Un uomo si distingue per le grandi virtù.
E per i piccoli vizi.

Il mio si traduce nella seguente formula: Toscanello Rosso Raffinato. Me ne concedo un paio al giorno, dei quali l’ultimo rigorosamente dopo che il sole sia tramontato da tempo e la luna sia sufficientemente alta in cielo.

Ieri sera, dopo la splendida prestazione azzurra sul prato romano dell’Olimpico contro la nazionale elvetica, mi sono sistemato sulla panca fuori al balcone, ho acceso il sigaro e, tra le prime guglie di fumo, ho cominciato a pensare a Italia – Svizzera. Immagini messe in ordine dalla mia memoria, che non segue criteri cronologici, si affastellavano nella mente senza soluzione di continuità, tra una boccata e l’altra.
Vedevo Donnarumma, del cui colore di maglia mi sono accorto praticamente a partita conclusa, visto che era stato inquadrato davvero poche volte dalle telecamere della diretta tv.
Vedevo il velo sublime di Di Lorenzo, quell’attacco alle coronarie di Fabio Caressa, mentre lo Zio Bergomi rimaneva freddo e impassibile.
Vedevo il secondo gol di Locatelli, un tiro mancino secco e angolato, e pensavo che se lo avesse fatto in scivolata mi avrebbe ricordato Tardelli nel Mundial 82.
Vedevo anche il primo gol di Locatelli, identico a quelli che facevo quando giocavo a Playstation da ragazzo.
Poi una boccata dal sigaro… e un’altra ancora…
Vedevo Mancini catechizzare ogni calciatore azzurro senza che il suo ciuffo perdesse mai l’aplomb anglojesino.
Vedevo Spinazzola respirare a bocca aperta dopo la quattordicesima discesa sul fondo conclusa con un cross al centro.
Vedevo Immobile sistemarsi con rabbia e frenesia i capelli al termine di ogni azione, nell’attesa spasmodica del tiro giusto, del momento ideale, dell’occasione più o meno ghiotta per iscrivere il proprio nome sui tabellini del match.
Vedevo Insigne dialogare con Ciruzzo come se stessero ancora a Pescara e con Jorginho come se il regista italobrasilero indossasse ancora un’altra casacca azzurra, quella del Napoli.

Un’altra boccata, mezzo sigaro è già andato…
Vedevo Chiellini esultare per un gol, che poi sarà annullato.
Vedevo Chiellini chiedere il cambio e consegnare la fascia di capitano.
Vedevo Chiellini in panchina, essere il primo tifoso dei compagni.
Vedevo Chiellini non solo fare, ma essere un Capitano.

Poi una boccata… altro fumo… altre immagini…
Vedevo Barella correre e rincorrere, contrastare e dribblare, senza mai tirare indietro la gamba. Mai.
Vedevo Belotti scalpitare in panchina, la cresta bassa e il desiderio che giunga presto l’alba per poter ricominciare a cantare.
Vedevo Berardi puntare. Puntare sempre. Per poi andare sul fondo o rientrare sul mancino. “Datemi la palla e io lo punto”, qualsiasi cosa succeda. E di solito succedeva una cosa bella, saporita, gustosa.
Vedevo Chiesa entrare in partita con la stessa fame con cui io torno a casa dopo il turno di lavoro.
Vedevo Toloi anticipare e ripartire, in puro Atalanta style.
Poi l’ultima boccata. La più lunga di tutte. Quella che emette più fumo. E il fumo arriva fino all’Olimpo, fino alle narici di Morfeo.
Buonanotte, Italia.