Il compianto Troisi recitava che nella vita ci sono i "miracoli", quelli eclatanti, e più generalmente, "o miracolo", quelo di serie B, che tutti i giorni possiamo osservare, secondo la propria propensione alla fede o alla creduloneria italica, soprattutto partenopea, dove tutto è miracolo, ma senza troppa enfasi. 

Così possiamo definire lo status calcistico e gestionale del buon Allegri, abituato a corti musi, bracci corti, gambe storte e soprattutto, a possessi limitati di palla. 

A Monza il miracolo, quello con la M maiuscola, c'è stato! Si, prendi gol dopo un tempo trascorso a rincorrere palloni come se davanti a te non ci fosse il Monza, ma il Manchester City, e poi negli ultimi secondi, la squadra impazzisce di colpo e comincia finalmente a giocare, e con la cattiveria inusitata non espressa fino a quel momento, piazza la zampata decisiva, con "ciccata" iniziale, ma con caparbietà assoluta esibita dal "gattone" Federico, che ultimamente segna più di quello che dovrebbe fare l'attaccante, di cognome Chiesa. 

Fa tenerezza la difesa di Palladino, il quale lamenta che Gatti, non colpisce bene la palla, come se fosse solo fortuna. Ma vorrei dire che in primo luogo, la fortuna aiuta gli audaci, e che se uno davanti alla porta riesce a colpire due volte un pallone, qualcosa da dire alla sua difesa dovrebbe trovarla. Se poi parliamo di fortuna, anche il suo gol, era un caso di fortunoso cross che nessuno colpisce, nemmeno il portiere della Juventus, colpevole non poco nell'azione. 

La partita è una serie di orrori, a cominciare dal rigore di Vlahovic, tirato male due volte, prima per titubanza nel calciare e, sulla respinta, incapace di segnare a porta vuota. Di Gregorio dovrebbe pagare più di un caffè al buon Dusan. Sono sempre dell'avviso che i rigori si tirano in un certo modo. Ed il modo principale è il piglio deciso, la velocità di passo, e l'impossibilità di permettere al portiere di capire dove va la palla. Poi c'è anche un altro modo, ed è quello di guardare il portiere, perché novanta volte su cento l'angolo te lo scopre lui. E questo vale sia per Dusan, che per Jorginho, ormai spero non più indicato come rigorista nella nostra disperata Nazionale. 

Ma l'episodio viene "sanato", dal gran gol di testa di Rabiot, che appena un minuto dopo trova lo spazio per segnare con un colpo forte e imprevedibile per il portiere "miracolato" prima da Vlahovic. La Juventus continua a fare gioco, perché il Monza non sembra si rialzi, e potrebbe segnare ancora, ma sappiamo che utimamente se non segnano i difesori o i centrocampisti, in attacco non c'è trippa, tranne che per Gatti.

Nel secondo tempo ci si aspetta giustamente la reazione del Monza, e la squadra comincia a prendere campo, sempre di più. La Juventus invece arretra, come se fosse già finita la partita. Palladino capisce la gestione mentale della squadra bianconera e immette più giocatori di movimento e di attacco. Valentin Carboni è tra questi, buon talento, ma se lo si marca a dieci metri, persino mia "zia fa sfracelli", come direbbe un mio vecchio allenatore. E se lo chiamiamo corto muso, io ribatterei che siamo invece al muso ottuso. Tutte le partite è una sofferenza, palloni che non escono mai dall'area, attaccanti che non prendono più la palla, giro palla trenta metri davanti all'area juventina. E' troppo!

Non si può portare una squadra mentalmente in uno stallo calcistico del genere. I giocatori non hanno nemmeno la possibilità di gestire un pallone che gli avversari fanno quel che viene facile, pressing di tre, quattro giocatori sul portatore di palla e riconquista immediata della sfera.  E' uno stillicidio, un degenerare il gioco in una condizione di minimo sindacale inaccettabile, al limite dell'assenteismo in campo. 

Ma perché si verifica questo? La risposta è nell'incompletezza di alcuni giocatori. Le punte fanno le punte, giustamente, ma nell'Inter, sono più avvezze nella riconquista della palla, approfittando dei passaggi indietro, o schermando i passaggi laterali e in avanti. Nella Juventus, invece arretrano e "ballano" tra un  pallone l'altro, spompandosi in un rincorrere palloni senza mai prenderli, perchè se fai il cagnolino che caracolla da una parte all'altra del campo senza vederla mai, alla fine rinunci all'osso. Altro problema è l'abbassarsi troppo dei quinti. 

Tutte le squadre ormai sanno che i quinti sono si, una risorsa in attacco, ma sono anche il presidio alto sulle fasce, che necessariamente permettono di chiudere gli esterni  avversari. Venerdì, il Monza arrivava sulle fasce fino al limite dell'area, dove finalmente trovava qualcuno che, disordinatamente, usciva a controllare, chiudere, ma mai riconquistare palla. E sulle respinte, mi aspetterei una squadra che sale, tutti insieme, così, per sgranchire almeno le gambe, e quindi non permetta la gestione comoda della palla nella nostra metacampo.   Ed invece tutti lì, fermi, ad aspettare la gogna che arriva. Ed in una situazione simile, basta un niente, persino un traversone sbagliato, che prendi la rete che potevi evitare giocando normalmente. Così si rinuncia anche ad attaccare, e la difesa del Monza, mai sotto pressione, non si preoccupa mai di marcare, perché palloni non ne arrivano e quindi Palladino immette più attaccanti, e toglie difensori, che a quel punto non servono. Eppure questa potrebbe essere la mossa che l'ha fatto perdere. 

Sull'azione di Rabiot, la difesa è poco fisica e così il transalpino riesce a superare facilmente un giocatore non avvezzo alla marcatura, mette poi il pallone in mezzo e, la mancanza di difensori di ruolo, lascia scoperta la zona davanti a Di Gregorio. Per Gatti c'è anche il lusso di non prenderla bene, ma tanto nessuno lo ricupera adeguatamente e, senza problemi, scarica la sua tensione nel pallone che gonfia la rete dei monzesi e sgonfia le loro ambizioni di pareggio. Spesso si pensa di risolvere tutto con colpi di genio, ma l'esperienza a volte fa di più. 

Riempire le fasce di buoni giocolieri a scapito di forti e strutturati difensori può fare acquistare possesso palla, ma non rafforza l'attacco se in mezzo svettano i difensori avversari, ben coordinati e forti muscolarmente. Infatti fino al mezzo tiro che ha bucato Sczesny, tiri in porta e conclusioni pericolose, non se n'erano viste. La reazione di Rabiot, forse innescata da quel brutto atteggiamento di Gagliardini, ha scombinato tutto. E' il fattore imprevedibile, ma sempre considerabile, la reazione del singolo. E qui il miracolo di Allegri prende forma, sotto le vestigia di un transalpino "incazzato", che tramuta la delusione in forza agonistica. Quella forza agonistica che spesso la squadra non riceve, o non riesce a trasmettere sul campo, dove un pò di spregiudicatezza in più non farebbe male. E le coronarie di Allegri e del suo staff avrebbero meno pressioni arteriose, se i giocatori avessero la possibilità di giocare in un modo meno "risparmioso" e più votato al movimento corale rivolto alla conquista della palla ed alla ripartenza rapida. Quello che ad inizio campionato veniva osannato come metodo Magnanelli,  è finito ormai nella spazzatura e dimenticato nei bagni dello spogliatoio. 

Il miracolo di Allegri, continua, riesce a veleggiare nelle parti alte della classifica, ma forse più per demerito degli altri che per meriti propri. Dicono che ormai il "target" Juventus è lo scudetto. Vedendo giocare così, mi vengono i brividi, e se comunque Allegri riuscisse a vincere veramente il campionato, sarebbe vinto con la tattica del "ciapa no" famoso gioco di carte lombardo, nel quale vince chi conquista meno carte, una derivazione del tressette. E Allegri vincerebbe conquistando meno campo. Ma attenzione, nel gioco citato, se prendi "cappotto", hai perso. Quindi attento Allegri, qualcosa in più lo devi fare, altrimenti può saltare il banco!