Tutti per uno, uno per tutti! Oppure ieri i moschettieri rossoneri avranno urlato: Tutti per Rino, Rino per tutti! Alexandre Dumas quando scrisse “I tre moschettieri” e si impadronì della locuzione latina “Unus pro omnibus, omnes pro uno”, difficilmente avrebbe potuto immaginare che il motto, a distanza di anni, si sarebbe adattato alla perfezione per descrivere il rapporto tra Gennaro Gattuso e i suoi giocatori.

Che Rino vivesse e sentisse il calcio in modo vero e passionale lo si era già capito quando ancora con le scarpette da calcio ai piedi arava i campi di tutto il mondo sopperendo ad una tecnica non eccelsa - soprattutto se rapportata al Milan di ancelottiana memoria - con cuore e grinta. Questa volta, nei panni da allenatore, si è imposto all’attenzione mediatica con la sua tenacia e la sua caparbietà. Certo queste sono le sue qualità più eclatanti, quelle visibili sulla superficie, ma seppur a fatica, sta riuscendo a sconfiggere quel fastidioso luogo comune di tecnico che ha il suo unico punto di forza nell'aspetto emotivo e motivazionale. Rino è, prima di tutto, un professionista serio e preparato che, con la forza delle sue idee, si sta facendo strada in un ambiente, quello del sistema calcio, estremamente difficile e complesso. Un contesto riottoso nel concedergli fiducia “a priori”, poco incline a perdonargli il sia pur minimo errore, e che sembra godere, con ineffabile sadismo, nel farlo sentire sempre sulla graticola, costantemente in bilico. A Rino da Corigliano Calabro, madre natura non ha certo regalato le stimmate proprie del fuoriclasse di rango, ma lui ha seguito l’unico percorso che conosceva: sangue, sudore e lacrime, e campione lo è diventato ugualmente! Sul campo e fuori, sollevando le coppe più importanti del mondo del pallone. Ieri ne ammiravamo la perseveranza mentre rincorreva gli avversari in ogni parte del campo, pareva che non volesse mollarli nemmeno negli spogliatoi. Non sapeva risparmiarsi, si ispirava alla sola regola che sembrava conoscere: “dare sempre e comunque il meglio di sé”, addirittura giocò per un intero tempo col crociato rotto senza mostrare il minimo segno di sofferenza. Oggi lo vediamo come un epico condottiero a bordo campo, imperterrito e insensibile sotto l’acquazzone che flagella San Siro, mentre incita senza sosta i suoi ragazzi a dare tutto, e anche di più se possibile, per vincere contro il Genoa, fino al 90° minuto e oltre.

Emozioni forti nella notte di Halloween a San Siro per una vittoria da brividi arrivata all’ultimo respiro. Il recupero della prima giornata è stata risolta da Romagnoli che sfrutta l'unico errore di Radu regalando felicità allo stato puro al Milan che aggancia la Lazio al quarto posto che vale l'entrata in zona Champions. Il Milan non dà seguito al gol di Suso dopo 4 minuti e concede al Genoa di restare in partita fino all’ultimo. Gattuso vara un inedito 3-5-2 con Rodriguez in difesa nella linea a 3 con Romagnoli e Musacchio, in mezzo al campo Bakayoko al posto di Biglia – costretto al forfait – e Kessie, anche lui non al meglio della condizione, è dirottato sulla fascia destra. Una vittoria così è molto bella però ha fatto paura a tutti. Paura come quando all'11’ della ripresa un grossolano errore di Bakayoko regala palla a Kouame che trova una carambola perfetta su Romagnoli per il pareggio. I tifosi hanno fischiato il centrocampista francese ma Gattuso lo ha difeso in conferenza dopo averlo abbracciato a lungo a fine partita. E poi ancora paura poco dopo quando il Milan rischia di andare sotto sulla velenosa conclusione di Lazovic, ma Gigio compie il miracolo, riscattando la pessima prestazione del derby e meritandosi le parole al miele che l’allenatore ha avuto nei suoi confronti.

Rino è disposto a tutto pur di tutelare e proteggere i propri uomini, a condizione però di ricevere in cambio massimo impegno e rispetto sia nei suoi confronti che dei compagni. E questo i giocatori lo hanno capito alla perfezione, poiché Rino è entrato nel loro cuore prima e nella loro testa poi. Un eventuale tanto discusso cambio alla guida tecnica non può che tenere in considerazione anche questi delicati equilibri all'interno dello spogliatoio. Il capitano rossonero utilizzò una frase d’impatto, da guerriero, per mostrare l’attaccamento al proprio allenatore: "Moriremmo per lui". Non di meno le parole di Higuain – restio di solito ad elargire complimenti – che lo ha paragonato a Sarri per il suo amore verso il calcio e che morirebbe per i suoi giocatori. Rino è il primo ad ammettere che la sua immagine è ben distante da quella di un qualsiasi Brad Pitt, anzi lui stesso dice che è brutto e con la barba, sempre diretto come è nel suo modo di comunicare. La sua capacità oggi è quella di saper attrarre e impressionare proprio per la sua “normalità”, che ci consente di percepirlo come “uno di noi”. Insomma parliamo dell’antidivo per antonomasia, che afferma a muso duro i valori in cui crede, in ostinata controtendenza rispetto a quei canoni cui sembra oggi ispirarsi il mondo del calcio. A prescindere dalla fede sportiva, Ringhio piace un po’ a tutti, in modo trasversale. Potrebbe essere l’allenatore della porta accanto, il trainer di calcetto cui tutti vorrebbero affidare le sorti sportive del proprio figlio, l’amico che vorremmo ci spronasse anche quando, in ufficio il lunedì mattina, il lavoro proprio non ci va giù. Lui sì, saprebbe aiutarci a tirare fuori il meglio di noi stessi, alla sua maniera, così come fa con i “suoi” giocatori.

È stata una notte di Halloween piena di incubi per il Genoa e di gioia per il Milan. In due partite si è capovolto il mondo del Milan, dalla panchina a rischio di Gattuso all’ossigeno ritrovato grazie ai sei punti conquistati in pochi giorni. Le prime streghe per Rino erano state avvistate nella notte del derby a San Siro dopo il gol di Icardi, e i due schiaffi presi dal Betis avevano iniziato ad agitare i fantasmi sulla panchina rossonera. Giorni difficili con Gattuso che molto onestamente dopo il tonfo in Europa ammetteva di non capirci più nulla ed accettando persino la ghigliottina mediatica. Ma quando fuori da Milanello si parlava di panchina traballante – erano circolati i nomi di Conte, Donadoni e Jardim – sono usciti il coraggio e la capacità di mettersi pure in discussione visto che contro la Samp, in una gara da dentro e fuori, ha rinnegato il suo 4-3-3 virando sul 4-4-2 con la coppia Cutrone-Higuain. Però non ci può essere mai pace per il condottiero rossonero perché subito dopo ecco la pioggia di infortuni. Alla tegola Caldara - fuori almeno tre mesi – si sono aggiunti gli out di Calabria e Bonaventura fino al ko di Biglia, in stampelle per un problema al polpaccio destro, che lo terrà fuori fino a dopo la Nation League e facendogli saltare il big match contro la Juve. Nell'emergenza altra metamorfosi passando alla difesa a 3 per avere un centrocampo più folto che permettesse comunque di non spegnere la fantasia di Suso, il vero fuoriclasse di questa squadra che assieme a Cutrone sono l'arma letale dei rossoneri. Il Milan con 20 gol all'attivo, uno in meno della capolista Juventus, è il secondo miglior attacco del campionato, mentre la difesa balla parecchio, è arrivato il sedicesimo gol consecutivo per un reparto che non è mai riuscito a mantenere la porta inviolata da inizio stagione. Ma nella difficoltà Rino ha dimostrato di esaltarsi e i suoi di esserci fino all'ultimo respiro, forse un po' meno belli ma sicuramente più cattivi. Tutti uniti per provare a tornare ad esultare e rivivere l'atmosfera di Champions, che manca tanto, troppo, ai colori rossoneri. Il motto, ormai, è chiaro: Tutti per Rino, Rino per tutti!