Il 2 giugno 1946, l'Italia scelse la Repubblica, ovvero il cambio della nostra forma di stato, allora monarchica, protagonista della storia più avvincente della nostra Italia, perciò i regnanti furono   costretti a lasciare il potere e a trasferirsi all'estero, da dove nessun figlio maschio ereditario, per legge, poteva rientrare in Italia. Nel maggio 1946, il Re Vittorio Emanuele III, aveva abdicato in favore del figlio Umberto II, il quale gestì un regno cortissimo, di solo un mese, per poi vedere la fine di tutto e la tristezza dell'esilio. Eppure la Monarchia non era molto invisa agli Italiani. Si pensi alla Principessa Mafalda, vittima dei nazisti e morta a Buchenwald, perché moglie di un ufficiale tedesco avverso a Hitler. E si pensi alla storia risorgimentale, dove Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II combatterono per l'unificazione della nostra penisola. Sulla decisione finale, pesarono però alcune scelte scellerate che non fecero felice il popolo. La prima, nel 1922, la consegna a Mussolini del potere, con una marcia su Roma rimasta storica. La seconda, la firma che promulgò le Leggi Razziali, di chiara tendenza fascista ideologica, ma che ancor oggi è additata a vergogna nel mondo. La terza fu di tipo comportamentale, perché fece una cosa che ha sempre condannato le monarchie: la fuga. Si ricordi la monarchia francese, che fuggì a Varenne, dove furono identificati ed imprigionati. Eppure anche qui il popolo non era apertamente contro la Monarchia, poichè si soleva dire:"Vive le Roi sans la taille". Viva il Re senza le tasse. Ed infatti i cittadini francesi se la prendevano con i nobili e i parassiti clericali che abitavano le corti del Re, ma non con il Re. E la fuga lo mise agli occhi del popolo nella luce dei traditori, e per questo finì sulla ghigliottina, insieme alla consorte Maria Antonietta, famosa per le "brioches" da gettare al popolo affamato. E si, triste cosa quando i Re scappano. Per me che sono cresciuto all'ombra di Pietro Micca, eroe torinese che si fece saltare per aria per salvare la città dall'invasione Francese, il risorgimento ha sempre rappresentato un momento storico forte, patriottico, vivo e pieno di riferimenti eroici, come Amatore Scesa, che passando davanti alla famiglia in catene, disse "Tirem innanz", andiamo avanti. Scegliendo la morte alla rivelazione dell'identità  dei suoi compagni patrioti. E questo avvenne durante i moti di Brescia.

Se visitiamo Torino, troviamo molti riferimenti e palazzi che i Savoia hanno regalato alla città. Dal Palazzo Reale, ai musei che contengono reperti storici e armi dell'epoca. Castelli, come Venaria Reale, con annessa tenuta della Mandria, dove Vittorio Emanuele II andava a caccia ed incontrava la sua amata Rosa Vercellana, amante che poi divenuto vedovo sposò con un rito "morganatico". In quel modo, sua moglie ed i figli che nacquero dalla loro unione, non poterono vantare eredità dinastiche ed appannaggi già in capo ai figli nati dal suo matrimonio con Maria Adelaide d'Austria. Vittorio Emanuele era il figlio di Carlo Alberto I, detto Re "tentenna" a causa delle sue famose indecisioni. Carlo Alberto aveva concesso la prima forma di costituzione della nostra storia, il famoso "Statuto Albertino", nel  marzo del 1848, e che rimase la nostra carta fondamentale fino all'avvento della Costituzione del 1948. E pochissimo tempo dopo diede vita alla dichiarazione di guerra contro l'Austria, riportando vittorie importanti, ma a Novara subì una cocente sconfitta. E mentre il generale Salasco firmava l'armistizio, lui abdicava in favore del figlio Vittorio Emanuele II. E così se ne andò in esilio ad Oporto, in Portogallo. 

Undici anni dopo, i Savoia ripresero la guerra contro gli Austro-Ungarici, in quella che divenne la seconda Guerra d'Indipendenza, con a fianco Napoleone III, che però ad un certo punto si fermò e firmò l'armistizio di Villafranca. Il colpo fu difficile da digerire, ma Cavour, rispettando gli accordi, concesse lo stesso ai francesi l'annessione di Nizza e della Savoia, secondo gli accordi sottoscritti precedentemente.  

Cavour, fu uno dei principali protagonisti della storia risorgimentale, seppure avesse avuto un passato burrascoso, era diventato Primo Ministro del Governo Sabaudo. Infatti Camillo Benso Conte di Cavour, era figlio di un dignitario reale, ma in giovane età aveva idee rivoluzionarie, ed era persino  finito nel libro dei personaggi scomodi del Regno. Aveva studiato in Francia, a Parigi, ed infatti parlava il francese perfettamente, ma aveva forti lacune di italiano. Se pensiamo ad allora, l'influenza sociale e linguistica nel Piemonte era marcatamente Francese. Nella stessa Parigi, si mise a speculare in borsa e arrivò ad una folle speculazione che gli costò l'equivalente di mezzo milione di Euro odierni. Il padre, facoltoso, coprì il debito, ma il giovane Cavour dovette fare ammenda e ritornare a più miti consigli e abbandonare certe perversioni finanziarie. Quando tornò a Torino, malgrado la triste fama accumulata, il padre riuscì lo stesso a farlo entrare a Corte, dove si fece ammirare per intraprendenza e forza decisionale, a tal punto che quando morì il titolare del dicastero di Primo Ministro, il Re acconsentì a nominarlo al suo posto. Forse perché anche il Re aveva avuto da giovane le stesse passioni, che  poi si sopirono con gli anni e la responsabilità dell'incarico che doveva affrontare. Cavour, si riscattò anche dal lato economico, infatti incominciò a valutare la possibilità di sfruttare meglio il suo vasto patrimonio terriero, e si dedicò alla produzione di vino e all'allevamento del bestiame, ricavandone forti profitti.  

Ma la sua abilità diplomatica non era seconda a nessuno, anche se spesso litigava con il Re, a tal punto che un giorno gli disse: "In certi momenti si dovrebbe avere il coraggio di abdicare". Probabilmente Vittorio Emanuele II lo mandò a "quel paese", ma in seguito seguì sempre i suoi consigli, trovandone sempre una corrispondenza sul campo. Il Re era persona sanguigna e vivace, ed al contrario di Cavour, sapeva parlare benissimo italiano, seppure lo scrivesse male. Non era considerato molto "signore", infatti si ricorda che nella corte di Francia, al cospetto dell'Imperatrice, aveva raccontato nei minimi particolari delle sue avventure "femminili" divertendosi molto, ma imbarazzando tutti i presenti. Si racconta avesse numerosi figli naturali, da diverse amanti, tra le quali molte di dubbia reputazione.

Ma Cavour e Vittorio Emanuele II furono tra i promotori della riunificazione dell'Italia, seppure la spedizione dei Mille fosse stata considerata, all'inizio, troppo pericolosa. Ma fecero in modo di seguirne le imprese, avendo pronti la soluzione di riserva. Avevano infatti un esercito pronto ad intervenire ed anche alcune navi, nel caso le cose non fossero andate come si sperava, e in tal caso, avrebbero imprigionato Garibaldi. Nonostante questo, Garibaldi vinceva, e sebbene fosse repubblicano e con il dente avvelenato per la perdita di Nizza, la sua città di nascita, donata alla Francia, combatteva ben sapendo che avrebbe consegnato tutto al Re, come avvenne a Teano. Nel 1861, dopo molte peripezie. l'Italia fu riunita. E nacque il Regno d'Italia, ma Cavour morì subito dopo. Aveva detto una frase rimasta famosa:"Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani"!

Qualche giorno fa, sono tornato a Torino, e tra i monumenti bellissimi e imponenti, ed il verde trionfante nella città, ho visitato le tombe Reali a Superga. Sono sepolti quasi tutti i discendenti  reali più importanti, compresi i figli, le mogli, e parenti nobili, ma non c'è la tomba di Vittorio Emanuele II, che ora giace al Panthéon, a Roma, insieme alla sua consorte "ufficiale" Maria Adelaide d'Austria. 

Il mio animo è repubblicano, ed alla sua Costituzione porto la mia devozione ed il mio costante impulso per una vita sociale democratica, dove il re è  il popolo, con i suoi appannaggi, e soprattutto le sue libertà. Anche se Gaber spesso diceva: "Siamo tanto oppressi dall'espressione delle libere opinioni, che qualche volta non ci accorgiamo delle "cazzate" che a volte si dicono. "Viva l'Italia e la sua bellissima storia".