Una delle stupidaggini maggiormente utilizzate dai tifosi del bilancio e dai supporters del proprietario del Bari è la seguente: a Napoli i tifosi si sono imborghesiti, per questo lo stadio non è più pieno e trascinante come una volta.
Mi fa piacere che si voglia tentare di applicare l'analisi classista della società contemporanea anche agli eventi da stadio, ma se proprio si vuol tentare questo astruso sentiero, almeno lo si faccia con cognizione di causa!

Se c'è una cosa che il tifoso del Napoli - quello vero, viscerale, non il tifosotto occasionale che viene al Maradona "per vedere il Barcellona" - non è mai stato, non è e non sarà mai... è un borghese. Al netto dei pezzenti sagliuti e dei vomeristi in servizio permanente, ossia di gente che propone di giocare le partite casalinghe del Napoli all'estero (cioè a nord di Gaeta) e non in Patria, il tifoso partenopeo è proletario, saldamente ancorato a tradizioni e modi di vivere il calcio e il pallone antitetici rispetto ai figuri di cui sopra.
Rimando a successivi articoli la spiegazione della differenza tra calcio e pallone, anche se il disgusto per il sistema calcistico postmoderno dovrebbe essere presente in tutti o quasi e quei "quasi", chissà perché, sono sempre i vomeristi e i filmauristi.
Mi preme qui evidenziare che l'accusa di imborghesimento mossa nei confronti del proletariato partenopeo che riempiva e tornerà a riempire il fu San Paolo è, per dirla con Fantozzi dopo la visione della Corazzata Potemkin, "una cagata pazzesca".
Per i supporters di Don Aurelio, trattato da questa Napoli minoritarissima e con la puzza sotto il naso come Draghi viene trattato dalla stampa politica mainstream, ovvero come una sorta di Unto del Signore e Apostolo delle Genti, la stragrande maggioranza dei tifosi napoletani è plebaglia, nemmeno proletariato. Se così fosse, loro sarebbero l'aristocrazia calcistica cittadina. Capisco che è un loro desiderio, perché in ognuno di questi esemplari bipedi di vespasiano alberga uno juventino che non ce l'ha fatta, ma purtroppo mi preme evidenziare che LORO sono gli imborghesiti, NOI siamo rimasti Popolo, proletariato, plebe.
Sono loro a volere uno stadio-teatro, coi posti a sedere e i biglietti di curva a 50 euro. Esultano quando Don Aurelio non abbassa i prezzi dei biglietti né prevede ridotti per i bambini. "Ma c'è la Tribuna Family!", rispondono prontamente, mentre indossano la sciarpetta rosa e non riescono a distinguere Lobotka da Demme.
Sono loro a buttare fango - volevo usare un altro termine, riferito sempre a qualcosa di marrone, ma ho preferito evitare - sugli ultras del Napoli, colpevoli in primis di essere ultras, ossia un qualcosa di disdicevole, di cui vergognarsi. "Non ci sono più gli ultras di una volta", affermano convintamente, nonostante abbiano del movimento ultras partenopeo la stessa conoscenza che il sottoscritto ha per l'epistemologia della semantica. La trasferta più pericolosa che hanno fatto è Benevento-Napoli, ovviamente senza andare nel settore ospiti.
Sono loro, gli imborghesiti che sognano l'aristocrazia, a festeggiare per le sei, sette magliette stagionali che Don Aurelio confenziona e vende, senza rispettare la tradizione dei colori sociali - che nel calcio e nel pallone, è bene dirselo, contano sempre tanto -. "Sono le regole del marketing calcistico!", ci spiegano dall'alto delle loro cattedre. Che in realtà sono le bancarelle del torrone, ma noi - la Plebe - evitiamo di farglielo notare.
Parlano della stragrande maggioranza del tifo partenopeo con disgusto, la trattano come marmaglia ignorante e beota, però amano riempirsi la bocca di questa accusa risibile: imborghesimento. Che è la traduzione che un marxista di serie D farebbe della parola "cafonaggine": perché voler vincere è da cafoni, anche voler competere per vincere è da cafoni, voler vedere la propria squadra giocare la maggior parte delle partite con la maglia azzurra è da cafoni, chiedere che venga fatta una campagna abbonamenti decente è da vessati, sperare in prezzi calmierati e in riduzioni per bambini e anziani è da amanti del pezzotto, anteporre i risultati sportivi agli avanzi di bilancio è da irriconoscenti.

Nulla di strano, in effetti. I cafoni - quelli veri - appena riescono a imborghesirsi, vedono cafoni ovunque. Come insegnava Malcolm X, i neri da cortile odiavano i neri dei campi più del padrone che teneva entrambi in schiavitù. Ecco, questo sono i vomeristi, i baristi e i filmauristi: neri da giardino, una sparuta minoranza che idolatra il padrone e tifa affinché usi la frusta contro chi, invece, di quel padrone vuole semplicemente liberarsi. Che gli imborghesiti se ne facciano una ragione, invece di accusare noi di essere ciò che essi già sono: i padroni, ai napoletani, non sono mai piaciuti. Li abbiamo sopportati e subiti, talvolta anche tollerati, ma alla fine non ci hanno mai cambiato.

E' la Storia a dirlo: ci hanno invaso e colonizzato in tanti, ma sono arrivati che parlavano spagnolo, francese o austriaco... e se ne sono andati che parlavano napulitano. Succederà anche con Don Aurelio, il quale è stato capace di dilapidare tutto il credito e tutto l'affetto che questa piazza aveva riversato su di lui quando acquistò il Napoli
I neri da cortile dell'attuale padrone se ne facciano una ragione. Noi, i neri dei campi, la plebe, i proletari non abbiamo alcuna voglia di imborghesirci come loro.