Prima di tutto, permettetemi di tirare giù la maschera.
Al termine della partita di lunedì sera, quando lo Spezia sbancava San Siro aiutato da un Milan per nulla brillante, ma anche da una direzione di gara a dir poco perfettibile, il sottoscritto si è abbandonato - come suo solito - a uno sproloquio di imprecazioni e francesismi. Per usare un eufemismo, in quel momento non è che il mio bonton abbia brillato, andando contro a non so quante violazioni del buon costume e dell’etichetta. Sarei infatti un bugiardo, se vi dicessi che in quel momento abbia avuto buoni pensieri e propositi nei confronti dell’arbitro Serra, reo di aver indirizzato, se non la gara, quanto meno il risultato finale con le sue decisioni. 

Detto ciò, una volta sbollita la rabbia e rivistomi bene la scena incriminata - quella del gol annullato a Messias, anche se non era l’unica -, sono stato spettatore come tutti di una scena a dir poco straordinaria, almeno nel mondo del calcio moderno. Un arbitro che, di fronte a un suo palese errore - seppur non tecnico, s’intenda -, alza le mani, china lo sguardo imbarazzato e chiede scusa. Un comportamento così infrequente sui prati erbosi della serie A, e non solo, che è stato in grado di disinnescare una bomba pronta a esplodere di lì a poco.
Di fronte alla sua reazione infatti, i giocatori del Milan hanno compreso come sia facile passare da una furia incontrastabile, a una sofferente comprensione, in una battito di ciglia. Per farlo, è stato sufficiente che un arbitro, che è un essere umano come tutti, ammettesse una sua colpa. Una colpa pesante s’intenda. Al di là del fatto che il Milan non meritasse di vincere - come di perdere, mio modesto parere - il calcio è fatto di episodi; molte partite sono segnate, più che dalle prestazioni, dai singoli eventi. E questi eventi a volte possono essere molto pesanti. Tuttavia, la sincerità e la contrizione dell’arbitro Serra sono state in grado di far scemare una tensione pericolosa, portando i giocatori dalla rabbia alla compassione. Uno spettacolo assai molto raro nel calcio professionistico - e non solo, purtroppo -, che dovrebbe farci riflettere tutti. 
Quante volte infatti abbiamo visto un atteggiamento completamente diverso, oserei dire opposto, da molti direttori di gara, negli ultimi anni? Quante volte l’umiltà di Serra è stata sostituita da comportamenti spocchiosi, superbie ingiustificate, il difendersi a spada tratta in situazioni in cui si era indifendibili? Per carità, il lavoro dell’arbitro è uno dei peggiori che esistano al mondo. Di partenza - e se non è scritto sui loro manuali, dovrebbero farlo -, essi sanno bene che la loro vita professionale sarà segnata da insulti e maldicenze. Quando escono dal campo alla fine di ogni partita, per loro non ci sono che due destini: il totale e globale menefreghismo se hanno diretto bene la gara; una ratatouille di insulti, magari insaporita da qualche penale o sanzione da parte della federazione, se hanno fatto qualche errore. Insomma, una professione dove il banco vince sempre. Dove la vittoria è sconosciuta.

Detto ciò, le difficoltà che i direttori di gara incontrano sul loro cammino non sono motivo sufficiente per alcuni loro comportamenti. In particolare da quando la VAR ha cominciato a essere parte integrante del calcio, non sono pochi gli arbitri che hanno mal digerito la questione. Come se il dover rivedere una propria decisione portasse con sé il fiato mefitico dell’umiliazione, quando invece dovrebbe essere solo considerato un valido aiuto. Un aiuto che proprio il reo confesso Serra ha cercato proprio lì, in quel momento maledetto. Me lo immagino già lo scambio che ha avuto con i colleghi. 

- Dimmi che ho fischiato dopo che la palla è entrata… -
- No… hai fischiato circa un secondo prima… - 
- … quindi non lo posso convalidare… - 
- … esatto… - 

Un morsettino al labbro. Le gote che si fanno paonazze, e non per la stanchezza di un’intera gara passata a correre. Gli sguardi dei giocatori del Milan, ancora a metà del guado tra la voglia di sotterrarlo e quella di consolarlo. I pensieri già rivolti al futuro; a quello che succederà il giorno dopo. Sui giornali. In associazione. In federazione. A casa…
Si dice che abbia pianto negli spogliatoi. Si racconta - e io ci voglio credere fermamente - che una delegazione del Milan guidata da Ibra e Theo sia andata da lui per mostrargli tutta la loro comprensione. Di solito, quando giocatori e dirigenti si muovono verso gli spogliatoi degli arbitri, lo fanno con ben altre intenzioni. E invece, laddove già ci si prospettavano i classici bombardamenti mediatici del post-partita, dove dichiarazioni piccate e sguardi indignati sarebbero fioccati come grandine, la situazione si è chiusa in maniera serena. Inaudito. 
Credo che il merito di ciò si debba riconoscere esclusivamente a quel giovane arbitro, a quel giovane Serra che, sebbene lunedì non fosse in stato di grazia arbitrariamente parlando, ha messo in luce un fatto che dovrebbe essere palese, ma spesso non lo è. Il fatto che sia un uomo. Un uomo che può sbagliare e che, quando lo fa, non gode minimamente del proprio errore. Anzi, è in grado di ammettere i propri errori, di chinare il capo e chiedere scusa. 
Forse basterebbe solo questo. Ai giocatori del Milan lunedì è bastato solo questo. Sincerità. Ho sbagliato. Scusatemi. Fine delle trasmissioni. Rimarrà l’amarezza. Rimarrà il pensiero che, se la sfida scudetto dovesse andare avanti fino all’ultima giornata, le cose sarebbero andate diversamente. Però, sebbene solo nell’angolino più profondo del nostro animo, sapremo anche di aver assistito a una scena grandiosa. Un raggio di luce nella tetra tempesta. Un qualcosa che - senza se e senza ma - dovrebbe essere premiato in qualche modo. 
Ora, so benissimo che queste mie dichiarazioni faranno stortare il naso a molti. Lo so, ma tant’è. Non è che io sia felice di aver visto perdere tre punti alla mia squadra del cuore. Tuttavia, perché sprecare questa occasione? Perché buttare al vento la possibilità di dire come Serra possa - sì, perché no - anche essere d’esempio?
Esempio come arbitro? Non lo so. D’altronde, al netto della serataccia di lunedì, se è arrivato in serie A un motivo ci sarà. Solo il tempo potrà dirci se sia un arbitro bravo, bravino, imbelle, straordinario. Per questo io chiedo proprio questo, che gli sia dato tempo! Oltre alle competenze di arbitro, egli ha portato con sé sul campo qualcosa che non tutti gli arbitri hanno: una radicata obiettività nei confronti delle proprie azioni.
Avendo sbagliato, è giusto che paghi lo scotto dei propri errori, ma che la punizione sia equa e pedagogica per tutti. Si lasci l'inutile mediaticità a parte, o magari la si sfrutti al contrario. Si innalzi sull'altare del calcio il suo buon senso e la sua sincerità. Sebbene non possano risarcire il danno, quanto meno portano sé un valore inestimabile. Che salti qualche partita. Che la salti come ammenda, ma anche perché così possa ricominciare quando nessuno parlerà più di lui. Lo si ributti nella mischia. Gli si diano partite meno concitate di partenza e poi, chissà, solo il tempo ci dirà chi veramente è come arbitro questo giovane Serra. Che magari si scopra come la brutta prestazione di lunedì sia stata solo una macchietta sul curriculum di un arbitro competente? Un arbitro, un uomo, di cui abbiamo invece una certezza, ovvero quella di essere in possesso di una sensibilità rara, che dovrebbe essere portata d’esempio

Confucio diceva che non ci si dovrebbe vergognare dei propri errori, perché altrimenti li si tramuta in crimini. Serra si sarà magari vergognato, ma non si è nascosto dietro scudi inutili e parole fallaci. D’altronde, se ci pensiamo, non ha dato un vantaggio, che è buona norma, ma non regola assoluta. Eppure, nonostante ciò, ha ammesso il proprio errore e, così facendo, ha seguito la massima confuciana. Ha dimostrato che un arbitro può sbagliare, che un uomo può sbagliare e che questo non è un crimine. 

Buona fortuna signor Serra. 
Un abbraccio
Novak