Nella partita giocatasi martedì sera nello stadio Da Luz di Lisbona, avente come sfidanti Benfica e Inter, l'aspetto che più è saltato all'occhio e successivamente elogiato è identificabile nella collettività e la voglia di sacrificio che la squadra nerazzurra ha impiegato, facendosi scudo con le proprie forze e colpendo le debolezze della capolista portoghese. Un organismo quasi perfetto che ha visto la collaborazione di tutti i suoi interpreti, capaci di muoversi coordinatamente come se uniti da un filo invisibile diseganto appositamente dall'allenatore Simone Inzaghi.
Nonostante la grande altalenanza di risultati domestici che sta attirando continuamente e meritatamente critiche sarebbe ingiusto non riconoscere una preparazione certosina del match da parte del manager piacentino, tatticamente impeccabile per l'occasione e bravo anche nella gestione dei cambi, vero tallone d'Achille dell'ex attaccante e allenatore della Lazio. Il valore del collettivo anteposto all'interesse del singolo è una lezione che ci viene impartita fin dalla prima infanzia, durante la quale si muovono i primi passi verso la comprensione dei meccanismi societari. L'individuo, a quel punto consapevole dei suoi limiti e delle sue debolezze, comprende l'esistenza di obbiettivi non realizzabili singolarmente e impara la comunione di intenti, di qualunque tipo essi siano: sportivi, politici, militari, economici e via discorrendo.

Il miglior esempio della straordinaria capacità di potenza della collaborazione ci viene fornito quotidianamente da ciò che involontariamente viene scambiato per l'antitesi del suo reale meccanismo di funzionamento: il corpo umano. Erroneamente considerato e classificato come singolo elemento, l'uomo rappresenta la straordinaria perfezione ultima della collaborazione tra elementi al fin di un bene superiore, che traslato a questione meramente sportive si potrebbe tradurre con vittoria finale.
Non è certamente nuovo il paragone tra corpo umano e squadra, ma agendo in maniera inversa, paragonando quindi una squadra a un corpo umano e i singoli giocatori a organi specifici si possono ottenere degli interessanti risultati. Cervello e cuore aveva invocato Inzaghi nella conferenza stampa pre-partita e i segnali più incoraggianti sono arrivati dai giocatori simbolo delle due qualità richieste dal tecnico italiano.

La partita, come molto spesso accade in Champions League la si vince a centrocampo e tutti e tre gli interpreti neroazzurri titolari sono stati autori di una partita superlativa in entrambe le fasi.
Il Cervello dello zoccolo duro della squadra milanese è sempre coinciso con il nome di Marcelo Brozovic, faro perpetuo anche nelle notti più tempestose. Le sue geometrie sferzanti e ordinate hanno aiutato i compagni a mantenere un possesso tranquillo evitando il primo pressing furioso del Benfica, intensificatosi con il passare dei minuti. La presenza costante nella fase di recupero pallone per rilanciare il fraseggio verticale della squadra interista è stata una mossa chiave nelle scacchiere nerazzurre e la lucidità testimoniata dalla incredibile precisione nel passaggio (94% la statistica messa a referto a fine partita dal mediano croato) fa ben comprendere l'effetto fluidificante che il capitano di serata abbia avuto nel giro palla meneghino.
Dopo numerosi mesi di assenza ingiustificata il maestro di cerimonie interista si è ripreso il posto in cabina di regia, facendo vedere tutte le sue qualità da palleggiatore irriverente. 

Il Cuore è l'organo più importante del nostro corpo, un muscolo involontario operativo continuativamente per permettere al corpo di adempiere nelle sue funzioni vitali. In senso retorico il cuore è luogo di residenza dell'anima e delle passioni che a turno allietano e tormentano la vita quotidiana, in senso figurato un'instancabile dinamo essenziale all'esistenza stessa del complesso, continuando il paragone tra il corpo umano e l'Inter si parla unicamente di Nicolò Barella.
Nel momento di massimo bisogno, nel momento in cui si presenta la possibilità di scrivere parte della storia recente del club, il numero 23 della Nazionale si carica sulle spalle le speranze e le paure dei propri compagni di squadra sfoderando una prestazione da centrocampista assoluto box to box.
L'infinita voglia agonistica come carburante, la corsa generosa che lo porta in tutte le zolle di campo, la ritrovata leadership positiva sono sintomi della buona condizione mentale del ragazzo sardo che con la più classica delle sue proiezioni offensive trova il gol del vantaggio interista. La sfortuna che lo ha perseguitato nelle precedenti partite (colpito un palo e una traversa con due tiri dal limite dell'area di bellezza e balistica eccezionali) svanisce nella notte migliore per farlo, vedendo il pallone accarezzare dolcemente il palo e depositarsi in rete con Vlachodimos incapace di intervenire.
L'esultanza liberatoria e sfrenata sembra sollevare il fardello di cui si era fatto carico la mezzala italiana, vittima di critiche per i suoi comportamenti teatrali e le sue proteste reiterate anche all'indirizzo dei compagni in un momento di appannamento per tutti i componenti della squadra.
La passione spesso sfugge alla razionalità e Nicolò, nel bene e nel male, incarna perfettamente quest'idea di sentimento amoroso che lo porta a gettare il cuore per l'appunto oltre l'ostacolo, noncurante di chi sia quest'ultimo.
Quando il cuore riprende a battere regolarmente dopo un affanno, tutto l'organismo ne trae beneficio riprendendo la propria attività corporea ideale e non per ultimo il cervello recupera lucidità grazie alla nuova disponibilità di ossigeno.
Esattamente come il duo Barella-Brozovic, inseparabili fuori dal campo e imprescindibili uno dall'altro nel rettangolo verde. Il continuo dinamismo del giovane sardo abbinata alla placida regia del veterano croato hanno ridato lustro all'idea tattica nerazzurra e efficacia a una squadra che nell'ultimo periodo ha faticato a trovare la via del gol.

Aveva chiesto Cervello e Cuore Simone Inzaghi e dopo la visita con il dottor Benfica si può tranquillamente affermare: entrambi stanno bene e sono la spinta da cui ripartire, ancora una volta, tutti insieme per la volata finale dove il loro apporto sarà più determinante che mai.
Dopoutto per sognare in grande non serve molto altro: Cervello e Cuore.