Le prime giornate di campionato si sono portate dietro diversi strascichi polemici dovuti agli arbitraggi, o è meglio dire per alcuni episodi discutibili che hanno dato molto da parlare ad opinionisti e soprattutto moviolisti. Sembra quasi essere tornati anni addietro, quando la tecnologia, la Var - Video Assistant Referee - , era solo negli studi televisivi ad uso e consumo degli spettatori via etere, mentre quelli in campo, tra cui l’arbitro, unico giudice coadiuvato da una marea di assistenti erano all’oscuro, salvo poi informarsi via telefono nell’intervallo circa eventuali errori o sviste più o meno clamorose. Eppure siamo nel 2018, al secondo anno di impiego della Var, ma non sembrerebbe. 

Non mi metterò a fare l’elenco di tutti gli episodi dubbi e che sarebbero potuti essere valutati in maniera diversa, però la casistica - tra cui i falli di mano in area che avrebbero potuto decretare un calcio di rigore o evidenti falli da espulsioni ma valutati differentemente - è ampia e notevole.

Per i tocchi di mano sospetti in area di rigore il protocollo di applicazione della Var – cioè i casi di quando si può e si deve intervenire – è abbastanza chiara: ogni qualvolta ci sia un episodio del genere l’arbitro è tenuto a revisionare di persona l’azione attraverso il monitor a bordocampo, e nel caso in cui non si accorga di nulla allora deve essere il var (colui che visiona la gara alla tv chiuso in una sala) a richiamare l’attenzione del giudice di gara e sollecitarlo affinché prenda la decisione più corretta. Nonostante la regola sia così semplice gli arbitri per disattenzione, o per una deliberata disattenzione (?), non hanno fatto ciò. Un caso in particolare: il tocco di mano di Dimarco in Inter-Parma della quarta giornata, dove, aldilà del fatto che si potesse o no dare rigore, la procedura avrebbe imposto la revisione attraverso le immagini dell’episodio. Forse anche per questo, per una specie di compensazione dopo lamenti e piagnistei, è stato dato un rigore per fallo di polpastrello – primo caso nella storia! - contro la Fiorentina nel turno infrasettimanale. Il pallone a malapena sfiora il dito del difensore gigliato, e la traiettoria non subisce alcuna deviazione, eppure il direttore di gara ha decretato senza esitazione la massima punizione.

Spesso invece, per il gioco duro e violento il direttore di gara piuttosto che mostrare giustamente il cartellino rosso ha solamente ammonito o ha sorvolato dando una semplice punizione. Ma non si dovrebbe salvaguardare la salute del calciatore punendo interventi pericolosi? Alcune infrazioni meriterebbero il cartellino nero per emulare il colore della cintura dello sport a cui appartengono tali calci e cioè il karate o sport di combattimento in generale. Per rimanere nella partita sopracitata poc’anzi (Inter-Parma), Gagliardini dopo soli tre minuti di gioco interviene a gamba tesa sul giocatore del Parma Di Gaudio, un bruttissimo fallo che viene punito con una semplice punizione da Gianluca Manganiello, senza alcun provvedimento disciplinare a carico del giocatore dell’Inter. Ma sono molti altri gli interventi non sanzionati e, ancora, nonostante il protocollo di applicazione predisponga una puntigliosa ed attenta sviscerazione dello sviluppo dell’azione che ha portato al gol, valutando se può essere viziata da qualche fallo o dall’uscita del pallone fuori dal campo, ciò non è stato scrupolosamente fatto.

Faccio un ulteriore esempio, forse il più eclatante, e che ha fatto sicuramente più discutere per la gravità del gesto e per la squadra di appartenenza. Mi riferisco allo juventino Douglas Costa e alle reiterate scorrettezze contro Di Francesco. Ebbene mi sono data una mia personale spiegazione. Quando un arbitro non vede o sorvola su una gomitata, mentre il tentativo di testata sotto i suoi occhi lo punisce solo con un cartellino giallo ed il Var non lo richiama invitandolo a visionare le immagini allora non si può parlare di svista arbitrale, bensì di un metodo, una deliberata volontà di depotenziare la Var. Così come il neologismo sarrismo, tanto in voga ultimamente, io mi permetto di coniare il termine “nicchilismo”, riferendomi a quel movimento contrario all'uso della Var, e che vede Nicchi, il capo degli arbitri, in testa. Mi preme ricordare che costui era molto scettico e negativo appena si iniziò a parlare di “moviola in campo”, adducendo come scusa le notevoli perdite di tempo, che avrebbe reso la cosa impraticabile per il calcio, salvo poi velocemente ritornare sui suoi passi a cose fatte, evocando come cosa utile ogni forma di aiuto data al giudice di gara. In realtà ha sempre fatto buon viso a cattivo gioco e appena possibile ha ucciso la Var per continuare a detenere il potere senza limitazioni. Ora sembra che l’arbitro abbia ripreso la sua piena centralità e guarda caso anche le polemiche sono ritornate in auge tra tifosi, giocatori, dirigenti, addetti ai lavori, giornalisti, ecc...

Ci è stato propinato il fatto che ciò fosse dovuto ad alcune modifiche approntate dall’IFAB - International Football Association Board - al protollo Var, più restrittivo del precedente. Ma in sostanza si è aggiunto un solo aggettivo: si è passati dalla dicitura “chiaro errore” a quella attuale “chiaro ed evidente errore” (“clear and obvious error”). Il concetto di chiaro errore, nell’ambito dell’arbitraggio, è di per sé labile e di difficile interpretazione, e quindi, invece di ampliare la casistica e facilitare i compiti e le valutazioni dei direttori di gara, si è pensato di restringere il campo di intervento. Anzi è quello che Nicchi ci ha voluto far credere, lavandosene le mani, asserendo che non era una decisione che veniva da lui bensì dall’organo preposto.

Dopo un anno di sperimentazione si era raggiunto un buon equilibrio tra gioco ed intervento tecnologico, anche se qualcosa scappava sempre, tanto da essere proposto anche ai mondiali di calcio con buoni frutti. Perché tornare indietro? Infatti con l’introduzione dell’aggettivo evidente accanto a chiaro errore, è passata l’idea che la tecnologia sarebbe potuta intervenire solamente in casi evidenti e macroscopici, sorvolando su tutto il resto. Ma, come detto, dopo le prime giornate piene di polemiche arbitrali, dovute in gran parte anche al mancato utilizzo della tecnologia, e le rimostranze derivanti da questo uso parsimonioso, si è tornati più o meno a pieno regime nell’uso della Var. Pertanto l’interpretazione all'aggettivo “obvious” non era un vero problema, quanto piuttosto una banale scusante, che non ha retto alle prime polemiche e pressioni dei club danneggiati. 

Così non va, si sta annientando la Var. Il “Nic(c)hilista” è uscito allo scoperto, vuole tornare all’antico ma con un grosso problema. Questi arbitri, tra cui molti giovani leve, sembrano veramente incapaci, privi di personalità e non in grado di valutare correttamente cose banali. A volte le sviste sono anche così "evidenti" che farebbero mettere le mani nei capelli a Collina. Scusate, involontariamente è uscita una battuta. Non fatevi ingannare da queste ultime giornate, il nicchilista ha in serbo nuovi sabotaggi appena ne avrà l’occasione. Intanto nell’ultimo turno la Fiorentina si sente defraudata per un arbitraggio controverso e a senso unico, con diversi episodi discutibili – il mancato rigore per un intervento di Politano su Chiesa che non è stato giudicato attentamente come il polpastrello di Hugo, e il fallo di Asamoh sempre su Chiesa che doveva valere il secondo giallo al ghanese – che fanno pensare ad un uso un po’ difforme della tecnologia a seconda del momento. 

La mia non vuole essere un invettiva contro Nicchi o gli arbitri ma un semplice grido di aiuto: “Fermatelo!”.