L’istantanea che rispecchia al meglio la prestazione di Lautaro Martinez durante Inter-Genoa è quella del 55’, quando sulla trequarti riesce a prendere il tempo alla difesa avversaria, tagliata fuori da una palla lunga, e avrebbe la possibilità di involarsi verso la porta e battere Radu, ma il pallone ha uno strano rimbalzo sul terreno di gioco che lo fa tornare indietro.
Sembra proprio che i fantasmi – sarà lo spettro di Gabigol? – del passato recente siano tornati, ma più che un romanzo di Dickens, l’atmosfera è degna del tragicomico Oscar Wilde: come a Canterville, così a San Siro sembra esserci uno spiritello che si diverte a far dispetti soffiando su quel pallone così invitante. Al resto ci ha pensato il connazionale Romero che lo ha sempre anticipato, non facendogli mai vedere palla. Eppure la partita era cominciata in discesa per il “Toro”, che già al primo minuto si era procurato una ghiotta occasione gol, facendosi trovare ben posizionato in area di rigore, anche se la conclusione era andata bel lontana dal palo sinistro della porta. La prima ed unica occasione dell’argentino in una partita completamente dominata dall’Inter con tanto di settebello e manita visti i 7 successi consecutivi in campionato e i 5 gol rifilati al malcapitato Genoa di Juric.

La squadra di Spalletti, che conferma il 4-3-3 visto nelle ultime uscite con Lautaro Martinez al centro dell’attacco, dimostra di poter segnare anche senza il proprio capitano in campo. Insoliti trascinatori di giornata sono Gagliardini (doppietta) e soprattutto il portoghese Joao Mario che, dopo i fischi delle amichevoli estive, torna ad essere protagonista con una prestazione scintillante, mettendo lo zampino in tutte e cinque le reti nerazzurre.
Tutta la squadra fornisce un’ottima prova, unico non pervenuto proprio il Toro che è risultato impalpabile come un ectoplasma. La prestazione fornita è stata opaca con zero tiri in porta, poche palle toccate, un giallo – che poteva essere tranquillamente rosso – per un fallo di frustrazione sull’ex compagno in nazionale sub 20 dopo l’ennesimo anticipo, e come ciliegina sulla torta anche un doppio dribbling subito dal portiere Radu che nei panni del torero fa venire sotto il toro una volta e poi un’altra ancora prima di liberarsi della palla.

Se riavvolgiamo il nastro di soli 34 giorni, l’impegno casalingo dell’Inter contro il Grifone ne ricorda un altro tanto caro a Lautaro: era il 29 settembre, quella volta l’avversario era il Cagliari, lo stadio era sempre San Siro e l’argentino trovò il primo sigillo in nerazzurro. Anche in quel caso incombeva la Champions e tra le varie rotazioni nell'undici nerazzurro spiccava quella del centravanti. Quest’anno Spalletti, nei momenti opportuni, dovrà gestire con intelligenza la profondità della rosa che Piero Ausilio & Co. gli hanno messo a disposizione nell’ultima sessione di mercato. Come evidenziato in conferenza dall’allenatore di Certaldo l’ex Racing Avellaneda avrebbe potuto giocare anche le partite precedenti ed è comunque meglio non parlare di “riposo” di uno, ma di “scelta” dell’altro. Purtroppo questa volta il classe ’97 di Bahia Blanca non ha ripagato la fiducia che gli è stata data, non ha messo in luce il suo “spessore” – termine che aveva usato Spalletti – nonostante le sue enormi doti tecniche.

A mio avviso due sono i motivi principali di questo flop. Il primo è lo scarso minutaggio (finora meno di 300 minuti), mentre l’altro è la collocazione tattica. Col Sassuolo giocò 67 minuti, senza incidere, alle spalle di Icardi prima di essere sostituito; col Torino un solo minuto; con la Spal aiutò ad aprire gli spazi, sempre alle spalle del connazionale, nell’ultimo quarto d’ora; stesso spartito anche col Barça dove subito si innervosì: 27 minuti, tanti scivoloni – sbagliare la scelta dei tacchetti a questi livelli è piuttosto grave! – un contropiede sprecato e un giallo di frustrazione (questa sì che pare una costante delle sue prestazioni). Il rebus legato al bravo attaccante argentino ancora non è stato sciolto da Spalletti. Va sottolineato però che le caratteristiche di Martinez mal si conciliano con il gioco adottato dall’Inter, dal momento che sarebbe più idoneo in un 4-4-2. Ma l'opzione delle due punte significherebbe snaturare un sistema di gioco al quale l’allenatore toscano si è affidato in toto e che non vuole rinnegare praticamente mai, a maggior ragione ora che arrivano anche i risultati.

Bisogna capire allora come Spalletti vorrà impiegarlo. Con Nainggolan out si è preferito dar spazio a Joao Mario piuttosto che a lui nel ruolo del belga, nonostante avesse dimostrato di poter fare bene il raccordo tra centrocampo ed attacco, ma forse, questa situazione lo limita troppo. L'idea di allargarlo sull'esterno dell'attacco, chiedendogli di agire come una seconda punta nelle fasi di possesso palla, non è mai stata neanche presa in considerazione. Rinunciare a Icardi – autore di 7 gol in stagione – non è un'opzione, se non per motivi di turnover. In questo momento Lautaro nella testa di Spalletti è un giocatore alternativo ad Icardi e, al massimo, viene buttato nella mischia nei finali di gara. Emerge, pertanto, un aspetto che non si può trascurare, ovvero il ruolo di Lautaro Martinez nell'economia della squadra nerazzurra: solo una costosa (25 milioni di euro) riserva che vive all’ombra di Mauro Icardi?

Un attaccante di 21 anni, alto 174 centimetri, in grado di svariare su tutto il fronte d’attacco, di concludere ma anche di sopportare il peso dell'attacco da solo, paragonato addirittura ad Aguero, dovrebbe sicuramente trovare più spazio. È vero che è giovane ed ha bisogno di un periodo di adattamento al nostro campionato, ma con questa gestione rischia di fare la fine di Gabigol. Sta faticando a trovare minuti e continuità necessarie per poter esprimere tutto il suo potenziale. Gabigol è stato rispedito al mittente nel suo Santos, il Racing ha già chiesto di riavere in prestito il suo ex attaccante. Poiché al momento non è in programma un cambio di modulo, se l’argentino non sarà capace di imporsi nelle occasione che gli verranno concesse – come oggi – allora sarà inevitabile una sua prematura dipartita dal progetto Inter, nonostante l’oneroso investimento. Ma ciò in futuro potrebbe rivelarsi un doloroso rimpianto come lo è tutt’oggi quello di Coutinho, poiché le qualità non gli mancano affatto. Spetta a Spalletti non depauperare il talento di una futura promessa del calcio, ma di trovare le giuste soluzioni per farlo rendere al meglio.