Con il caso Investcorp sullo sfondo delle dinamiche rossonere, come già altre volte è capitato negli ultimi dieci anni, in Serie A si ritorna a parlare di compravendita di club e interessamento dei grandi capitali per quel che riguarda il nostro sistema calcio. A fronte di ciò, in molti di noi sono sorti numerosi quesiti inerenti la faccenda, tra cui: 

  • perché il calcio sta diventando sempre più un mondo di fondi d'investimento
  • cosa bisogna fare per essere appetibili a tali realtà
  • perché Investcorp si è interessata proprio al Milan

Faccio subito un presupposto: nell’ultimo decennio le cose sono radicalmente cambiate. Il caso Investcorp-Milan, così come la recente acquisizione dell'Atalanta, lo spiegano sin troppo bene. Basta guardare nella giusta direzione per capirlo. Ma partiamo dalle basi. 
Chiedetelo a qualsiasi broker o esperto di equity investing: qual è la strategia massima per poter fare profitti nella compravendita di realtà imprenditoriali, in qualsiasi settore si sia? Risposta assai semplice e banale: comprare a poco, vendere a tanto. La scoperta dell'acqua calda. Questo perché in effetti la vera domanda non risiede tanto nel "cosa" fare, quanto nel "come" farlo. In tal caso, le strategie potenziali potrebbero essere innumerevoli, tranne che nel mondo del calcio. Da molto tempo a questa parte infatti, nel campo degli investimenti è passato un lento serafico e draconico: col calcio non si guadagna un dollaro bucato. Ed è vero. Se volessimo fare un teorema di questa nostra breve riflessione, questa espressione sarebbe la prima ipotesi di partenza a cui affidarsi. Il calcio non è redditizio. Punto e basta. Ma se è veramente così, perché allora società e fondi dovrebbero investire i propri soldi in un simile settore, come pare stia per per fare Investcorpo con il Milan?

Per poter rispondere alla domanda, dobbiamo prima capire che cosa sia un fondo e chi sia tale Investcorp. Innanzitutto, i fondi non sono società cosiddette classiche. Non sono la Fininvest di Berlusconi, la Suning di Zhang o la Exor di Agnelli. I fondi sono accumulatori - mi si perdoni questo termine raffazonato - di denaro altrui, il quale viene investito per generare profitti per il fondo in sé e i suoi investitori. Così è Investcorp, ma anche la stessa Elliott. Ciò comporta che Investcorp farà del Milan ciò che ne ha fatto Elliott? Non necessariamente, perché anche i fondi si differenziano l'uno dall'altro. Elliott è un fondo che cerca il massimo profitto in tempi relativamente brevi, ed è quello che sostanzialmente sta per fare con la vendita del Milan. Se i conti tornarno, con il miliardo e rotti che riceverà da Investcorp riuscirà a chiudere l'esperienza Milan con una piccola plusvalenza. Mission accomplished, Mr. Singer. 

Per quel che riguarda Investcorp? Esattamente come Elliot quando fa un investimento ha nella testa che, prima o poi, dovrà rivenderlo a una cifra più alta di quella investita. Detto ciò, le plusvalenze non sono il suo unico fine, sebbene rimangano il più importante. Tra gli investitori interni a Investcorp vi sono numerose personalità mediorientali, così come parti di fondi sovrani, i quali oltre alla ricchezza cercano un altro asset molto meno  tangibile: la legittimazione.  Quello che a loro interessa è quello di poter essere riconosciuti in dimensioni a loro altre, e avere in esse un certo peso. Vedasi Al-Khelaifi del PSG e Al-Nahyan del Manchester City. Ben pochi ritorni in denaro, enormi in immagine. 

Per fare ciò, tali realtà vanno alla ricerca di un qualcosa di assai peculiare nel mondo degli investimenti, a cui in alcune occasioni ho sentito riferirsi col peculiare termine di magnet investment; un investimento magnete. Consiglio di segnarselo questo termine, perché in futuro potrebbe tornare diverse volte, anche nel mondo del calcio. 

Che cos'è un magnet investment? Molto semplice: è una società o una realtà che, sebbene non generi grandi profitti in maniera diretta, lo può fare in maniera indiretta. Ovvero, grazie a una estesa visibilità e un valore di brand importante, può aiutare chi la possiede ad aumentare le proprie potenzialità o a legittimare i propri affari. Facendo un'allegoria stupida, è un po' come quando il dirigente si presenta in Maserati - e non con l'utilitaria - in un'azienda che gli farà un'offerta di lavoro. Sono sempre macchine e non generano denaro - anzi lo consumano -, ma possono concorrere a dare una particolare percezione di chi ci si trova davanti. Faccio presente che simili escamotage - quello appena riportato - non hanno grande effetto su di me, tutt'altro. Ma tant'è, ognuno è fatto a modo suo e l'esempio calza.

Tornando a noi, alcuni fondi come Investcorp cercano questo genere di realtà. Ora, la domanda che giunge soave è: come si può essere un magnet investment? Come si può portare che fondi o altre realtà s'interessino in tal senso ai club del nostro campionato, andando così ad aumentarne implicitamente il valore? Facendo un rapido sunto, un club calcistico deve avere quattro caratteristiche per essere appetibile: 

  1. essere un brand facilmente riconoscibile

  2. avere una platea di riferimento abbastanza larga

  3. essere efficace nel proprio settore di mercato

  4. essere in grado di autofinanziarsi e avere un indebitamento sotto livelli di guardia

Prendendo per solidi tali punti, quanti dei nostri club di Serie A rientrerebbero nel nostro personale insieme statistico? Spulciamoli punto per punto: 

  1. Brand riconoscibile (in ordine alfabetico) → Inter, Juventus, Lazio, Milan, Napoli, Roma 

  2. Platea larga → Inter, Juventus, Milan (forse Lazio e Roma, ma in incidenza inferiore)

  3. Efficacia (ovvero vittorie attuali e storiche) → Juventus, Inter, Milan

  4. Autofinanziamento e indebitamento controllato → … a breve forse il Milan

In sostanza, da un gruppo già sparuto in partenza, le varie intersezioni ci hanno portato lentamente a svuotarlo. Ed ecco che ciò potrebbe aiutarci a rispondere all'iniziale domanda, inerente il motivo per cui Investcorp abbia fatto un'offerta per il Milan. Sebbene infatti abbia messo solo per ultimo l'autofinanziamento, di certo non l'ho fatto per ordine d'importanza. Come abbiamo detto in precedenza, un magnet investment non porta soldi, non direttamente almeno. Ciò è accettabile, se però l'investimento quantomeno non generi perdite. Autofinanziarsi infatti significa tre cose:  facilità di programmazione, indebitamento minimo e bisogno minimo di ricapitalizzazione. Facendone la somma otteniamo una società che, al di là dell’investimento iniziale, non rappresenta più un costo per colui che l’acquisisce. Una caratteristica che nel presente e nel prossimo futuro sarà sempre più necessaria, mentre una volta era diverso. E ancor di più in una dimensione calcistica come quella italiana, che rispetto agli altri campionati dei BIG 5 europei ha molto meno appeal. That’s it. 

In tale frangente, l'Italia non è messa molto bene. Tra i club in grado di autofinanziarsi ce ne sono pochi, di cui la maggior parte sono sostanzialmente società medio-piccole e con un brand poco conosciuto. Grazie agli ultimi anni ad alti livelli, l'Atalanta fa da ottima eccezione, ma anche perché il suo modello economico-finanziario è sostanzialmente impeccabile da oramai un decennio. Guarda caso è stata da poco acquistata da una realtà straniera. Coincidenza? Assolutamente no.

Per quanto riguarda le altre, inutile sprecare parole. A volte penso che alcuni sonnecchino sognanti, credendo che il calcio sia ancora quello dei tempi di Moratti e Berlusconi, dove si potevano buttare miliardi senza troppi problemi. Ancora oggi si sentono direttori generali e sportivi chiedere ingenti budget da spendere sul mercato. Senza mezzi termini, è bene che questi signori si sveglino o cambino lavoro se non sono in grado di fare altrimenti. Il mondo è cambiato, dentro e fuori il manto erboso; che se ne facciano una ragione. Il calcio italiano è in crisi, e non da oggi. Lo stesso Zhang di Suning lo ha capito, quando dichiara che vuole un abbattimento del costo rosa e cento milioni di profitti dal prossimo trading player, ovvero il mercato estivo. Dopo due anni passati a cercare di vendere la società senza successo lo hanno portato a ciò. Non ce l'ha fatta per i motivi descritti sopra: ha un brand potente, una squadra vincente, un platea ricca, ma un bilancio che fa acqua e troppi debiti. Calcolando quanto Suning ha messo nell’Inter, e sommare tale cifra a quella dei debiti, arriviamo a una cifra intorno all’1,3/1,4 miliardi. L’Inter li vale quei soldi? Potrebbe tranaquillamente, ma avendo un bilancio e un indebitamento ingestibili, che andrebbero a generare perdite e importanti flussi negative nel breve periodo, difficile che un acquirente sia disponibile a un simile esborso iniziale. Senza contare gli aspetti d'immagine. Provate a mettervi nei panni di un investiore: compro una società in perdita, ma vincente; per ristabilire il bilancio, devo tagliare i costi di rosa, dando la percezione di chi vuole svilire tecnicamente la squadra. Quale primo effetto vi immaginate di ottenere? Disaffezione da parte dei tifosi, ovvero i potenziali clienti. Non proprio il migliore dei primi passi da muovere in un nuovo progetto. 

Soluzione di Zhang - forse l'unica -, meglio tenersi l'Inter, ristabilire il bilancio, cercare di evitare uno smantellamento generale e cercare di mantenersi a buoni livelli. Così facendo il debito non cresce e lentamente viene rimborsato, la società torna solida e il suo brand non si svilisce. Quanto tempo ci vuole? Dipende. Che effetti avrà sul settore tecnico? Dipende. Prendete Elliott: quando ha cominciato a tagliare costi, il Milan ha raggiunto posizioni di classifica che non vedeva da quasi un decennio, cosa che sfido chiunque a pronosticare. 

In soldoni, più si starà lontani dalla strada della solidità e della solvibilità, meno investitori esteri si avvicineranno al nostro mercato.
Così facendo, la strada impervia che abbiamo preso non farà che inclinarsi, portando il calcio italiano sempre più a essere il fanalino di coda delle cosiddette BIG 5 d'Europa e, perché no, addirittura a rischiare di uscirvi. Possibile che si cambi di rotta, in fretta e nella maniera giusta? Minime, come la nostra storia recente ci ha insegnato. D'altronde ci sono persone che imparano a guardare avanti mentre corrono solamente quando si rompono il naso. Ahimè il calcio italiano di visite dal rinoplastico ne ha fatte sin troppe, ma non ha ancora imparato nulla. Sarà forse per questo che di offerte estere giungono come la stessa frequenza della neve d'estate? A voi la risposta. 

Un abbraccio
Igor