La politica dei giovani può dare i suoi frutti, specialmente se gli scout operano con dovizia di particolari e guardando non solo l'aspetto tecnico, ma quello mentale, obbligatorio per chi deve diventare un vero professionista. 

Si è parlato molto di Bellingham e, con spirito di comparazione, di Sinner. Sembano due cose distinte, due sport diversi, ma li accomuna una cosa semplice. Sono due campioni. 
Entrambi hanno sempre ricercato la serietà e la dedizione agli allenamenti ed al lavoro duro, come viatico per una carriera precoce ma  duratura. E sanno già ora, poco più che ventenni, che la prossima sarà sempre più dura. Perché non basta arrivare, poiché il peggio sarà rimanere! 
Così rispose Bellingham agli emissari del Liverpool che volevano parlargli: "Ora ho l'allenamento, passate più tardi!"

Era non solo un atto di concretezza sportiva, ma un rispetto per gli altri, che fanno parte della sua squadra, e che tutti insieme devono correre e giocare nel modo migliore. E con esso, cercare tutti insieme di vincere e guardare avanti. Capello disse poi che, giustamente, il Liverpool gli voleva parlare ma il Borussia lo comprò, così, a scatola chiusa. Ma dentro la scatola c'era uno scrigno prezioso, un talento senza eguali e non si dovranno fare paragoni, sarà Bellingham, unico suo termine di paragone: con se stesso. 
Vederlo giocare ieri era come disse Boskov, "un cervo che esce di foresta", ma in realtà sembrava uno che sembrava nato per giocare su di un campo di calcio. La naturalezza del suo muoversi, del suo giocare la palla, la prontezza reattiva dei suoi muscoli e la facilità di corsa, hanno annichilito avversari molto più strutturati ed esperti di lui. 

Così giovane si è preso sulle spalle il Real Madrid, risolvendo tutti i problemi tecnici e di infortuni che Ancelotti deve subire in questi giorni. Palla a lui, e finiva in banca. Quindi usciva dai forzieri e diventava oro ed interessi a buon tasso per i suoi compagni di squadra.
Mi ha impressionato. Come già mi aveva impressionato contro la nostra Nazionale, povera di questi talenti, o almeno in fase di crescita, ma che non sbocciano mai. L'ultima partita ci ha fatto un'azione da Messi, o da Ronaldo, obbligando la nostra difesa a stenderlo e così a dovere subire un rigore sacrosanto. Lasciamo perdere su come ci siamo trovati in quattro a farci superare da un rimpallo, ma la scaltrezza e l'intelligenza calcistica del "Jude", ci ha comunque fatto ammirare la sua caratura tecnica e fisica. E pare che quando lo vogliono osannare, i suoi fans cantino un bel motivo dei Beatles: Hey Jude!

Lo scrigno prezioso lo abbiamo anche noi, ma nel tennis. Uno così non me lo ricordo proprio. Panatta aveva una classe enorme, fisicità notevole, tecnica sopraffina, ma mentalmente non c'era. O meglio, andava a corrente alternata, poichè quando volle si vinse Roma e Parigi (grande Slam), per poi nello stesso anno uscire nei quarti per mano di Duprè, un americano che a Wimbledon lo portò al quinto set. E qui, per uno che non amava molto soffrire in allenamento, fu una mossa vincente. Però la sua caparbietà ed il suo essere uomo squadra lo spinse fino alla prima Coppa Davis, seppure in compagnia di Barazzutti (molto simile ad Arnaldi), Bertolucci, suo compagno di doppio e Zugarelli, lo specialista sull'erba. 
E' stato un peccato che un simile campione non abbia vinto quello che realmente poteva vincere. 
E questa è la dimostrazione che nello sport, se vuoi riuscire devi soffrire, abituarti a soffrire, e non lamentarsi mai di dovere soffrire. E questo lo spiegavo ad alcuni dei miei bambini, che allenavo e spesso mi spiegavano che loro erano bravi perché sapevano fare le rovesciate acrobatiche, e tante altre cose da fermo. Ricordavo loro che in campo devi prima correre, poi saltare,  spingere, prendere botte e quindi se hai la palla, fare vedere che sai cosa farne. E tutto questo, se non ti alleni bene, non riesci neanche ad iniziarlo. 

Tornando al nostro calcio, sembra che ci siano talenti in rampa di lancio, ma la mentalità di alcune società, o meglio di alcuni allenatori, è  ancorata al risultato. Presidenti e dirigenti non sopportano che la squadra perda, anche se gioca bene, si deve fare risultato. Lo chiede la piazza, gli sponsor, i soldi di una migliore classifica, e non ultimo una sorta di prestigio personale, vero narcisismo calcistico che ha fatto molte vittime innocenti.
Il risultato è che i giovani, quando esordiscono, si limitano a fare il "compitino", non essendo ammessa nessuna divagazione. Devono stare agli ordini severi del mister, e spesso non riescono ad incidere in campo come potrebbero. E sappiamo che nel calcio la propensione alla rottura degli schemi, e la capacità di creare un vantaggio da un gesto tecnico, seppure ardito, non viene accettato da alcuni allenatori, ma sposta gli equlibri del risultato. I quali alla prima "defailance"attivano le riserve e predispongono la sostituzione. In tal modo chi gioca deve fare il solito "compitino". Ma così non fa nulla di più di quello che può fare chiunque, ovvero un qualsiasi giocatore normale. Ma se hai un futuro campione, non lo devi fermare, gli devi anche permettere di sbagliare, e visto che sbagliano tutti, i suoi errori devono essere maggiormente compresi. E se le squadre meno ambiziose riescono a fare giocare più giovani, è solo perché le tensioni sono minori, le ambizioni minime, e la prospettiva di vendere il giovane a buona moneta diventa un incentivo.
Oggi vediamo giocatori come Barrenechea e Soulé, andati in prestito al Frosinone, che giocano bene e sembrano ormai degli attori consumati della nostra serie A. Altri, come JIling Jr, rimasto a Torino, che si consuma le terga in panchina, nonostante l'anno prima abbia fatto tremare mezzo Da Luz, lo stadio di Lisbona, dove la Juventus perdeva 4 a 1, ma con il suo ingresso arrivò al 4 a 3, finendo in attacco una partita che sembrava segnata. Eppure oggi non si capisce dove sia finito. Capisco le necessità della società di fare cassa, ma così si svende. L'Empoli, ad esempio, ha messo in campo una serie di giovani che oggi stanno facendo ripartire la squadra dopo un inizio da incubo. Parlo di Fazzini e Baldanzi per fare due nomi. Il Sassuolo ha rivalutato uno scarto della Juventus, un certo Boloca, ventenne, che a centrocampo ha fatto vedere cosa sa fare. Specialmente contro la Juventus, incapace di vincere contrasti contro quel giovane così baldanzoso. 

A livello giovanile, sembra che le nostre rappresentative nazionali siano piene di ragazzi di talento, ma vedremo cosa faranno le società di appartenenza, se li terranno in un limbo da dove non usciranno mai, oppure li responsabilizzeranno e li faranno crescere. Ed io mi ricordo cosa dicevo ai miei ragazzi quando avevano paura di sbagliare: "Ragazzi, siamo tutti qui per sbagliare. Perché chi fa tutto giusto mi sta antipatico!" Come a rimarcare che è dagli errori e dall'umiltà che si diventa grandi, ovvero futuri calciatori.

Per concludere, vediamo che alcuni sport in Italia stanno gradualmente arrivando a delle eccellenze. Il tennis ne è un esempio, dove abbiamo una squadra da Davis che potrà vincere per un decennio, capitanata da un Sinner stratosferico, in attesa che torni Berrettini, sfortunato ultimamente.
Il nuoto, dove una oculata e ben gestita rivoluzione nata molti anni fa ha creato dei campioni, facendoli crescere piccolissimi nelle vasche, al limite del sapere camminare. La stessa atletica, che subisce attacchi di tuti i tipi, dal doping dilagante (e qui i controlli non sono sufficienti), alle naturalizzazioni facili di atleti di altre nazionalità. Così anche noi, almeno per chi è nato o ha vissuto in Italia dalla più tenera età, abbiamo naturalizzato, o meglio concesso la loro identità di Italiani a diversi campioni. Ed i risultati si vedono, perché i tempi cambiano ed il mondo è sempre più piccolo.  La pallavolo ci ha regalato mille soddisfazioni, ed il basket si sta progressivamente abituando ai metodi di preparazione delle squadre americane. Anche qui troviamo nuove generazioni non di autoctoni, ma di diritto alla nostra nazionalità. 

Insomma, la realtà dello sport in Italia è foriera di cambiamenti positivi. Solo nel calcio stiamo registrando un momento di stallo, dovuto ai soliti problemi di governance, di soldi e di investimenti che mancano, o non così appetitivi per il mondo estero. Forse ci dovremmo fare una domanda, sia noi che i nostri bravi politici.
Forse anche loro si limitano al compitino!