L'esordio di Luciano Spalletti sulla panchina della Nazionale Italiana di Calcio, impegnata contro la Macedonia del Nord è stato deludente, con un pareggio che già lascia serpeggiare l'incubo di vedere sfumare anche la qualificazione ai prossimi Campionati Europei. La cosa strana è che invece di porsi delle domande e cercare soluzioni utili ad invertire una situazione che peggiora anno dopo anno, ci si affida ad "esperimenti", al singolo interprete, come se avesse la bacchetta magica e potesse essere in grado di risolvere ogni problema. Non è questa la soluzione e Luciano Spalletti, per quanto bravo, esperto e preparato, non può accollarsi l'onere di dare una svolta a tutto il movimento calcistico italiano.

Qualche giorno fa, leggendo l'articolo dell'ex nazionale di pallavolo, Andrea Lucchetta, in merito alle polemiche sull'utilizzo della Egonu, mi ha colpito il concetto di " squadra di tutti " dove l'allenatore lavora nel presente, ma anche per un futuro che può non prevedere il suo utilizzo. Il processo mediatico che ha subito la squadra di pallavolo femminile, ottimamente allenata da Davide Mazzanti, per motivi che poco o nulla, hanno a che vedere con la gestione di una squadra da parte del suo allenatore, ma piuttosto a situazioni extra campo, a colori della pelle, usati a piacimento, o solo per creare polemiche, sfiora l'assurdo. Eppure la pallavolo Italiana è costantemente ai vertici mondiali, con tutte le sue formazioni e con un movimento in continua espansione, cosa che non si può certo dire del calcio. 

Le squadre professionistiche vedono sempre meno italiani schierati negli undici migliori. I motivi sono molteplici e risaputi. Compresa una assurda agevolazione fiscale che premia l'acquisizione di giocatori provenienti dall'estero, mentre sarebbe stato opportuno fare l'inverso. Un buon giocatore italiano, mediamente costa quasi il doppio rispetto ad uno straniero, obbligando le squadre di vertice a scelte ben precise e anche i vivai storicamente "costruttori di talenti", come ad esempio l'Atalanta, ora hanno le squadre giovanili formate prevalentemente da stranieri. In questo scenario non è semplice per un "selezionatore", con pochissimo tempo a disposizione, trasmettere le proprie idee e dare forma ad una squadra vincente. Perchè fare una squadra non significa mettere insieme undici giocatori, più o meno bravi, ma metterli in condizione di essere funzionali, al gioco e al collettivo. La sfida contro la Macedonia del Nord ha mostrato tutti i limiti, singoli e collettivi, ma specialmente ha evidenziato, almeno ai miei occhi, che sotto la maglia, non ci sia poi così tanto desiderio di lottare e sacrificarsi, quasi la convocazione fosse più un peso che un onore.

Argomento delicato, che non può non coinvolgere anche il Tennis, dove la rinuncia a vestire la maglia azzurra sta diventando fin troppo comune. Veramente rappresentare la propria Nazione sta diventando più un peso che un onore ?. Spero proprio di no. Se nello Sport assistiamo a sempre più vittorie, anche in discipline dove nel passato ci era vietata ogni velleità di successo, mostrando confortanti segnali di miglioramento, con impiantistiche e praticanti in costante aumento, rilevare che ancora ci si stupisce per il colore della pelle di chi ci rappresenta è alquanto triste.

Allora forse in questo concetto di "Nazionale", dove tutti ci sentiamo partecipi e rappresentati, pronti a gioire o soffrire, ma accomunati da una identità che vorremmo tramandata all'infinito, FORSE è proprio la Nazionale di Calcio, la prima ad aver ammainato la bandiera. Sarà un problema di soldi, oppure di troppi impegni sportivi o semplicemente dei tempi che cambiano, ma quando guardo altre squadre con la maglia azzurra, in altre discipline, che si vinca oppure si perda, vedo altre espressioni e ben altra partecipazione. Quindi se mancare l'appuntamento agli Europei, così come successo per i Mondiali o le Olimpiadi, fosse di aiuto al calcio italiano per sapersi relazionare in modo ben diverso con i suoi tifosi, sparpagliati per il mondo, allora ben venga questo ennesimo fallimento.

Se Ventura e Mancini non sono bastati per intervenire nella ricerca di soluzioni, non potrà certo essere il solo Spalletti a mutare questo trend. La Nazionale è di tutti, ma poi in campo ci vanno i giocatori ed oggi trovarne undici in grado di vincere è problematico.         

Se guardiamo gli altri campionati europei, sarà facile constatare che in nessuno c'è una presenza di giocatori stranieri come in quello italiano. I Top Club sono maggiormente multietnici ma senza arrivare agli eccessi italiani. Se ogni squadra di Serie A fosse obbligata a schierare in campo, almeno cinque giocatori italiani, ecco che il Selezionatore avrebbe subito una lista di almeno cento giocatori da cui attingere. Scelte che vanno imposte con strategie finalizzate ad interessi comuni.

C'è in Italia questa volontà? A quanto pare NO, ma non ci resta che aspettare.