Al Friuli l'Udinese accoglie il Milan per l'undicesima giornata di Serie A. Un turno decisamente poco agevole sulla carta per i friulani pericolosamente vicini a una zona retrocessione che dista appena tre punti. Eppure il tecnico bianconero Julio Velazquez si è detto sicuro al 100% di battere i rossoneri. Poco importa che i padroni di casa non vincano da cinque partite (1 pareggio e 4 sconfitte), che abbiano subito almeno due gol in ciascuna di esse e che si trovino al cospetto del terzo migliore attacco del campionato. Per l’hombre di Salamanca ancor meno importanza ha il fatto che l'Udinese, in casa, ha perso le ultime tre partite e ne ha vinta solo una in questa stagione e, considerando l'intero anno solare, ha trionfato tra le mura amiche solamente in due occasioni, senza mai segnare più di un gol in un singolo match. Perché Don Julio fonda le sue convinzioni sulla forza e l'impegno con cui la squadra si è allenata in settimana, unitamente allo spirito del gruppo dopo il pari strappato all'ultimo minuto con il Genoa, che ha interrotto la serie negativa. D'altronde la sua squadra gioca sempre per vincere.

Peccato che a questi toni trionfalistici pre-gara ormai i tifosi friulani ci abbiano fatto l'abitudine, così come al fatto che vengano puntualmente disattesi e si ci debba misurare con una realtà ben diversa dal mondo dei balocchi in cui sembra vivere Velazquez. Una realtà che parla di prestazioni scadenti e risultati ancor più deludenti. E però, nonostante l'Udinese non possa affatto sorridere, il suo allenatore, come un disco incantato, continua a camuffare le carenze tecniche e strutturali della squadra dietro il paravento dell'ottimismo. E ormai le conferenze di vigilia del tecnico iberico hanno assunto i toni del grottesco quando, con il suo consueto ritornello, parla di squadra giovane che troverà presto una sua continuità, ma che è comunque in grado di affrontare senza timori qualsiasi avversario. Già, ma intanto la classifica piange e finora la tanto paventata continuità la si è trovata solo nelle sconfitte, e a far tremare i polsi non sono solo avversari del calibro di Juve e Napoli, dal momento che con Bologna e Genoa ha racimolato solo un punto e, dopo 4 sconfitte e 1 pari, la classifica aurea di metà settembre (8 punti) a inizio novembre è diventata ottone da bassa classifica. Pertanto è lecito pensare ad un nuovo campionato all'insegna della sofferenza, né più né meno come quelli precedenti, anche se le dissertazioni societarie – avallate dagli addetti ai lavori – di inizio stagione avevano fatto credere al tanto agognato salto di qualità. Un film già visto, purtroppo.

Al di là degli aspetti tecnico-tattici e dei valori individuali e di squadra, c'è poi da chiedersi se l'Udinese abbia sempre affrontato i suoi avversari col giusto atteggiamento. Il più delle volte, infatti, ha dato l'impressione di scendere in campo in maniera troppo arrendevole e subito rassegnata, come una vittima sacrificale in attesa che il destino si compia. Per i nostalgici dell'era Zaccheroni e degli echi della sua udinese europea risulta impossibile da accettare un modo di proporsi così arrendevole e remissivo: in diverse partite i friulani non sono riusciti a passare la propria metà campo per un intero tempo, stretti nella morsa degli avversari. E per chi ha ancora nelle orecchie il credo martellante di Zac, che ha dimostrato sul campo e non a parole come non esistano partite impossibile e che con la fame, il lavoro e la voglia di stupire si possono produrre miracoli, fanno ancora più male i toni superbi e glorifici con cui Velazquez affronta le partite.

Velazquez, nel presentarsi, aveva fatto proclami di bel gioco, parlando di una squadra propositiva, votata al possesso palla e allo spettacolo. Buoni propositi miseramente scontratisi con la realtà di una rosa di giocatori che non ha valori tecnici tali da consentire di proporre un gioco di stampo spagnolo. Il tiqui-taqua fa ha pugni con la materia prima friulana. C'è poco da fare. E chi auspicava ad un compromesso, cioè a un equilibrio tra la giusta copertura e manovra offensiva che potesse garantire un minimo pericolosità, è rimasto deluso nel constatare che l'iberico ha finito per diventare più realista del re: il calcio che propone è catenaccio. E pure eseguito male in entrambe le fasi, perché alla evidente perforabilità della retroguardia bianconera – attestata dai numeri – si aggiunge una scarsa efficacia nel contropiede. Le poche chances, infatti, sbattono contro le marcature preventive o i falli tattici degli avversari che sanno bene che gli unici pericoli potrebbero venire dagli strappi di Lasagna o Fofana.
Insomma, stiamo assistendo ad deprimente e avvilente riflusso che demoralizza pure gli aficionados più assidui. Resta da capire dove vuole andare a parare Velazquez con i suoi proclami e con l'assoluzione della squadra che è giovane e dà sempre tutto. La gioventù non può essere di certo un alibi, anche se assolvendo la squadra mi pare voglia assolvere pure se stesso. Siamo tutti concordi che il materiale umano a sua disposizione non sia eccelso, tuttavia lo ritengo all'altezza di squadre che gli stanno ben sopra in classifica e comunque in grado di fornire prestazioni nettamente migliori delle attuali, non solo dal punto di vista tecnico-tattico, ma anche da quello caratteriale, della grinta e della volontà di affermazione.

A proposito di carattere, che fine ha fatto quello di Lasagna, dov'è finito l'attaccante che grazie alle sue reti e alle sue prestazioni è stato convocato per il nuovo corso azzurro di Roberto Mancini? La sua crisi dipende dai suoi limiti personali o da come viene impiegato dall'allenatore? Dico solo che è difficile giudicare un centravanti, per giunta in uno schema ad un unica punta, se fa il mediano aggiunto o addirittura lo stopper. In sostanza ritengo che le sue incertezze e i suoi errori sotto porta dipendano anche dai chilometri che deve coprire aiutando il centrocampo e, a volte, pure la difesa. È evidente che perda in lucidità nel momento decisivo. Credo, pertanto, che Velazquez debba rimodellare l'assetto: alzare il baricentro o provare a inserire la seconda punta. Della punta polacca Teodorczyk acquista dall'Udinese quest'estate si sa solo che è costata gli stessi 4 milioni che Preziosi ha speso per Piatek.

Infine mi vorrei soffermare sulle prestazioni di Scuffet, perché è merito esclusivo del portiere di Remanzacco se l'Udinese non ha incassato goleade. Il ragazzo, la cui carriera è stata costellata di alti e bassi, ha dimostrato una pregevole reattività che ne fa uno dei migliori tra i pali, e anche di piede – cosa che nel calcio moderno è necessaria a questi livelli – se la cava. Non basta ancora per la consacrazione definitiva e per ufficializzarne la sua grandezza dovrà migliorare nelle uscite e nella capacità di prevenire le eventuali situazioni di pericolo. Peccato però constatare come lui e Lasagna siano gli unici italiani titolari in una rosa debordante di stranieri. Un intervento federale, sotto questo aspetto, sarebbe quantomai opportuno, soprattutto visto che l'ultimo intervento in tal senso sia servito a ben poco.

Meglio darsi una sveglia quanto prima a cominciare dall’allenatore. Vivere in questa situazione così precaria, sperando e forse sapendo che ci sono tre squadre peggiori, non giova a nessuno. Il pubblico friulano merita di meglio, ed inoltre, nel malaugurato caso che si resti invischiavi nella lotta salvezza fino alla fine, non è detto che si riesca ad evitare il patatrac.