Leggi "Inghilterra-Italia" e la mente non corre a questo principio torrido d'estate. La testa vola, fluttua sulle ali della memoria, trasportata dai venti divine che la Dea Eupalla regala a ogni tifoso di calcio.

HIGHBURY
La mente vola e atterra ad Highbury, tempio dell'Arsenal. E' il 14 novembre 1934. Fa freddo, tanto freddo. E c'è una nebbia impenetrabile. Dagli spalti è difficile distinguere le sagome in campo, ma almeno i colori delle maglie agevolano il compito di tifosi e cronisti.
Agli ordini del signor Otto Ohlsson sono schierati a centrocampo undici uomini d'azzurro vestiti. Hanno vinto il Campionato del Mondo di calcio giusto qualche mese prima. Il capitano ha il numero 4 sulla maglia e nel cognome: Ferraris IV, calciatore della Roma. E quella è l'Italia di Vittorio Pozzo.
Ci sono altri undici uomini in campo. La loro maglietta è bianca e ha tre leoni disegnati sul petto, all'altezza del cuore. Loro non hanno partecipato al Mondiale, perché non accettano di confrontarsi contro nazionali che da poco hanno iniziato a conosce il calcio. Loro, il calcio, lo hanno inventato. Sono i Maestri. Sono l'Inghilterra.

La partita comincia su un campo che tende alla fanghiglia. Ne fa le spese, dopo un minuto, il portiere azzurro Ceresoli: convinto di raggiungere il pallone prima dell'inglese Drake, sbaglia il tempo dell'intervento e colpisce l'attaccante. Rigore per l'Inghilterra. Ceresoli si tuffa: parata!
Passa un minuto, uno soltanto. Sempre Drake protagonista, stavolta in negativo: duro fallaccio su Luisito Monti, centromediano metodista e cardine del gioco di Pozzo. Frattura del piede sinistro: all'epoca non esistono le sostituzioni, quindi Monti resta in campo. Spostato all'ala, è praticamente immobile. Il dolore è lancinante, fatica a stare in piedi. Vittorio Pozzo, impotente, lo manda negli spogliatoi.
All'ottavo, al decimo e al dodicesimo vengono realizzati tre gol. Tutti di marca inglese: doppietta di Brook e gol di Drake. Sotto di tre reti, contro i Maestri inglesi, e in inferiorità numerica: una disfatta, una Caporetto annunciata.
Alla fine del primo tempo, gli infreddoliti e acciaccati calciatori italiani raggiungono gli spogliatoi di Highbury. Le facce stravolte dalla fatica e dalla delusione. Ci pensa il capitano, Ferraris IV, a risollevare il morale della truppa azzurra. Leggenda vuole che egli declami, con tipico accento romanesco, il seguente motto: "Dalla lotta chi desiste fa una fine molto triste, chi desiste dalla lotta è ‘n gran fijo de ‘na mignotta!".
Si torna in campo, dunque. Per 45 minuti di fuoco e fiamme, nonostante la pioggia e il fango. L'Italia si tuffa nella partita con grinta e cattiveria. Non pochi interventi degli Azzurri costringono gli inglesi a farsi curare. Non solo calcioni, però: come è costume del Metodo, lo schema preferito di Vittorio Pozzo, si gioca anche a calcio. Ferraris diventa metodista, Meazza viene lanciato all'attacco.
Ed è proprio lui, il Balilla, il calciatore più amato dai tifosi e - soprattutto, secondo le malelingue - dalle tifose del Belpaese, ha suonare la riscossa: al 58' realizza un gol su assist di Orsi, al 62' devia di testa un cross di Ferraris.
La partita cambia letteralmente padrone. Se non nel risultato, almeno nel gioco sono gli italiani ad aver predominio territoriale e mentale. A pochi istanti dal triplice fischio, sempre Meazza sfiora l'impresa: un suo tiro colpisce la traversa a portiere battuto.
Lo svedese Ohlsson fischia la fine del match. L'Inghilterra ha vinto, i Maestri hanno battuto la squadra che ha vinto il Mondiale. Eppure gli applausi non sono per i bianchi. Lo stadio, tutto lo stadio, in piedi, applaude quelli vestiti d'azzurro. Nicolò Carosio, radiocronista del match, conia una frase che dal giorno successivo campeggerà sui giornali italiani e inglesi: "I Leoni di Highbury".

WEMBLEY
La memoria continua a volare. Si libra nel cielo londinese e atterra poco lontano da Highbury. Siamo a Wembley, il Tempio del calcio (non solo inglese). La data è sempre la stessa: il 14 novembre. Cambia l'anno: non siamo più nel 1934, bensì nel 1973.
In campo sempre le stesse magliette: bianche per l'Inghilterra, azzurre per l'Italia. Il clima non è mutato: freddo e pioggia. L'arbitro portoghese Lobo stringe la mano ai due capitani: Bobby Moore per i sudditi di sua Maestà, Giacinto Facchetti per gli italiani.
Il canovaccio della partita è quello che in tanti avevano pronosticato: gli inglesi all'attacco a testa bassa e i "camerieri" italiani (così la stampa d'Oltremanica ci aveva definito) chiusi in difesa e pronti al contropiede.
Mancano tre minuti quando Long John Chinaglia, servito da Fabio Capello, affonda sull'ala destra. Il centravanti della Lazio carica come un toro, arriva sul fondo e fa partire un cross teso e potente. Shilton, portiere inglese che diventerà immortale grazie a Maradona, che gli segnò in faccia la Mano de Dios, devia maldestramente in posizione centrale. Giunge a rimorchio proprio Capello, che aveva fatto partire l'azione: tiro a portiere battuto e gol.
Gli ultimi minuti, nonostante l'arrembaggio inglese, non sono particolarmente tribolati per Zoff. L'arbitro Lobo emette tre fischi: l'Italia vince in terra d'Albione, è la prima volta nella storia.

MOLINEUX
Vi sono state altre Inghilterra-Italia che avrebbero meritato un approfondimento. Come dimenticare, ad esempio, la vittoria di Wembley targata Gianfranco Zola o la recente conquista della Coppa Europa da parte dell'Italia, sempre nel Tempio londinese.
La memoria, però, dopo aver viaggiato così tanto, si stanca e lascia spazio all'attualità. Una attualità che ci parla di una Inghilterra in crisi, che ha perso contro l'Ungheria e ha pareggiato in Germania giocando peggio dei tedeschi.
L'Italia, dal canto suo, dopo la "scoppola" subita a Wembley (a volte il caso...) ad opera dell'Argentina, è riuscita a pareggiare contro la Germania e a battere l'Ungheria, lanciando in entrambe le partite molti interessanti giovani, tutti esordienti in maglia azzurra.
La classifica del girone parlerebbe di un testacoda, visto che l'Italia è prima e l'Inghilterra è ultima, ma il condizionale - mai come in questo caso - è d'obbligo: dopo due sole partite di Nations League e con un girone così equilibrato, basta davvero una vittoria a ribaltare le gerarchie.
Occhi puntati su Kane e Pellegrini. L'attaccante del Tottenham, che ha appena segnato il 50° gol con la maglia della Nazionale, è un portafortuna: l'Inghilterra non ha perso nessuna delle ultime 15 partite in cui Kane ha segnato.
Il capitano della Roma, Lorenzo Pellegrini, è in stato di grazia: ha realizzato due gol nelle ultime due partite della Nazionale italiana.
Una curiosità: questa Inghilterra-Italia non si giocherà a Wembley, ma al Molineux Stadium, casa del Wolverhampton.