L'Armageddon che ha travolto il Pianeta nel 2020 sta sortendo effetti i cui funesti strascichi dureranno anni.

Noi gente comune, i nostri figli, dovremo imparare la proibitiva arte di reinventarci, di ripensare anche la settimana prossima, perché tutto ciò che è programma per il futuro, purtroppo, oggi, è stato svuotato del suo significato.

Il mondo galleggia senza una vera prospettiva, messo in ginocchio non tanto da un virus, ma dal fatto di esser stato chiuso a doppia mandata per tre mesi e dalla incerta prospettiva di esserlo di nuovo.

Ma siccome dalle sventure i più ottimisti trovano sempre delle opportunità, questo anno zero potrebbe essere davvero l'occasione per il calcio di ripensare se stesso e tutto ciò che di stonato, faraonico, pompato ne ha caratterizzato il corso degli ultimi 20 anni.

Ho sempre criticato aspramente la proprietà Elliott: non mi piace chi non basa la propria esistenza su una franca comunicazione, su chi agisce con la puzza sotto il naso e l'aria di superiorità, ma le vicende da gennaio in poi sembrano suggerire una sorta di avvicinamento dei sultani al popolo.

Ibra, il ripensamento su Pioli, il grandissimo investimento Tonali hanno tutta l'aria di mosse di chi, dopo mesi di reggenza sportiva al limite dell'approssimativo, si sta calando in un ruolo che non aveva preventivato abbandonando una sorta di apprendistato più imposto dagli eventi, che dovuto a reale dilettantismo.

Al Milan viene spesso accostato il nome di Bernard Arnault: ovvio che rappresenterebbe il pass per scavalcare chiunque nel giro di un biennio, oltre alla matematica garanzia di dominare per dieci anni o più.

Ma se, sognare non costa, i Singer accostassero alla futuribile area stadio-commerciale San Siro il brand Milan per una spinta vincente ed inarrestabile?

Immaginiamo una cittadella del futuro con uffici, stadio, negozi, centri commerciali che a Milano ruotano come satelliti intorno al pianeta Milan : niente male! Soprattutto se quel pianeta avesse una forza sportiva  dirompente paragonabile a quella dei tre olandesi, di Sheva, di Kakà. Tutto sommato un investimento non più a medio, ma a lungo termine in una delle poche aree metropolitane in grado, sempre nella sua storia, di rinascere dalle proprie ceneri, quelle del fall out da Covid.

"Avevamo scherzato: il mio nome è Gordon, Bernard per gli amici! E sono qua per risolvere problemi ".