Calciofili di tutto il mondo, unitevi! E godete di quello che viene considerato "il gioco più bello del mondo": il calcio.
In queste settimane di calciomercato furente, ogni tifoso sogna colpi clamorosi e comincia a immaginare come si disporrà tatticamente la sua squadra in campo.
Difesa a tre o a quattro? Uno o due mediani? Coppia d'attacco o tridente offensivo? Queste e altre domande si affastellano nella mente dei tanti appassionati di questioni pallonare. E poco cambia se si è sotto l'ombrellone, in ufficio o al bar: il pensiero corre inevitabilmente lì, al terzino che scende sulla fascia, al regista che organizza il gioco, alla mezzapunta che rifinisce, al centravanti che sfonda la rete!
E pensare che tutte queste riflessioni sulla tattica, sui moduli e sui ruoli ebbero inizio a Cambridge, in uno dei college più famosi al mondo, destinati alle classi sociali più agiate. Perché il calcio, è bene ricordarlo, non nasce per essere popolare, men che meno proletario. Il football, così lo chiamarono l'inventore del gioco, è questione di élites.
Quando il calcio nacque, la tattica era pressoché inesistente. Si giocava "kick and rush", che in italiano possiamo tradurre con l'arcinoto "palla lunga e pedalare". Non esistevano moduli: si giocava, volendo usare la numerazione corrente, 1-1-8 o 2-2-6.

CAMBRIDGE
Poi venne Cambridge. Un gruppo di studenti con la passione del football cominciarono a ragionare sulla possibilità di cambiare la strategia: non più "kick and rush", bensì "passing game", ossia gioco di passaggi, di trame, di primordiali schemi.
Per realizzare questo passing game era necessario modificare la disposizione tattica degli uomini in campo, dotando gli stessi di ruoli e compiti ben definiti. Dopo vari tentativi, questi pionieri del calcio inventarono la Piramide, ovvero il primo modulo universalmente riconosciuto nella storia del calcio.
Il nome dello stesso è ben spiegato dalla disposizione tattica degli uomini in campo: in pratica, con due difensori, tre centrocampisti e cinque attaccanti (anche se è inesatti considerarli tutti "attaccanti", in quanto spesso svolgevano le mansioni che oggi vengono richiese alle ali o ai centrocampisti avanzati), la squadra si disponeva sul campo di gioco come una Piramide rovesciata.
Tale modulo, dividendo il campo in tre settori, diede vita anche ai primi nomi:

  • il fullback, ossia il difensore, siccome giocava nella terza linea, venne chiamato "terzino;
  • l'halfback, ossia il centrocampista, siccome giocava in mezzo alle due linee, venne chiamato "mediano".

I cinque attaccanti, invece, venivano chiamati wings (ali), se giocavano esterni; inside-forwards (interni d'attacco), se svolgevano i compiti che oggi svolge una mezzala o un trequartista; centre-forward (centroattacco), se si occupava di essere il centravanti, il bomber della squadra.
Anche la numerazione seguiva questa distinzione di ruoli. Da qui è nata, ad esempio, la consuetudine di dare il numero 1 al portiere, il 2 e il 3 ai terzini, il 4 al mediano, il 5 al regista (soprattutto in Sudamerica), il 7 e l'11 alle ali, il 9 al bomber, l'8 e il 10 alle mezzali.

DAI SUCCESSI AL SUPERAMENTO
Molte squadre ottennero grandi risultati grazie alla Piramide: si pensi ai Blackburn Rovers o alla Nazionale olimpica dell'Uruguay, ma anche al Genoa, che vinse sei scudetti giocando con questo modulo.
L'evoluzione tattica del gioco, poi, porterà ad abbandonare la Piramide di Cambridge, ma partendo da essa prenderanno vita due fondamentali tattiche di gioco: il Metodo e il Sistema.
Ultimamente, però, si sta notando un ritorno della Piramide, soprattutto in fase di possesso palla.