E' la frase più antipatica che si può dire, quella che porta negatività in un ambiente già di per sé poco amalgamato: l'avevo detto!
Sì, mi è capitato diverse volte, specialmente sul lavoro, dove a volte proponevo cose e mi sentivo dire: "Ma chi sei tu per darci consigli?" Per poi scoprire che dopo qualche tempo, l'azienda emanava direttive proprio nel modo in cui io avevo auspicato. Però, guai se dicevo: l'avevo detto! Altri strali, insulti più o meni velati, e rapporti ancora più tesi!
Non parliamone in ambito famigliare, dove chi ha una moglie, spesso ne vorrebbe due, così litigano tra di loro e magari una delle due, anche solo per ripicca, ti dà ragione. Sì, è meglio stare accorti, e non dire mai la frase incriminata. 

Ma stavolta mi levo il sassolino nella scarpa!
Stavolta ho un compagno di viaggio di valore assoluto: Mourinho!
E la circostanza verte proprio sui rigori che si concedono oggi, che io contestai nel metodo in un articolo, e che Mourinho (che sicuramente non ha letto il mio articolo) ribadisce con forza.
Il Mister romano dice di più, ovvero che venti anni fa un rigore come quello fischiato per la Lazio nel Derby di Coppa Italia non l'avrebbero mai concesso. E' la nemesi del VAR, il cambio epocale del rigore millimetrico, con il fuorigioco millimetrico e le proteste oceaniche.

Nel mio piccolo, non penso di potermi paragonare a Mourinho, perché tra la mia storia e la sua c'è di mezzo proprio un mare magno, con storie dilettantistiche dalla mia parte e un gran professionismo che invece può esibire il portoghese. Ma se tra le nostre storie così lontane si avvicina un tale comun sentire, allora vuol dire che nel mezzo c'è un'opinione generalmente condivisa. E nel  popolo monta la contestazione, proprio per quegli argomenti che avevo riportato nel mio articolo ed anche in quelli precedenti. La mancanza di regole certe e applicate in modo equo si fa sentire, eccome! La categoria arbitrale è sotto accusa, e tutti protestano, persino quando non ci sarebbe nulla per cui protestare. Sappiamo, però, che quando il popolo non è contento, qualsiasi fatto può innescare la protesta, e i forconi possono scendere in piazza. 

Ma perché questa situazione arbitrale si è evoluta in questo modo? Chi agita le acque, e chi è il colpevole principale?
Molti additano Rocchi, capo degli arbitri, che a quanto pare predica nel deserto, come San Francesco agli uccelli e Sant'Antonio ai pesci. Non vorrei che si facesse il paragone con quella battuta del Santo che parlava agli uccelli, e un noto politico invece, ai c***!
E qui si allarga l'orizzonte, e se gli arbitri non si possono apostrofare in questo modo, dall'altra il misunderstanding sembra si sia insinuato nel coro arbitrale. La messa in onda delle voci che si rimbalzavano durante il giudizi del VAR hanno fornito l'impressione che tra questi compagni di viaggio, ognuno metta nella sua valigia un repertorio di esperienze diverse tra loro.
Le intercettazioni rilevate pongono interrogativi inquietanti. Imprecazioni, incertezze, decisioni affrettate, diatribe poco edificanti ed infine decisioni più pilotate che regolamentari, ci forniscono un quadro poco edificante della capacità degli arbitri di dirigere serenamente e con il regolamento in mano. E proprio il regolamento sembra il grande assente! Non si capisce più cosa è fallo e cosa non lo è, l'ambito di applicazione e, peggio ancora, l'impressione che l'interpretazione sia ad personam, anzi ad "squadram" (latino maccheronico). 

La compagine arbitrale, recentemente, ha sofferto non poco di fatti poco edificanti, a partire dal fattaccio di D'Onofrio, un pregiudicato che metteva sotto la sua osservazione arbitri e probabilmente ricattava anche la Lega calcio, stante l'enorme potere di cui poteva disporre.
E qui non si capisce se fosse lì per sbaglio, oppure se insediato appositamente come braccio armato di qualcuno. Quando è uscito fuori il fatto, naturalmente tutti si sono dileguati, e persino chi lo aveva promosso a quello scranno lo disconobbe improvvisamente, secondo il manuale del bravo politico di professione.
E il peggio è che tutto si è risolto in una bolla di sapone, nessuno ne parla. Si è imbastito un super processo per plusvalenze, ma per un delinquente nella nostra federazione, nulla! 
Il fatto pesa, come pesa in tutte le partite la continua impressione che del regolamento del calcio si è fatta libera interpretazione non accademica, ma singolare, secondo le situazioni o i giocatori che si hanno davanti. E quel che indispone di più, è l'impressione che gli arbitri facciano come Schettino davanti all'isola del Giglio, ovvero l'inchino davanti a qualche tribuna. Ma questo non per semplice riverenza, ma per obbligo di carriera, in quanto se dispiaci a qualcuno, fai le valigie e torni nei dilettanti. E se l'odore è forte, la flatulenza arriva fino alle masse dei tifosi, che ormai pensano anche quello che non dovrebbero pensare: il campionato è truccato.
Altro che Juventus, qui si nomina qualcun altro! La dirigenza della Lega, formata dai dirigenti delle maggiori squadre, ha già una sua pecca di fondo. Al comando ci sono pochi eletti, i quali possono concordare di manovrare sia le regole, che gli arbitri. Basta che uno di questi "Soloni" si lamenti di un arbitraggio contro la sua squadra, ed ecco "voilà" la partita successiva si compensa a favore!
E Rocchi, in tutte le riunioni che deve approntare, corregge sempre le scelte arbitrali dei suoi colleghi, ma inutilmente, perché la volta successiva ritorna a correggere.
Ma più che una disanima regolamentare o normativa, gli arbitri peccano di falso protagonismo, dove in realtà impressiona la dichiarata incapacità di esibire una degna personalità. E per personalità si intende la capacità di non subire condizionamenti, sia dal pubblico, sia dalle squadre e soprattutto, da parte del potere politico. Perché è qui che larvatamente si gioca la partita decisiva.

A pensar male si fa peccato, ma qui sembra che si colpisca nel segno. E peggio di tutto non è che la verità sia questa, ma che se ne dia l'impressione che anche senza prove, sia la sacrosanta verità.