Si dice che l'attesa sia l'essenza stessa del piacere, probabilmente nulla meglio descrive quell'interminabile pausa delle attività calcistiche che caratterizza la stagione estiva.
L'antropologica tendenza a costruire ipotesi, castelli e speculazioni cede finalmente il posto al calcio giocato, sebbene non prima di essersi riversata su molteplici bersagli sotto forma di aspettative. L'eredità di questo fenomeno, alla ripresa della stagione, è ciò che gli americani chiamano hype, una cassa di risonanza mediatica dovuta ad eventi già accaduti o in procinto di accadere. Come spesso e volentieri accade nel processo di pubblicizzazione di un prodotto o di un servizio, i figli degli States ricoprono il ruolo di maestri indiscussi e non ha fatto certo eccezione il nuovo corso Milan, targato stelle e strisce. 

Sin dal principio, l'estate rossonera ha avuto la capacità di mantenere focalizzati su di sè gli occhi degli appassionati e degli addetti ai lavori come un faro in mezzo alla tempesta per i marinai, sostituendo progressivamente l'iniziale delusione (o forse semplicemente incertezza) dei propri tifosi con un crescente entusiasmo.
Un insoddisfacente quinto posto - commutatosi in quarto con la penalizzazione della Juventus e conseguente conquista dell'ultimo posto Champions-, l'allontanamento di una figura di rilevanza storica ed emotiva come Paolo Maldini, la cessione di uno dei giocatori più rappresentativi del gruppo autore del 19esimo scudetto sono stati gli elementi che hanno influito maggiormente nella creazione di quel sentimento negativo diffuso di inizio estate.
Sicuramente non l'inizio di mercato che ci si aspettava da parte di una squadra che richiedeva degli accorgimenti per poter alzare ulteriormente il livello delle ambizioni, per tentare nuovamente l'impresa tricolore ma con la nomina di favorito fin dalle prime battute stagionali.
I dubbi venutisi a creare vennero poi alimentati dalla nomina al ruolo di Amministratore Delegato di Giorgio Furlani, al tempo figura sconosciuta ai più, dalla responsabilizzazione dell'allenatore Stefano Pioli in ottica scelte di mercato e dall'introduzione del chicchieratissimo metodo "Moneyball", tanto celebre nel Football Americano quanto innovativo nel mondo del pallone.
Un forte vento di cambiamento ha spirato dalle parti di Milanello ad inizio estate, anche se nullo in confronto al tornado che la società di Gerry Cardinale ha di fatto poi rappresentato sul mercato.

In brevissimo tempo la nuova squadra dirigenziale rossonera ha dimostrato tutte le doti migliori in sede di trattativa: velocità, disponibilità all'investimento, pazienza nelle trattative, ma anche capacità nel cogliere occasioni di mercato ed infine responsabilità nel prendersi rischi, purché affini alle proprie idee, chiare e lineari nei piani della società, come dimostrato dagli identikit dei nuovi arrivati, comuni in vari punti. Un mercato che ha ridato ambizioni iridate al mondo rossonero, convinto di essere migliorato quantomeno sulla carta rispetto allo scorso anno e in aperta gara con i cugini nerazzurri per la seconda stella.

La batteria degli esterni, fondamentali nel modulo come nel metodo di gioco adottati dal coach emiliano, è stata qualitativamente notevolmente migliorata e si è voluto incrementare il tasso di affidabilità dei ricambi (ingiusto parlare di riserve nell'era delle oltre 50 partite stagionali e 5 cambi a partita) con profili giovani, veloci, tecnicamente validi e che possano aderire perfettamente al piano tattico di Pioli. Il poter schierare un tridente formato da Giroud, Leao e Pulisic sarebbe già di per se un lusso che pochi si possono permettere in Italia ma la possibilità di poter inserire giocatori del calibro di Chukwueze e Okafor rappresenta un unicum nel nostro campionato per squadre che utilizzano un sistema di gioco simile o identico al Milan ( 4-2-3-1 o 4-3-3 che sia, comunque che facciano utilizzo di esterni d'attacco).
La partenza di Tonali unita all'infortunio di Bennacer rimediato proprio nell'andata della stracittadina di Champions ha disossato la spina dorsale della squadra, ridisegnata da una mediana a 2 al classico centrocampo a 3 con conseguente ridistribuzione dei compiti offensivi e difensivi. Il trio Reijnders, Loftus-Cheek, Krunic ha stupito nelle prime uscite per il livello di affiatamento e qualità nelle scelte più che nelle giocate sebbene tatticamente ci sia ancora da lavorare, ma su questo ci torniamo dopo.
In panchina, pronti a far rifiatare i titolari, ci sono Pobega e Musah, uno degli acquisti dell'estate rossonera dalle caratteristiche fisiche e tattiche abbastanza sovrapponibili al neo-numero 8 RLC, nei ruoli di comprimari delle mezzali e l'oggetto misterioso Yacine Adli, individuato dal Mister come sostituto del fedelissimo Krunic.
La difesa è rimasta praticamente invariata negli interpreti, il capitano Calabria e Theo Hernandez punti fermi in quelli che una volta erano i ruoli dei numeri 2 e 3, Thiaw sembra aver scalato le gerarchie fino a diventare l'inamovibile della coppia centrale e il duo Tomori-Kalulu a giocarsi il posto restante (al momento l'inglese sembra essere il titolare in pianta stabile), con Kjaer relegato al ruolo di rimpiazzo d'esperienza.
La rosa poi è stata puntellata nelle battute finali del mercato con gli acquisti di Pellegrino dall'Estudiantes come quinto difensore e Luka Jovic dalla Fiorentina come seconda punta alle spalle dell'irremovibile Giroud.

Nonostante una campagna faraonica nelle spese e di primo livello a livello quantitativo, qualitativo e mediatico è bastata la sosta nazionali per fare emergere alcune delle lacune più evidenti della squadra costruita dal boarding rossonero. Gli allarmi, poi rientrati, sulle condizioni di Theo Hernandez e Giroud hanno di fatto evidenziato quella mancanza di alternative credibili in alcuni dei ruoli fondamentali a prescindere dal modulo prescelto: con la loro eventuale assenza si sarebbero spalancate le porte della titolarità a Bartesaghi e Jovic - in alternativa Okafor per formare un tridente leggero, meno quotata l'idea di Pulisic falso nueve-, due giocatori non all'altezza della sfida in programma o tantomeno a sostituire nel lungo periodo i legittimi proprietari del posto da titolari.
Discorso simile per quanto riguarda il ruolo di regista, in cui si è sacrificato il nazionale bosniaco Rade Krunic, di cui però non è specialista nè all'altezza del lungodegente Bennacer.

Elencati quei piccoli dettagli difettosi nell'insieme della rosa, si passa al campo e al calcio giocato. Il Milan, nelle prime 3 giornate, ha fatto vedere uno stile che oggi potremmo definire da Premier League: controattacchi letali, transazioni rapide, una conduzione palla al piede in velocità di livello decisamente elevato ma anche discreti miglioramenti nella fase di palleggio, sebbene sia più una "precauzione" al momento che un'arma di offesa nell'arsenale dei rossoneri. Questo metodo di gioco favorisce gli esterni, killer nell'1-vs-1 a campo aperto, in grado di sprigionare tutta la propria potenza tecnica e atletica quando possono disporre di una porzione di terreno abbastanza ampia da lanciarsi in una scorreria palla al piede. Il Bologna, avversario del Milan alla prima giornata, aveva spregiudicatamente accettato i duelli a tutto campo finendo in doppio svantaggio il primo tempo di gioco: questo non perché i felsinei non siano in grado di sostenere questa modalità di gioco, tutt'altro, ma perchè il Diavolo ha sfoderato una quasi onnipotenza calcistica che ha lasciato di stucco i pur bravi giocatori di Thiago Motta. Quasi onnipotenza.
E qua si viene al difetto strutturale che, nel parere dello scrivente, potrebbe mettere in pericolo i rossoneri non solo nel derby ma in generale nelle partite di cartello, quando il valore dei calciatori sarà equivalente ed i dettagli comporteranno la differenza. 

In un approfondimento tattico dell'ottimo Luca Bedogni su calciomercato.com, il giornalista ha sottolineato come il supporto delle mezzali e gli inserimenti continui possano scaricare responsabilità offensive dalle spalle dei numeri 10 e 11, dando alternative allo spartito in fase di produzione ma allo stesso tempo comporta dispendi di energia molto alti proprio per i due interpreti del centrocampo.
Le innate qualità offensive dei due interni li portano a seguire l'azione e inserirsi negli spazi aperti dai movimenti delle due ali e dalle sponde del sempreverde Giroud, lasciando molto campo alle proprie spalle presidiato dal soldato Krunic.
L'esperto tuttofare di Pioli è stato lodato giustamente per le prestazioni di grande sostanza offerte in queste prime 3 giornate ma proprio i motivi per cui si è preso i meriti dovrebbero far risuonare un campanello d'allarme nella testa dell'allenatore di Parma. Quando in proiezione offensiva o in manovra nella metacampo avversaria, la tendenza è di riversare quanti più uomini possibili a ridosso dell'area di rigore, non curandosi della situazione nelle retrovie ( forse un piccolo sintomo di arroganza calcistica) e lasciando situazioni favorevoli per le imbucate avversarie.
Il singolo centrocampista bosniaco, "bloccato" davanti alla coppia di difensori centrali, è un ottimo espediente per allungare la coperta in partite dove l'obbligo del Milan sarà obbligato a portare a casa i 3 punti e dovrà quindi attaccare nella maggior parte del tempo di gioco, finendo inevitabilmente per scoprirsi.
Se finora il mediano bosniaco si è dimostrato all'altezza della situazione, il Derby sarà una storia totalmente diversa, non solo per coefficiente di difficoltà della partita e il bagaglio emotivo che la accompagna.

Affrontare una squadra come l'Inter, ottima nelle due fasi, specializzata in ribaltamenti di fronte oceanici e cambi di gioco da una fascia all'altra, potrebbe costare molto caro in caso si verificassero alcune situazioni che solitamente si ripetono nell'arco dei 90 minuti. Innanzitutto il concedere i duelli singoli in difesa a una squadra che schiera due punte del livello di Thuram e sopratutto Lautaro - tra l'altro vera e propria bestia nera del Diavolo- sarebbe rischioso in condizioni ideali, con l'assenza dello squalificato Tomori e dell'acciaccato Kalulu il problema va ingrandendosi. Ripetere lo stratagemma di scavare una trincea per il soldato Krunic davanti alla difesa potrebbe aiutare la coppia di centrali, quasi sicuramente formata da Thiaw-Kjaer, ma libererebbe a quel punto una delle mezzali nerazzurre di inserirsi o Chalanoglu di impostare.
Difficile immaginare l'accentramento di uno dei terzini o la copertura a uomo di uno degli uomini d'attacco del Milan, quindi da scoprire cosa abbia preparato Pioli per arginare gli affondi interisti per vie centrali.
Lasciare il tandem offensivo del Biscione in 1-vs-1 sarebbe molto rischioso, liberare una mezzala un'ingenuità tattica, conoscendo la forza complessiva del centrocampo di Simone Inzaghi. La percezione che il Milan fosse ormai un manoscritto decodificato e imparato a memoria è stata molto insistente nelle ultime stracittadine, quindi inutile nascondere che molto della partita si svolgerà attorno alle strategie e accorgimenti dello staff di Milanello, impegnato a trovare scudi contro quelle lame bollenti che nello scorso anno trapassarono la difesa come burro. 

La tattica del Milan deve rivolgersi alla difesa, reparto finora più pericolante per vari motivi, nonostante i soli 2 gol incassati. Non solo le defezioni obbligheranno Pioli a schierare una difesa inedita ( probabilmente svantaggiati sulla carta nei duelli con i rispettivi attaccanti marcati), ma si tratta già di un reparto scoperto all'interno del rettangolo verde in più di una situazione e che se concesso a giocatori esperti, forti e allenati bene come quelli dell'Inter potrebbe recare nuovi dispiaceri. 

Per quanto riguarda la fase offensiva, gli attaccanti rossoneri possono sorridere vista la tendenza ad accettare i duelli, una volta che la propria squadra sta impostando l'azione, dei difensori dell'Inter. Questo permetterebbe a Leao e presumibilmente Pulisic di sfoderare le proprie armi migliori, prevedendo anche una trequarti molto affollata in occasione degli attacchi manovrati rossoneri, ma stando attenti a non sottovalutare una difesa che sembra aver abbassato la saracinesca dal mese di Aprile. Grazie a raddoppi continui delle mezzali e una comunque forte predisposizione nella difesa della propria porta, come dimostra il baricentro molto basso che è in grado di mantenere per lunghi tratti della partita senza andare in difficoltà evidente o rischiare più del dovuto, l'Inter si è distinta tra le migliori difese della fase ad eliminazione della scorsa Champions Leaguee non ha ancora dovuto raccogliere il pallone nella porta difesa da Sommer in questa neonata Serie A. 

Insomma, sarà una partita in cui il Milan avrà sicuramente più carte da giocare grazie agli innesti estivi e il cambio di modulo che permette nuovi spartiti di lettura, ma stando attenta al Biscione nella versione più serpentesca del termine, capace di rintanarsi e nascondersi tra le rocce per poi attaccare fulmineamente con le sue fauci velenose o soffocare stritolando pazientemente con il suo gioco avvolgente.