Il torneo di Wimbledon è ormai al suo epilogo finale. I migliori tennisti, sia uomini che donne, hanno intrapreso la via delle semifinali. In attesa dei risultati e delle proclamazioni dei vincitori, facciamo alcuni distinguo.
Il primo, la pronuncia. Ormai tutti dicono Uimbledon, anziché Uimbldon. Come dire gentlemen anzichè gentlmen. Io non sono un insegnante d'inglese, e il mio è un inglese scolastico, ma l'imprecisione della pronuncia mi sembra un fatto inaccettabile, soprattutto da parte di chi, commentatore televisivo, ci ha anche giocato.
Mi capitò tanti anni fa, quando lavoravo in banca, che arrivò una cliente italiana, che abitava appunto a Wimbledon, e io con sorpresa le dissi: Ah,  lei abita a Uimbledon. Lei mi corresse dicendo: Uimbldon. E ancora oggi ho chiesto a due amici inglesi e mi confermano quella pronuncia. Insomma, ormai la pronunzia si è italianizzata, mettiamoci il cuore in pace!
Ma il Torneo di Wimbledon è soprattutto il torneo più famoso del mondo, essendo uno di quelli del grande Slam, ovvero i quattro tornei più importanti, quelli che si giocano al meglio dei cinque set. E sono l'Australian Open, l'Open di Francia, il Roland Garros, Torneo di Wimbledon e US Open, a Flushing Meadows. Chi riuscisse a vincere tutti i quattro tornei in almeno due sessioni, riuscirebbe a portarsi a casa un gruzzolo di almeno due milioni di dollari.
Le superfici di gioco sono diverse. All'Australia Open, si gioca sul Greenset, una superficie sintetica in acrilico duro. A Parigi, si gioca sulla terra rossa, a Wimbledon sull'erba, ed a Flushing Meadows una superficie veloce tipo cemento. Avere l'attitudine a giocare su questi campi diversi richiede una propensione a queste superfici piuttosto difficile da praticare. In ogni caso abbiamo giocatori specializzati sull'erba, altri sulla terra rossa ed altri sui sintetici. 

A Wimbledon si gioca dal lontano 1877, quando Spencer Gore, battè in finale William Marshall, entrambi inglesi. E fino al 1907 non si riuscì ad avere un vincitore straniero, quando Norma Brooke, australiano sconfisse Norman Brookes, britannico. Si alternarono diversi campioni durante gli anni, come Lacoste, Newcombe, Rod laver, Fred Perry, fino ad arrivare ad Arthur Ashe, statunitense, il primo di colore, nel 1975. Dopo di lui cominciò la saga di Borg, Mc Enroe, Connors, Becker, Sampras, fino ad arrivare agli attuali Federer, Nadal e Diokovic.
E proprio Diokovic ha ieri eliminato l'ennesimo italiano, Jannick Sinner, che deve il suo nome ad un grande tennista francese, Jannick Noah.
Per noi italiani Wimbledon è stregata, come l'Open d'Australia e Flushing Meadows.
L'unico a renderci felice fu il Roland Garros del 1976, quando lo vinse Adriano Panatta. L'anno scorso Berrettini fu sconfitto in finale, a Wimbledon da Diokovic, e quest'anno seppure Sinner abbia giocato una partita superba, ci ha di nuovo tolto la possibilità di vedere un azzurro lassù, sul piedistallo.
Cosa ha sbagliato Sinner? Per prima cosa, ha sbagliato avversario, poichè se il tabellone gli avesse presentato un altro tennista, probabilmente le semifinali le raggiungeva. Sulla partita, direi che non gli si possa dire nulla. Ha dominato i primi due set, e messo Diokovic all'angolo, lo ha combattuto con la mentalità giusta, ha retto fisicamente, ma ha quindici anni meno di lui, e questo lo mette al momento in forte difficoltà. L'esperienza di Diokovic è uscita fuori, ma non ha usufruito della ingenuità di Sinner, tutt'altro. Ha cominciato a giocare a livelli stratosferici, e al momento il nostro giovane Jannick non può affrontarli senza soccombere. Forse il Toilet Break ha aiutato Novak, ma cosa sia successo in bagno... non si sa! Ma sono sicuro che tra un paio d'anni, se Jannick continuerà nella sua crescita, avremo il nuovo numero uno e sarà italiano. Probabilmente sarà finale tra due mostri sacri, Diokovic e Nadal, più di settant'anni in due, ma ancora classe da vendere.

Ma come si gioca a Wimbledon? La superficie è come detto e l'erba con rimbalzi meno netti della pallina, che spesso scivola via rendendo difficile rispondere. E questo favorisce chi ha un buon servizio, soprattutto con alta percentuale di prime palle. La risposta ideale è in slice, ovvero di piatto con effetto che rende il rimbalzo più basso e insidioso, non permettendo la risposta in top spin.
Chi è bravo nel gioco al volo può sbizzarrirsi, come pure chi sa tenere la palla profonda alla risposta. Se ben giocata la palla corta è un'ottima soluzione di gioco. Il problema spesso è incontrare giocatori detti "erbivori", ovvero giocatori non in alta classifica nel ranking mondiale, ma che sono altamente specializzati nel gioco sull'erba, che spesso eliminano teste di serie, e qualche volta arrivano in finale, come successe a Roscoe Tanner, che nel 1979 rese la vita difficilissima a Biorn Borg (Biorn voleva dire orso), costringendolo al quinto set nella finale poi vinta da Borg. Ma il suo servizio era veramente una bomba e ci volle tutta la classe dello svedese per averne ragione.
Poi bisogna ricordare le finali tra Mc Enroe e Borg, di livello altissimo, dove Mc Enroe trovò spesso il modo di vincere, seppure avesse un caratterino piuttosto pepato, e le liti con il giudice di sedia erano sempre furibonde, al limite della squalifica, e qualche penalizzazione la riceveva pure. Ma che classe! E bisogna dire che quello di litigare con qualcuno durante la gara è ancora oggi un metodo di diversione, o di caricarsi.
Si veda Kirgios, contro Tsitsipas, che lo ha fatto andare talmente fuori di senno da fargli perdere la partita. Oppure di Nadal, che contro Sonego, aveva perso il servizio e stava rischiando di perdere, e lui cosa fa? Lo chiama a rete e gli dice che quando risponde non deve emettere gemiti troppo forti, perché lo deconcentrano. Il povero Sonego, rimane perplesso, ed intimorito da sua"maestà" cosa fa? Comincia a perdere! Così va a casa. Probabilmente Sinner o peggio ancora un tipo come Panatta, lo avrebbe mandato a rivisitare la Spagna, ma sappiamo com'è, i deboli perdono se si lasciano  coinvolgere.

Ed uno sguardo lo darei al mondo femminile di Wimbedon, e vorrei ricordare due signore fantastiche: Chris Evert e Martina Navratilova. Per anni la finale si svolgeva tra loro due, divise da molte cose. Chris Evert, Statunitense,  era la femminilità in campo, bionda, occhi chiari e fisico longilineo ma piacevole alla vista. Non a caso fu per anni la fidanzata di Jimmy Connors.
Martina Navratilova, Ceca, era invece l'opposto, non bella, con un fisico mascolino (si diceva fosse gay) e con una potenza di braccio mostruosa. Nelle loro sfide, io tifavo per la mia Chris, ed effettivamente ne ero innamorato, ma spesso vinceva Martina. Oggi assistiamo ad un tennis femminile molto più evoluto, con scambi velocissimi e impugnature ad un braccio e non più con due mani. E' il sintomo che la forza è aumentata, come pure l'intensità degli allenamenti, e penso che oggi la stessa Navratilova avrebbe difficoltà a gareggiare con queste moderne giocatrici, che comunque mantengono un tratto femminile notevole e di rara bellezza. Ed abbiamo anche tenniste sposate con figli, come la Tatjana Maria, tedesca. E la Maria, insieme alla Halep, sembra si disputeranno la finale di questi Open, e lo spettacolo non mancherà.

Un ultimo pensiero lo voglio dedicare ad Arthur Ashe, nato nel Luglio 1943 a Richmond, Usa, e morto nel Febbraio 1993 a New York.
Fu il primo tennista che morì di Aids, a causa di una sfortunata trasfusione di sangue infetto. Ed in quel periodo morivano molti uomini illustri, come attori ed anche sportivi di successo. Vinse a Wimbledon nel 1975, primo tennista di colore, e fu uomo di grandi doti umane ed un vero gentiluomo.
Rest in peace, Arthur.