Sarà Italia-Spagna. Lo si sa da giorni e da giorni la frenesia pare essersi impossessata di tutti i calciofili, siano essi della prima o della sesta ora, appassionati da anni o esperti dell’ultimo minuto, tifosi dalla notte dei tempi o ad anni alterni.

Vado al bar. Il turno di lavoro pomeridiano mi concede una domenica mattina d’ozio e di tempi lenti. Nella cassetta della posta sbuca Umanità Nova: lo prendo, una rapida lettura ai titoli, ne individuo un paio che leggerò prima degli altri e poi metto il giornale sotto il braccio.
La distanza da casa mia al bar è piccola, nell’ordine di un paio di centinaio di metri, eppure il caldo incredibile di questi giorni fa sembrare la leggera salitina che percorro fino al bar una sorta di Colle del Tourmalet – sono giorni di Tour de France, ça va sans dire…
Giungo al Bar della Nave, zona Frattocchie, con l’affanno tipico di chi dovrebbe mettersi in forma con urgenza dopo un passato da sportivo, seppur a livello dilettantistico. Scruto i tavolini all’ombra: tutti occupati. L’idea di dover sorseggiare il caffè al bancone invece che comodamente seduto al tavolo mi sembra preferibile all’eventualità di sedermi sotto il sole.

La Fortuna sarà anche una Dea bendata, ma Eupalla – come ci insegnava Gianni Brera – è divinità che ci vede benissimo e mi fa la grazia: una coppia giovane solleva i glutei dalle sedie dell’ultimo tavolino all’ombra e se ne va.
Mi fiondo su quell’angolo senza sole come Barella nell’area di rigore belga. Il gestore del bar mi scorge e si avvicina, un rapido saluto prima di ordinare un bel caffè. “Ristretto, mi raccomando”, perché sono partenopeo e il caffè deve essere corto e bollente, sennò non è caffè.
Comincio a sfogliare Umanità Nova nell’attesa che giunga l’agognata tazzina. Poggio sul tavolino il pacchetto di Toscanelli Rossi Raffinati e l’accendino d’ordinanza. La combo “caffè e toscanello” sancisce l’inizio e la fine della giornata. Sono il mio personalissimo Alpha e Omega, i miei Huginn e Muninn, il mio Alì e il mio Frazier.

“Nun c’è trippa per gatti. Asfaltamo la Spagna e poi gli arziamo la coppa ‘nfaccia agli inglesi!”. E’ l’uomo alla mia destra a parlare così. Occhiali a goccia, pochi capelli tagliati corti, braccia muscolose che fanno da contraltare a una pancetta flaccida. Di fronte a lui c’è un tizio con la zazzera lunga legata in un codino, la barba incolta e gli occhiali alla Vasco Rossi.
“Te stai a sbaglià! La Spagna è la prima vera nazionale che l’Italia incontra. Er Belgio era ‘nfoco de paja! La Spagna è tutt’altra pasta!”.
Il modo di esprimersi dei due non lascia spazio a dubbi, perplessità, argomentazioni critiche: entrambi sono depositari di verità che non possono essere scalfite! 
“Ma che stai a dì! La Spagna è arrivata grazie a una botta de… (potete immaginare, NdA) in semifinale! Ce so voluti i rigori pe’ battè la Svizzera, hai capito? I RIGORI! Noi je ne avemo fatti tre, agli svizzeri. Me stai a capì?”
Arriva il mio caffè. Lo giro col cucchiaino, nonostante non ci sia zucchero perché lo bevo amaro. E’ come se, facendo così, mi potessi gustare meglio il dibattito tra Er Pancetta e Belli Capelli, la Furia Azzurra contro la Furia Rossa. Butto giù un primo sorso, nell’attesa della risposta di Belli Capelli.
“Sei tu che nun me stai a capì, Ezio! L’Italia gioca bene solo quanno c’ha er possesso palla lei. Con la Spagna te lo puoi scordà: la palla è roba loro! Vedrai che ve fanno girà come i trottolini!”
Un altro sorso. L’ultimo, il definitivo. Faccio giusto in tempo a prendere il toscanello e a stringerlo tra le dita, prima di accenderlo.
“Ma te senti, Marco? Ve fanno girà… ma perché, te che sei, spagnolo? Nun sei italiano pure te?”

Fuoco al sigaro. Prima boccata. Espiro il fumo rapidamente, come a mettere in fuorigioco la risposta che sta per arrivare.
“Per me esiste solo ‘a Maggica, altro che Italia! Tra l’Europeo all’Italia e il Birra Moretti alla Roma, io nun c’ho dubbi su che scegliere… er Bira Moretti, de sicuro!”
Una seconda boccata. Poi una terza. Er Pancetta non risponde. Vorrebbe, ma non ci riesce. Sorride, isterico. La fronte imperlata dal sudore. Poi parte, insieme alla mia nuova boccata di toscanello.
“De sicuro c’è solo che de pallone nun ce capisci niente… e so’ stato gentile! Dimme grazie!”
Il grazie non arriva. Giunge, invece, una proposta:
“Famo così, Ezio. Famose na scommessa. Se giocamo na bira. Ce stai?”
Continuo a fumare, meno lentamente del solito. Questo duello a singolar tenzone mi affascina, mi eccita, mi esalta. Er Pancetta alla fine accetta.
“Ahò, me tocca fatte sto furto!”
Si stringono la mano a sugello dell'accordo, mentre io ho ormai raggiunto la metà del toscanello. Belli Capelli si guarda in giro, senza lasciare la mano del compagno. Incrocia il mio sguardo e mi spiaccica un sorriso complice. Poi si rivolge all’amico: “Ce sta er signore come testimone, eh? Nun fa scherzi! Se la Spagna ve manna a casa, me devi na bira!”
Er Pancetta mi guarda e conferma con lo sguardo. Affare fatto, scommessa accettata, c’è pure er testimone… Poi guarda l’orologio: “Tacci tua, Marco. Hai visto che ore sono? Me devo da sbrigà, annamo!”
Belli Capelli scatta all’istante, come se lo avessero richiamato sull’attenti. I due mi salutano, io ricambio con una sfumacchiata e un’alzata di mano. Li vedo raggiungere il parcheggio vicino al bar, mettere in moto una rumorosissima automobile tedesca e sfrecciare via, verso il semaforo della Nettunense.
Prendo Umanità Nova, mentre il toscanello si avvia a conclusione. C’è un articolo sulla repressione subita da un rapper catalano per alcune frasi delle sue canzoni contro la Corona spagnola.  Ancora Spagna, penso. E sempre Italia.
“Come finirà?”, chiedo all’ultimo mozzicone di sigaro, che mi guarda esausto e divertito, ma non mi risponde.