Un conto è tifare Milan: si ha nel sangue e non cambierà mai. Altro è assecondare chi ci gira attorno, chi lo rappresenta: e su questo aspetto le mie concessioni, già scarse fin dall’inizio sono arrivate allo zero.

Non mi riferisco necessariamente al fatto di non reggere Suso perché da quelle parti qualche anno fa giostrava Donadoni perché sarebbe come sparare sulla croce rossa e dire un’ovvietà: non sopporto i mistificatori, chi mente, chi se ne frega, chi sta affossando ed ha affossato negli anni il simbolo del calcio per eccellenza, così come non sopporto il codazzo di ciambellani che ancora oggi tentano di rintronarci ogni giorno fatto da Dio con deliri che fanno esplicito riferimento al piano sportivo di Elliott (che non esiste), al tempo necessario (forse quello per il piano regolatore?). Sono gli stessi, interni ed esterni alla società, che in contemporanea tacciano parte del tifo d’ingratitudine e di pessimismo ad oltranza. Ebbene le vostre parole stanno a zero, perché ci stanno ormai da anni: oggi vi chiamate Elliott, ieri Yonghong Lì e ieri l’altro  Berlusconi; la solfa non cambia. Enciclopedie intere di parole deliranti sul portare il Milan ai livelli che gli competono, ai paletti Uefa, ai closing imminenti da perfezionare al dettaglio: tutta fuffa, parole al vento.

I fatti, sempre per chi li vuol vedere, hanno ben altri connotati: si chiamano Rebic e Calabria in campo, tre punti dalla retrocessione, Pioli in panchina e Maldini DS! Siamo seri! Se poi qualcuno gode come un riccio a farsi maciullare la materia grigia dagli editoriali che vaneggiano di zona Champions e di mercato di riparazione fatto di nomi mirabolanti, faccia pure! Ho finito di bermela quando Berlusconi vendeva Kakà dopo aver spergiurato che era intoccabile, quando voleva farci credere che eravamo a livello del Barcellona ed aveva appena acquistato Bocchetti per rafforzare la difesa. Stessa menata intramontabile dei giovani di belle speranze da far crescere e rivendere, cambiano gli attori (o forse nemmeno quello), ma il risultato è sempre più avvilente.

Ho già ribadito più volte che con questa Wall Street in miniatura che fa a finta di gestire il Milan, non solo non andiamo da nessuna parte, ma rischiamo il tracollo che ci sta miracolosamente risparmiando da sei, sette anni.

Una ferita quando ti tormenta senza tregua per mesi, senza un cenno di guarigione, non la senti più: la sofferenza diventa consuetudine e per sopravvivere fai finta di non sentirla.
Ecco, io non vi sento, o meglio, preferisco scegliere di non ascoltarvi.