La grande differenza fra noi "stagionati", che cerchiamo di trasferire le nostre emozioni in questa comunità calcistica, spesso abbinando ricordi e tanto romanticismo, con le "nuove generazioni", quelle delle statistiche, degli highlightes, le sintesi dei gol, dei bilanci in pareggio e molto altro, più extra che campo, è tutta racchiusa in quello che quel pallone che rotola e i suoi interpreti hanno significato per le nostre vite e i nostri percorsi di crescita. Giocatori che sono stati di tutti, a prescindere da quale maglia indossassero, estera o italiana, veri rappresentanti di uno Sport, un Gioco, che praticato con i piedi, sapeva raggiungere il cuore e il cervello. Fosse la strada, il patronato, la spiaggia, nel campo di periferia o negli stadi più importanti, ogni giorno il rito di quella partita, dei suoi interpreti, ci trasformava, lasciando spazio solo ai nostri sogni, allontanando ogni negatività, non lasciando spazio a noie o depressioni, insegnandoci a cadere e rialzarsi, imparando a conoscere la vita e il suo percorso, fino a consegnarci alla sua realtà.

Non c'erano i genitori a guardarci e nessuno pensava a stipendi faraonici, l'aspirazione era giocare una partita "vera", magari nella squadra della propria città e mostrare le proprie qualità. Milioni di ragazzi, praticanti a costo zero, che grazie al calcio miglioravano ogni gesto coordinativo e fin da piccoli avevano un obbiettivo loro e non imposto da nessuno. Lentamente, ma inesorabilmente il progresso, il consumismo e l'affarismo ha voluto appropriarsi di tutto ciò, senza capire che i sogni non vanno inscatolati. Fra tanta approssimazione e pochissima professionalità, mentre altre discipline sportive, proprio grazie a ciò, riuscivano a ritagliarsi spazi importanti, acquisendo praticanti.
Il calcio non ha solo intrapreso una parabola discendente, impossibile da invertire, ma si è trasformato in altro, in uno spettacolo di intrattenimento, uno svago di 90 minuti, sempre più costoso e inflazionato.

Oggi i ragazzini non "giocano a calcio", con la nostra stessa spensieratezza, ma si allenano, spesso non volentieri, trascorrendo più tempo su pulmini che li portano a campi distantissimi, che nel rettangolo di gioco. Evitando dribbling troppo rischiosi che innervosiscono gli allenatori, non sapendo fare una capovolta, ma palleggiando come Ronaldo, con borse pesantissime e scarpe da gioco dal costo proibitivo. Le Scuole Calcio sono diventate Aziende, i bambini e le bambine, sono i clienti e il loro percorso di crescita è l'ultimo dei problemi. Un quadro fin troppo realistico di uno sport che dovrà anche fare i conti con un calo demografico ampiamente preventivato, con sempre più stranieri a colmare questa lacuna.

Uno sfogo, il mio, indirizzato a coloro che hanno rovinato questa "magia", che piangono se viene tolto un Decreto Crescita, utile solo al loro arricchimento. A chi ha sempre preso, senza dare o migliorare. Giocare a calcio oggi significa pagare una retta mensile e per le Società Sportive avere spese e obblighi sempre più alti, dalle utenze all'impiantistica. Questo dovrebbe essere il primo dei problemi, non agevolazioni fiscali per portare giocatori stranieri in Italia con stipendi altissimi, ma riportare la passione al centro del progetto per non avviarsi verso tutt'altro.

In questo scenario che pochissimi vogliono evidenziare, interessati al calcio mercato e a tutto ciò che ruota intorno al "circo mediatico", divenuto parte integrante di uno spettacolo sempre meno sportivo, il Nostro Milan gioca il quarto di finale di Coppa Italia contro l'Atalanta. Un appuntamento importantissimo, per una competizione che il Milan non vince da 21 anni. Il solo fatto che i "tifosi ragionieri" abbiano evidenziato i benefici economici nel raggiungere l'eventuale finale, mi fa venire l'orticaria.
Se accettiamo di ridurre sempre tutto ad una questione di soldi, si sta sbagliando tutto. Il Milan deve cercare di superare l'Atalanta perchè San Siro sarà stracolmo di tifosi, cosa che succede da anni. Perchè si gioca per vincere e non per altro. Perchè ogni volta che scende in campo la "nostra squadra", quella che amiamo e che tifiamo, sapendo ancora gioire o soffrire, come il primo giorno, ci sono 124 di storia e miliardi di tifosi a pretendere di onorarne la maglia. Milan, Carpe diem. cogli l'attimo, facci sognare e divertire, riportando il calcio, almeno per una notte, dove ci piace, nel cuore e nel cervello.
Se poi a passare il turno sarà l'Atalanta di Mister Gasperini, sapremo farcene una ragione e guarderemo avanti.
La Coppa Italia è un trofeo importante, un obiettivo raggiungibile, almeno i sogni non fateli svanire... fino a giugno.