Sintetica ma doverosa prefazione iniziale: nella Finale che stasera prenderà luogo all'Ataturk Stadium di Istanbul all'Inter servirà una prestazione mitologica per abbattere i Titani del Manchester City, una revisione sportiva del biblico scontro tra Davide e Golia, tanta è la differenza di rosa, esperienza, budget tra le due avversarie.
Nelle settimane precedenti alla partita i media tanto italiani quanto inglesi hanno portato avanti una martellante campagna mediatica in cui la formazione meneghina viene dipinta come inerme agnello sacrificale, in attesa di essere offerto come tributo in onore degli spettacolari Sky Blues di Pep Guardiola, all'unanimità favorita alla vittoria finale.
Da parte sua, il mondo nerazzurro, ha sempre riconosciuto il valore superiore dei prossimi rivali, ma al tempo stesso ha continuato a ribadire la volontà di lottare fino all'ultima goccia di sudore, tanto consapevoli di non essere in finale per semplice casualità quanto di aver bisogno di una resistenza stoica per poter limitare e fermare le continue mareggiate azzurre che si presenteranno a minacciare la porta difesa da Andre Onana. Erling Haaland, come un vichingo a bordo di un Drakkar, cercherà di cavalcare le onde alla ricerca del punto dove colpire la fortezza dal drappo nerazzurro, mosso dalla fame di conquista che ha sempre contraddistinto i suoi antenati scandinavi. Forte del miglior stratega offensivo del panorama calcistico, i migliori scudieri immaginabili a supporto di uno dei guerrieri più dominanti e determinanti che si siano mai visti, il lato Blue di Manchester sembra essere un'armata imbattibile, ai limiti della perfezione. Fortunatamente per i ragazzi di Simone Inzaghi, la perfezione è una condizione inesistente nel genere umano e sarà loro compito andare a colpire esattamente nel vuoto tra il limite dei propri antagonisti e la perfezione tecnico-tattica a cui aspira il manager catalano.

Entrambi i tecnici delle due squadre hanno nella loro abitudinale preparazione delle partite uno studio profondo dell'avversario, delle tattiche adottate e un'individuazione delle debolezze in cui affondare con scrupolosa precisione il proprio attacco, come un affilatissimo bisturi in mano ai migliori chirurghi del pianeta, ma mentre Guardiola ha sempre mostrato riluttanza allo snaturamento della propria creatura e alla rinuncia dei propri dogmi; Simone Inzaghi, al contrario, ha dimostrato nei due anni di esperienza nel capoluogo lombardo di dare il proprio meglio nell'impostare la propria gara in funzione della squadra da affrontare, a tal punto da guadagnarsi elogi e soprannomi per la sua capacità nelle gare a eliminazione diretta in cui si è dimostrato quasi infallibile (solo il Liverpool lo scorso anno per il momento è riuscito ad eliminare l'Inter dalle competizioni europee e italiane da quando il mister piacentino siede sulla panchina nerazzurra).
La battaglia tra i due è iniziata ormai un mese fa, quando entrambe le squadre hanno raggiunto la certezza di aver guadagnato il biglietto in direzione Istanbul, dopo aver reciprocamente battuto Milan e Real Madrid. L'allenatore catalano ha cercato di spostare la pressione psicologica sulla squadra italiana sostenendo che la storia del club sia determinante in una Finale, a fronte di una bacheca sinora vuota del Manchester City alla voce Champions League. Pressione prontamente restituita al mittente da parte dell'allenatore dell'Inter, consapevole del fatto che la necessità di vincere sia spesso un fattore determinante per minare le sicurezze di un gruppo nel momento più teso e atteso della stagione.

A livello mentale i nerazzurri arrivano alla partita con profonda serenità e determinazione, sapendo di essere già andati oltre le più rosee previsioni dei nastri di partenza e di essere a un passo dal conseguire un percorso leggendario, all'altezza del Triplete di Mourinhana memoria del 2010.
Esattamente come tredici anni fa, sul sentiero del Biscione l'ostacolo è rappresentato dalla miglior squadra del mondo condotta da Pep Guardiola, allora il Barcellona, oggi il Manchester City, con il giocatore più decisivo del mondo - Messi nel 2010, Haaland nel 2021- e il centrocampo più tecnico e ideale per il proprio gioco.
Esattamente come tredici anni fa l'Inter era attesa da un De Profundis sportivo ed esattemente come tredici anni fa per il popolo Bauscia si trattava di un sogno, per gli avversari di un'ossessione (celebre frase di Jose Mourinho alla vigilia della partita con il Barcellona e ripresa dal tifosissimo Dimarco nella conferenza del media-day nerazzurro).

L'espressione popolare "L'attacco è la miglior difesa" calza a pennello per la decscrizione dell'impronta fortemente offensiva che il manager catalano atribuisce alle proprie formazioni, il cammino europeo della formazione italiana racconta al contrario di come "La difesa è il miglior attacco", guardando agli 8 clean sheet registrati e il fatto di aver subito gol nella sola gara di ritorno con il Benfica in tutte le fasi ad eliminazione diretta. La fase conclusiva della stagione del Manchester City è stato in quello che, cautamente, si può definire calando, soprattutto a livello fisico dopo il profuso sforzo prolungato che hanno dovuto sopportare i giocatori dal ritorno del Mondiale fino al conclusivo mese di Maggio.
Le numerose lunghezze da recuperare sull'Arsenal sono state benzina nel serbatoio dei Citizens, che sono stati in grado di vincere la loro quarta Premier League delle ultime cinque disputate, ma a un costo di energie fisiche e mentali altissime. Lo stesso Guardiola recentemente ha definito i propri giocatori letteralmente sfiniti e la scarsa condizione atletica dimostrata nelle ulime uscite stagionali unita all'uscita per infortunio di un elemento fisicamente solido come Kyle Walker han confermato le parole dell'ex Barcellona, che a volte per scelta, altre per necessità ha rinunciato spesso e volentieri a cambi e rotazioni nella fase finale. La partita valsa il secondo trofeo, quella finale di FA Cup giocatasi per la prima volta tra i due club di Manchester, nel centenario della competizione, ha dato l'impressione di una squadra non imbattibile e che ancora stava patendo le fatiche precedenti nonostante la chiusura del campionato in anticipo.

Al contrario i nerazzurri di Simone Inzaghi hanno chiuso la stagione in maniera pressoché perfetta, inanellando 12 vittorie su 13 partite, con l'eccezione della sconfitta esterna con il Napoli in cui le ampie rotazioni e l'espulsione di Gagliardini al 40' minuto hanno inciso non poco sul risultato finale. La tenuta fisica ottimale di tutto l'organico interista, salvo il lungodegente Skriniar, è stata risultata di una strategia impeccabile dello staff, che ha permesso ai giocatori di affrontare l'ultimo mese di campionato, le semifinali di Champions League e la Finale di Coppa Italia con rinnovate energie utilissime nel momento clou della stagione. Le ultime due partite, giocatesi in casa con l'Atalanta e in trasferta con il Torino, hanno permesso inoltre di sperimentare schemi e movimenti in vista della partitissima di Istanbul.

Caso volle, infatti, che sia Atalanta che Torino usino una sfumatura leggermente differente dell'ultimo modulo adottato dalla creatura poliforme di Guardiola, con ovviamente meno tasso tecnico negli interpreti e meno qualità nel possesso ma assolutamente alla pari per motivazioni, combattività e intensità.
Le due rivali, alla ricerca di un posto in Europa, sono allenate da due tecnici maestri nel pressing alto e asfissiante votato al recupero palla e impongono un ritmo decisamente superiore alla maggior parte delle formazioni del campionato italiano. Juric e Gasperini schierano un 3-4-2-1 molto più coperto del visionario 3-2-4-1 sperimentato da Guardiola ma nonostante questa piccola differenza teorica, ciò ha concesso a Simone Inzaghi di vedere l'efficacia di alcune possibilità da sfruttare durante la partita. Oltre ovviamente alle grandi capacità di verticalizzazione e capovolgimento fronte,la classica arma dei calci piazzati, l'Inter ha sperimentato un paio di situazioni ricorrenti propedeutiche a colpire precisamente nei punti deboli degli Sky Blues. La prima situazione si tratta del gol di Romelu Lukaku (L'Ariete) contro l'Atalanta: l'uno-due con Lautaro (Il Toro) e il grande scatto palla al piede fanno parte della sfera dell'intesa con il compagno e della sfera delle capacità, ma la diagonale rasoterra con cui Batoni raggiunge il numero 90 nerazzurro è uno dei grimaldelli studiati per scardinare la difesa celeste, sfruttando la guardiolesca propensione ad avere un baricentro molto alto in fase di recupero palla. Una seconda situazione potenzialmene favorevole è rappresentata dall'inserimento centrale di Marcelo Brozovic. Il mediano croato ha sempre avuto la tendenza di non abbandonare la propria cabina di regia da cui fa partire le trame di palleggio interiste, aspetto che ha giocato anche a suo sfavore nei ballottaggi con Chalanoglu per il ruolo di regista lungo la stagione. Eppure sia con Atalanta che con il Torino Epic-Brozo ha abbandoato la propria zona di comfort per tracciare un inserimento centrale, nello spazio lasciato dal centrale di difesa portato via dal lavoro di Lukaku, crando una situazione di superiorità numerica e un potenziale tu per tu con il portiere avversario. Sempre nella partita con l'Atalanta da questa invenzione tattica è nato il gol di Lautaro che ha permesso alla squadra nerazzurra di qualificarsi alla prossima edizione della Champions League, mentre non ha portato alcuna marcatura nella partita contro i ragazzi di Juric nonostante i tentativi compiuti abbiano confermato l'efficacia dell'iniziativa. L'importanza di questo taglio centrale è data dalla presunta libertà di Brozovic nel caso partisse dalle retrovie, difficilmente infatti De Bruyne seguirà il movimento in profondità del numero 77. Un ulteriore schema provato dal Biscione richiede l'innalzamento del braccetto/quinto di sinistra (Le Frecce) sulla linea della punta, cercando di sfruttare i centimentri di Bastoni e la scarsa presenza sugli esterni degli Sky Blues, con Bernardo Silva molto più rifinitore che tuttocampista si potrebbero aprire dei varchi che permettano alla formazione di Inzaghi di saltare il pressing compulsivo che attueranno i Citizens.

Come detto in apertura all'Inter servirà una vera e propria impresa, ma sognando nessun traguardo è irraggiungibile, le pagine di Storia del calcio sono piene di partite leggendarie con esiti inimmaginabili, aspettando di sapere se la prossima sia già in fase di scrittura.