Domenica sera il Milan giocherà in trasferta, a Reggio Emilia, la sua sesta partita di un campionato che fino a questo momento è stato al di sotto della aspettative. Con la prima contro il Genoa da recuperare, il bottino di punti racimolato in queste prime giornate è veramente misero: una vinta (contro la Roma che si è rivelata anch’essa in crisi tecnica e di risultati con Di Francesco in bilico almeno in quel momento), tre pareggi e una sconfitta. Solo sei punti, con il terzultimo posto molto più vicino del quarto che varrebbe l’accesso alla tanto agognata Champions, che manca da così tanti anni che oramai i milanisti vivono prettamente di ricordi. Il cambio societario, col passaggio dal misterioso personaggio cinese, Li Yonghong, alla più solida proprietà statunitense, il fondo speculativo Elliott di Paul Singer, faceva presagire ai più una svolta in tutti i sensi. Stagnatosi da qualche anno tra il sesto ed il settimo posto, sistemata la rosa con arrivi di qualità in tutti i reparti e con la conferma di Gattuso alla guida della squadra, il quarto posto non sembrava un’utopia. 

“Il Milan ai milanisti!”, lo slogan tanto caro ad Adriano Galliani – ex amministratore delegato rossonero, appena tornato a casa nella sua Monza alla guida dell’omonima società di calcio insieme a Silvio Berlusconi – e portatore di numerose vittorie, soprattutto in campo internazionale, è stato preso in prestito dalla nuova società che non ha esitato a richiamare il “vecchio” leone Paolo Maldini, capitano indimenticabile di una squadra entrata nella leggenda, e Leonardo – tantissimi anni al Milan prima da giocatore, poi da dirigente al fianco di Galliani ed infine allenatore in panchina – mettendoli a capo di un progetto il cui scopo era quello di riportare il Milan agli albori del passato. Ancor prima che la nuova proprietà creasse ex-novo la dirigenza, nel comunicato ufficiale che dava inizio al rinnovato corso rossonero, si era fatto il nome di Gennaro Gattuso, quale figura centrale del progetto. Infatti chi meglio di Rino incarna lo spirito del diavolo che, con grinta e tenacia al fianco di altri campioni, ha portato in passato il Milan sul tetto di Italia, d’Europa e del Mondo, ed ora pronto ad un nuovo ciclo come tecnico del presente e del futuro. All'apparenza una fiducia incondizionata nel tecnico calabrese, che al suo primo anno su una panchina importante – salito in corso d’opera per sostituire Montella – aveva fatto sì bene, ma alla fine aveva dovuto lottare per un posto diretto in Europa League fino all’ultima giornata seppure tra mille difficoltà: una squadra con una condizione fisica approssimativa, idee di gioco confuse e problemi societari fuori dal campo. Sebbene era circolato con insistenza il nome di Antonio Conte ad agosto, non è dato sapersi se questi voci erano mere speculazioni giornalistiche oppure si era veramente fatto un sondaggio vanificato poi per le difficoltà di quest'ultimo da liberarsi dal Chelsea in poco tempo, si decise comunque di continuare con Gattuso, il quale aveva raccolto molti punti e che gli sarebbero valsi il terzo posto se la stagione fosse cominciata dal suo insediamento.

Le aspettative elevano di inizio stagione erano riposte nel fatto che la squadra è stata obiettivamente migliorata nei giocatori, basta citare il solo Higuain, mister 90 milioni pochi anni fa, e che l’allenatore ha potuto svolgere la preparazione dall’inizio e non a stagione in corso come era capitato. Nonostante ciò, attualmente la squadra palesa delle criticità evidenti, soprattutto per quanto riguarda la tenuta mentale, visti i molti errori individuali, che viene a galla quando non si riesce a chiudere la partita e bisognerebbe gestire il risultato senza affanno. Gattuso ha più volte sottolineato che la squadra gioca bene ma ancora non è una grande squadra, devono ancora migliorare sotto molti aspetti. Col Napoli in vantaggio di due gol si è fatto rimontare fino alla sconfitta per 3-2, con la Roma pure si era fatta rimontare per poi ribaltare la gara negli ultimissimi minuti, poi tre pareggi con Cagliari, Atalante ed Empoli. Come gli ultimi anni dimostrano i punti persi con le cosiddette “piccole”  sono quelli decisivi per centrare o meno i propri obiettivi ed i 7 punti persi da situazioni di vantaggio sono una enormità. La costante è sempre la stessa, appena la squadra è attaccata, anche da avversari modesti, inizia ad andare in panico, arretra e va in affanno. D’altronde la prima di Gattuso, contro il Benevento, era stata proprio così: in vantaggio si fece rimontare negli ultimi minuti facendosi schiacciare nella propria area dai giallorossi. I sanniti erano allenati da Roberto De Zerbi - sostituto di Marco Baroni in panchina – e,  nonostante non riuscì a portare la squadra ad una impossibile salvezza, ha mostrato a tutti di che pasta è fatto. Non è un caso se il Sassuolo lo ha ingaggiato per guidare il rilancio dopo un paio di annate sotto tono, dopo la dipartita di Di Francesco verso Roma. 

Storicamente gli ultimi anni per il diavolo, ed in particolare per i suoi allenatori, invece che di “fatal Verona” si può parlare di un “fatal Sassuolo”. Il primo fu Massimiliano Allegri che venne esonerato proprio dopo la sconfitta con i neroverdi – una sconfitta arrivata in rimonta e terminata 4-3 dopo che il Milan era in vantaggio di 2-0 -, ma ai vari Inzaghi, Brocchi, Mihajlovic e Montella, i neroverdi sono stati sempre indigesti. Per lo stesso Gattuso il bresciano De Zerbi si è rivelato un avversario coriaceo, dato che il Benevento strappò 4 punti ai rossoneri la passata stagione. Il tecnico del Sassuolo fu l’artefice di due vere e proprie imprese coi sanniti: ottenne il primo punto e l’unica vittoria esterna in Serie A prorio ai danni del Milan. In casa arrivò un rocambolesco 2-2 dove il portiere Brignoli segnò la rete del pari negli ultimi minuti, mentre in trasferta addirittura arrivò un successo per 1-0. 

Ma la rivalità ha radici lontane. Entrambi legati da un passato in rossonero (Rino Gattuso vanta una carriera ultra decennale in rossonero dove ha vinto tutto prima di prendere la gestione tecnica di Primavera e prima squadra, De Zerbi invece è cresciuto nel vivaio rossonero senza però mai esordire ufficialmente), ebbero il loro primo incontro ufficiale da avversari in panchina nella finale playoff di Lega Pro tra Pisa e Foggia del 2016. Due uomini sanguigni e manco a dirlo furono scintille: le cose fuori dal campo non andarono per il meglio per Rino che fu vittima di un lancio di bottigliette nel caos dello Zaccheria, e sfiorò la rissa con il collega. Le ruggini di quel duello rusticano forse sono ancora vive in entrambi e a maggior ragione avere la meglio sull’altro può avere un significato doppio. Col Pisa ebbe la meglio Gattuso, ottenne la promozione (tra andata e ritorno), mentre con il Benevento sicuramente ha avuto la meglio De Zerbi per i 4 punti punti presi al Milan con una squadra più che modesta.

Adesso si ritroveranno nuovamente contro in un match che potrebbe essere già decisivo per il milanista visti gli ultimi deludenti risultati. Domani il Sassuolo, giovedì l’Olympiacos in Europa League, poi la prossima settimana il Chievo prima della sosta, di solito il momento migliore se si vuole fare un cambio di allenatore. Come detto il Milan non arriva benissimo a questi appuntamenti e sicuramente la prima con i neroverdi è la partita più difficile visto l’ottimo momento degli emiliani ed i numeri forfait in attacco per i rossoneri. Qualche errore di valutazione è stato fatto forse anche in sede di mercato: cominciare una stagione con sole due prime punte di ruolo, dopo averne cedute tre, fa riflettere; i rimpianti aumentano poi vedendo André Silva - capocannoniere in Liga con 6 gol - che all’ultima, nel turno infrasettimanale, ha “matato” il Real Madrid con una doppietta. 

In questi tre impegni il tecnico dovrà ritrovare lo spirito battagliero dell’anno scorso e ritrovare quella solidità difensiva da sempre punto fermo nella sua visione di calcio. La partenza di Bonucci inizia a farsi sentire, manca un uomo di esperienza che guidi la difesa e mantenga la calma e la tranquillità nei momenti più caldi della partita, e, non sarebbe una cattiva idea a mio modesto parere, inserire Reina proprio per questo scopo dato che le sue urla per ora si sentono soltanto dalla panchina ma sarebbero più utili in campo. Qualche scelta difficile va fatta sicuramente se si vuole cambiare marcia ed accantonare definitivamente il fantasma di Conte che da troppo tempo aleggia su Milanello.