. Del resto, se Di Bello è stato troppo severo con Guendouzi, in precedenza era stato di mano molto tenera con Hysaj per una gomitata volante da sanzionare col rosso diretto. Un effetto delle sceneggiate?

Alla fine dei giochi, la Lazio ha giocato equilibrata in tutti i reparti, creando pericoli al Milan, non solo in 11, ma anche in 10 e 9 uomini. Non sappiamo cosa avrebbe fatto in 8, perché ormai la partita era agli sgoccioli degli sgoccioli La cosa, però, inizia e finisce qui. E' stucchevole, infatti, discutere su chi ha meritato e demeritato. Contro l'Atalanta, il Milan non ha segnato e quindi non ha meritato di vincere. Contro la Lazio, l'ha messa in porta e quindi ha meritato i 3 punti. Tutto il resto è aria fritta della migliore specie in uno sport di risultato come il calcio, dove non c'è una giuria che premia la prestazione, bensì occorre fare gol.
Se mai, la Lazio deve recriminare sul fatto di aver optato per una specie di jihad calcistica ed aver avuto come primo obiettivo intimidire l'arbitro. Se avesse pensato di più a fare la partita, il Milan avrebbe rischiato di brutto.

Quanto al Milan, Pioli deve uscire dal labirinto senza uscita del voler dimostrare qualcosa a tutti i costi ed essere confermato. La sua conferma o il suo esonero dipenderanno da decisioni politiche, intese in senso lato. Ibra lo conosce bene e non sarà una vittoria in più o in meno a fargli cambiare idea, anche perché lo svedese non dà l'impressione di cambiare facilmente idea. Mi sembra evidente, in ogni caso, che i nuovi soci sono destinati a diventare i padroni, quantomeno in prospettiva, quando la costruzione dello stadio sarà in fase avanzata e le azioni avranno un prezzo più alto per soddisfare Cardinale. I nuovi soci in arrivo potrebbero avere il loro nome e quel nome andare bene anche a Ibra.
Se mai, al di là della reale forza dell'Inter, una squadra come l'attuale Milan non può avere la continuità per vincere lo Scudetto. Il blackjack è un gioco d'azzardo e giocando sempre d'azzardo al red-and-blackjack non si va lontano. Le partite come quella di ieri, prima o poi, ti vanno male e perdi punti indispensabili alla classifica.

Non fa differenza perdere punti perché sei scarso o... per una questione di mentalità come a Monza.