Oggi l'eredità lasciata da Silvio Berlusconi è una domanda che tutti si pongono. Non parliamo dell'eredità patrimoniale nella successione legale della sua famiglia, ma di altre eredità. Il patrimonio di Berlusconi non è solo di carattere finanziario ed economico, ma anche di tipo politico e sportivo. 

Nell'ambito sportivo, terminata da tempo la sua avventura al Milan, dove ha vinto come pochi, era approdato al Monza, con l'amico Galliani. Qui ha portato la squadra in serie A, consentendo alla società di rimanere nella massima serie, con un'oculata campagna acquisti e la competenza di un vecchio lupo di mare come Galliani. Il prode Adriano, nonostante le minori disponibilità finanziarie rispetto alle cifre mostruose che manovrava al Milan, è riuscito a mettere insieme un gruppo vincente, che nella passata stagione ha fatto sei punti con la Juventus (approfittando di due situazioni sfavorevoli dei bianconeri) ed ha battuto anche le altre squadre titolate, salvandosi senza fatica. Mettiamoci anche il fattore fortuna, perché Palladino è una scommessa sulla quale pochi avrebbero puntato, ed invece si è dimostrato un allenatore di grandi prospettive future. Berlusconi probabilmente, prima della sua morte, avrà dotato la società di risorse per continuare la cavalcata vincente, e per qualche anno non ci saranno problemi, seppure il management e l'esperienza di Galliani siano un viatico per gestioni serie con conoscenze tecniche e di mercato.  

L'altra eredità, più complessa, è quella politica. Forza Italia è una sua creatura, con lui al centro del progetto, dove il carisma e la potenza patrimoniale ed economica hanno fatto la storia della nostra Repubblica, sia nel bene che nel male. La famiglia non sembra molto interessata ai giochi politici ed alle battaglie che quasi ogni giorno stimolavano il "guerriero" Berlusconi. Il nostro Tycoon, era molto avvezzo alla bagarre e non disdegnava nessun confronto, seppure burrascoso.
La famiglia, invece, pare non si voglia inserire in una dimensione che non hanno mai veramente accettato, ritenendo spesso il loro congiunto troppo impegnato in lotte e pensieri che forse avrebbe dovuto lasciare ad altri.
Ma il Silvio, non voleva mai perdere la sua voglia di protagonismo, e amava vivere la storia del nostro paese, seppure talvolta contro le normali regole che ognuno si sarebbe dato. Ma ora non c'è più, e la famiglia ha rispettato l'obbligo di sopportare i debiti della forza politica, ma il sentimento comune ci porta a sostenere che sarà un lento ma deciso disimpegno politico, dovendo fare fronte ad altre questioni, come la scalata azionaria alle società del gruppo, che fanno molto gola ad investitori d'assalto. La stessa Fininvest, non esiste più lasciando il posto ad altre società, quotate in borsa spezzettandosi in altre innumerevoli società.
Nel panorama industriale, ci sono finanziarie, banche, editoria, televisioni e, nemmeno tanto velate, le  costruzioni immobiliari e la gestione di patrimoni di case ed asset finanziari. C'è molto lavoro da fare, e Marina, il fratello di Silvio, Paolo, devono vigilare e prendere decisioni sempre più stringenti e sempre alle prese con iene circolanti pronte a saltare addosso al primo segno di debolezza.

E tra queste grandi eredità, ci può stare la piega di un eredità non legale, ma di fatto, e potrebbe riguardare la concorrenza televisiva e perchè no, anche politica. Mi riferisco ad Urbano Cairo. 
Urbano Cairo fu uno stretto e prezioso collaboratore di Berlusconi all'inizio della sua avventura editoriale e televisiva. Pare che proprio le intuizioni di Cairo fossero alla radice di quello che fu l'inizio di un impero ancora oggi enorme e senza rivali. Ma ultimamente, il proprietario della 7, tv ormai in ascesa, sembra stia entrando nella vita editoriale e televisiva con sempre maggior penetrazione. Il suo è un impero editoriale che comprende molte riviste di gossip e di magazine, sempre nel vivo delle fantasie italiane. Occupa uno spazio, un certo target, con un quasi totale monopolio. Ma con l'acquisizione nel 2016 della totalità delle azioni della R.C.S Mediagroup S.P.A., acquisisce una potenza di fuoco notevole, grazie anche alla possibilità di inserirsi nel mercato del web, insediandosi anche in Spagna. 
Il gruppo Cairo Communications ha una leadership nel mercato editoriale e televisivo in grado di oscurare in breve tempo  le reti Mediaset. 

Ma se dal punto di vista commerciale si registra una specie di passaggio di testimone commerciale, non si può escludere in futuro un'ingerenza politica. 

La 7 è una tv che si presta molto ad una visione di sinistra della nostra politica. Ed in questo momento in cui sembra che il Governo Meloni stia epurando molti personaggi "scomodi" dalle reti nazionali, Cairo sembra acquisire alcuni di questi professionisti, dotati di molta audience. Tra questi ultimamente, il giornalista Massimo Gramellini, ai margini della tv di stato. E probabilmente arriveranno altri protagonisti del piccolo schermo, emigrati dalla rete governativa. Se Fazio e Crozza sono alla Nove, non vuol dire che siano fuori dall'orbita di Cairo. Un pò come successe con il primo Berlusconi, che agli albori delle tv private, prese dalla RAI dei giganti come Mike Bongiorno, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Emilio Fede ed altri bravi professionisti dello schermo, inaugurando una stagione di progressi e vittorie nel panorama dell'audience, soprattutto in prima serata. E la potenza mediatica, potrà ispirare la discesa in campo di Cairo, e perché no! Forse è troppo schivo per buttarsi sotto i riflettori delle battaglie politiche, e la sua indole piuttosto dimessa e poco appariscente ne potrebbe sconsigliare la partecipazione in prima persona. Ma la coscienza che il mercato dei media e dell'editoria, possano spostare le sorti politiche, possono normalmente agitare lo spettro dell'eminenza grigia, colui che manovra da dietro le quinte i burattini della  politica spostando consensi come il vento le nuvole. Certamente sarebbe un bel dilemma per i fino ad oggi "fortunati" di centrodestra, che per decenni hanno potuto attingere a piene mani nel patrimonio monopolistico di Silvio. Oggi la trippa passa ad altri. Saranno veramente scaltri nel centrosinistra, ed approfttare così di un'opportunità storica? Non si sa, perché sembrano più intenti a disegnare la loro identità che a guardarsi in giro! 

Cairo, similmente a Berlusconi, ha anche la proprietà di una squadra di serie A, il Torino. Ma non sembra intenzionato a spendere i miliardi che Berlusconi spendeva per il Milan. In primo luogo, perché i tempi sono cambiati, e il sospetto che tanti soldi fossero manovrati da "insana" gestione fu sempre molto sospetto. Poi, il patrimonio di Cairo non consente le spese di cui sopra, se poi ci mettiamo il Fair Play finanziario, la vita si fa dura. L'impressione è che la squadra navighi sempre a metà classifica, senza mai rischiare di retrocedere, e nemmeno di aggiudicarsi qualche posto per le coppe. 

Rimango comunque piacevolmente attratto dalla figura di Urbano Cairo, un esponente del nostro capitalismo che dovrebbe essere di stimolo e di esempio per altri imprenditori, i quali sembra abbiano più a cuore le imprese finanziarie e la gestione delle imposte che un'effettiva crescita del tessuto sociale e lavorativo italiano. 
La critica neppur velata la rivolgo proprio alla famiglia Agnelli. Per decenni ha sfruttato il mercato italiano, sia del lavoro che della vendita di autovetture, e le uniche attività che sembrano siano rimaste come sede in Italia sono la Juventus e la Ferrari. 

La sede dell'Exor, o Stellantis, chiamatela come volete, è finita in Olanda, dove il "dumping fiscale" è un'indecenza che la comunità economica europea non ha mai collocato nel suo giusto alveo, ovvero  dell'aiuto di stato. Ultimamente, la questione Magneti Marelli, con l'ennesima fabbrica di Crevalcore che chiuderà, e seppure la proprietà sia di un fondo americano, la crisi nasce in effetti dalla mancata collaborazione con l'ex Fiat, con la predilezione di contratti con altre società di componentistica, come la francese Forvia, ex Faurecia. 

Ormai le autovetture che circolano in Italia, una minima parte sono del gruppo Exor. La Toyota, la Mercedes, la Volkswagen, l'Honda e la Hiunday, la fanno da padrona. Forse si devono fare qualche domanda.
Cosa ha prodotto una debacle totale del settore nel nostro Paese? Forse la scelta di non investire nella giusta direzione di ricerca, prediligendo la ricerca di minori tasse da pagare e di risparmiare sul capitale umano? Oppure di guardare all'auto satellitare mentre altri sviluppavano il sistema elettrico? Ebbene, se oggi la Juventus si trova in tale situazione di debolezza politica e burocratica, lo deve alla perdita di forza commerciale e mancanza di dirigenti nella federazione calcistica, oltre alla mancanza di partiti politici che la difendano. Anzi, pare che qualche guaio sia nato proprio in casa di qualche lobby politica, che ha approfittato della debolezza istituzionale della società bianconera per potere colpire a piacimento, sfruttando le situazioni create con la promozione a manager di uno che doveva continuare a fare un altro mestiere, ovvero Paratici. 

Ieri sarebbe stato il compleanno di Berlusconi, e seppure non l'abbia mai amato e neppure votato, voglio lo stesso riconoscergli il suo essere stato nella storia e nella tribolata vita del nostro Paese, come un elemento innovatore, la sua dipartita lascerà molti interrogativi.
Addio Silvio!