In un matrimonio ci devono essere molte componenti per far sì che tutto vada via liscio, o almeno non si arrivi a prendersi a colpi di mestoli e padelle. La cosa più importante è la sintonia, ma forse anche il non pestarsi i piedi a vicenda. L'uomo è infatti un animale orgoglioso. Non ama essere messo in disparte; non gli piace quando qualcuno lo riprende e gli fa notare i suoi errori. I "te l'avevo detto" sono poco amati. Come tra moglie e marito, le medesime dinamiche paiono accadere, a nostro discapito, in quello strano, ma agognato matrimonio, che è quello tra VAR e Arbitri. Per quanto la regolamentazione della prima in Italia sia ottimale, al punto che diverse leghe estere l'hanno presa da esempio, ancora oggi vi sono delle criticità che si fa fatica a superare. La giornata appena terminata ne è una chiara dimostrazione, tra errori, decisioni strane e atteggiamenti bislacchi da parte degli arbitri. 

Sto citando gli esempi di Roma-Cagliari e Genoa-Milan. Nel primo caso, la situazione è esplosa per uno scorretto utilizzo, anzi NON utilizzo, della VAR all'ultimo minuto, sul gol annulato di Kalinic che avrebbe sancito la vittoria per i giallorossi. Il fatto incriminato non riguarda se il gol fosse giusto annullarlo o meno, su questo più o meno tutti sono d'accordo nel dire che la decisione di non convalidarlo sia stata giusto. No, la catastrofe è nata da un atteggiamento pessimo, ai limiti della professionalità, da parte dell'arbitro Massa. L'appena citato è un fischietto con una determinata e rinomata esperienza. Pare quasi impossibile credere a cosa si sia inventanto in quegli ultimi minuti assai concitati della partita. La situazione è stata questa: Kalinic segna il gol della vittoria in zona cesarini, ma nel farlo pare spingere fallosamente Pisacane, il quale rimane a terra. I romanisti festeggiano, mentre Massa si sincera delle condizioni del giocatore rossoblù. Ad un tratto il gol viene annullato e, tra le proteste (che porteranno a diversi deferimenti), Massa spiega che lo aveva già annullato su segnalazione del guardalinee. Nulla da obiettare, se non fosse che, dalle immagini, Massa non ha mai portato il fischietto alla bocca. In quale modo egli ha annullato il gol, senza nemmeno segnalarlo? Ma soprattutto, se aveva dei dubbi, perché non ha richiesto l'aiuto della VAR? Due minuti di fronte allo schermo avrebbero tolto ogni incertezza e, soprattutto, zittito gli animi più infuriati, in particolare quello di Fonseca che ora si beccherà una bella squalifica. 

Medesima situazione è capitata nel finale di Genoa-Milan. Kuoamé, lanciato verso il lato dell'area piccola, con il pallone oramai dilungatosi, vede Reina piovere su di lui. Il portiere rossonero però, comprendendo di essere troppo lanciato, arretra le gambe e tenta di frenare. Ciò non basta per vedere Kouamé lanciarsi in uno dei suoi migliori tuffi, il quale non nasce per un tocco del portiere, ma da una perfetta simulazione. Eppure l'arbitro, Mariani in questo caso, decreta il penalty, nonostante la regia della VAR cerchi di richiamarlo. Lui è troppo sicuro e rigore sia. La fortuna del signor Mariani è di non aver fatto questo errore in una partita come Inter-Juventus. In un simile frangente sarebbe stato un bagno di sangue. In realtà, sebbene a ragione, la stessa cosa è capitata nel famigerato derby d'Italia, nel tocco di mano di De Ligt che ha portato al rigore per i nerazzurri. Sull'episodio, niente da obiettare; Rocchi ha visto bene, anche se il rischio di sbagliare era altissimo. 

Visionati gli episodi più incriminanti, pare giusto chiedersi: perché non affidarsi con più frequenza all'aiuto della tecnologia? Perché incartapecorirsi su idee rigide, sul "sono sicuro, ho visto tutto", rischiando così di perdere il controllo della partita e, nel dopo gara, anche la faccia? Questo perché, come ho detto nell'incipit, l'uomo non ama essere redarguito. L'uomo non ha bisogno di niente e di nessuno. Se non c'è obbligo, allora non c'è nemmeno il bisogno di seguire un consiglio. Il problema dunque non sta nel fatto che la tecnologia funzionio o no, ma nel togliere all'uomo qualche libertà in più. 

Se infatti nell'introduzione ho segnalato come il regolamento italiano riguardo al VAR sia ottimale, non significa che sia perfetto. Vi sono sempre dei margni di miglioramento. Forse, per quanto gli arbitri abbiano il diritto di sbagliare in buona fede, hanno però il dovere di tenere sotto controllo le partite anche, e soprattutto, da un punto di vista comportamentale e degli istinti. Se incaponirsi su una decisione, quando c'è la possibilità di rivederla, può generare dei tafferugli, se non delle risse e dei disordini, allora ci vuole un ennesimo colpo di mano al regolamento. Obbligare l'arbitro a rivedere l'azione al VAR, forzarlo dove invece il suo orgoglio vorrebbe soprassedere. 

Rispetto ad alcuni anni fa, il VAR ha migliorato la situazione.
Le moviole in campo hanno tolto quelle avvelenate della domenica notte, per buona pace dei giornalisti amanti dei conflitti e dei talk-show. Forse è giunto però il momento di fare un ennesimo salto di qualità. Il VAR non è infatti un "coniuge" (mi si passi il termine) che toglie lustro all'arbitro. Dirigere una partita non significa vedere ogni episodio, ma tenerla nei giusti canoni della sportività. Una cosa già di suo non semplice. La VAR è il completamento, è l'aiuto fondamentale, ciò che serviva più di ogni altra cosa agli arbitri. Se vogliamo salvare questo "matrimonio", allora dobbiamo renderci conto che ogni matrimonio ha delle regole, anche rigide a volte. Lasciare le cose troppo al caso, può diventare deleterio e rovinare novanta minuti dove i nervi dovrebbero distendersi, non infiammarsi ancora di più.