E’ il 1994. Ho quasi nove anni. Mio padre, come tutti i giorni, all’ora di pranzo torna a casa con il giornale Tuttosport. In terza elementare la capacità di lettura comincia a diventare abbastanza fluente. Certo, qualche doppia viene magari dimenticata o qualche punto a fine paragrafo viene scordato per strada e si legge tutto d’un fiato. I titoli a caratteri cubitali, però, quelli è impossibile leggerli male. Sono talmente enormi ed evidenti. Eppure, quel giorno, ero convinto di aver letto male. “Pontedera-Italia 2-1”. Eehh? Aspetta, rileggo meglio: “Pontedera-Italia  d-u-e  a  u-n-o.
Prima di formulare la domanda, guardo se papà sta facendo dell’altro. Niente, sta guardando il telegiornale mentre aspetta il piatto di pasta al pesto che mamma sta preparando. Ok, posso farla. “Papà” “Si?” “Quelli del giornale hanno sbagliato?” “Cosa?” “Guarda qui, hanno scritto che l’Italia ha perso”. Silenzio. Mi guarda e sorride: “No, non hanno sbagliato, ha perso veramente”. A quell’età in geografia le regioni e le città italiane non sono ancora contemplate. A parte il mio paese, la mia città e qualcuna sentita nelle partite di calcio o scelta nel game gear, il resto per me è ancora notte fonda. Pontedera non sapevo neanche cosa significasse. Eppure c’era scritto quel nome contro la Nazionale. Vengo così a sapere che è una città della regione Toscana. Quindi in Italia. Il “padrone” che perde contro un suo “dipendente”.

Il Pontedera, fino a quel 6 Aprile 1994, stava veleggiando nei primi posti della serie C2 e una settimana prima aveva pareggiato in casa contro il Poggibonsi, che stava lottando per non retrocedere. Il più potente avversario, ovvero la Nazionale Italiana, è infarcita di tutti i migliori giocatori che militano in serie A. Tanti sono anche pluridecorati in Europa. E con un Roberto Baggio, stella della squadra, fresco di Pallone d’Oro. Nella squadra toscana, alcuni al massimo hanno vinto qualche torneo estivo nei campetti parrocchiali o, nelle migliori delle ipotesi, campionati di serie C e serie D. Sanno che stanno per vivere un sogno, disputando questa prestigiosa amichevole. In cuor loro sono consapevoli che sarà una scorpacciata di gol azzurri. La soddisfazione di giocare contro certi calciatori è impagabile. In fondo il loro compito è fare da sparring partner.
L’Arrigo ct nazionale e il D’Arrigo allenatore dei granata si scambiano un veloce saluto prima del match, consci che entrambi porteranno a termine il loro obiettivo di giornata: il primo sa che in questa partita ci saranno molti gol e molti schemi da provare, il secondo sa che per lui e per la propria squadra è un premio e quindi l’importante è fare bella figura e limitare i danni. I giocatori azzurri sanno che questo test sarà la classica passeggiata di salute e che non ci saranno i riflettori puntati addosso come se dovessero giocare contro le più blasonate compagini europee e mondiali. Quindi ok l’impegno, ma non esageriamo con l’agonismo.
Questa sensazione evidentemente viene percepita dai meno blasonati avversari, che al minuto 22 sono già in vantaggio per due reti a zero. No, non è un incubo azzurro o un sogno granata. E’ la realtà. I meno blasonati, nonchè semisconosciuti Rossi e Aglietti non esultano nemmeno, tanto è l’imbarazzo. Sono riusciti a perforare i mostri sacri che compongono quella difesa: Panucci, Maldini, Baresi e Costacurta. Solo a leggere il loro palmares viene il mal di testa. Quella retroguardia che sta dominando il campionato di serie A da anni e che di lì a un mese avrebbe vinto la Champions League strapazzando il Barcellona di Johann Cruyff.
Arrigo Sacchi resta impietrito. Comincia a balenare in lui l’idea che si tratti di uno scherzo. “I giocatori saranno stati contattati dalla redazione di Scherzi a Parte e non mi hanno detto niente. Si, sicuramente sarà cosi. Altrimenti non me lo so spiegare. Socc’mel! Potevano scegliere una partita migliore almeno”. Ma i minuti passano e non si vedono cartelloni o il Marco Balestri di turno travestito che fanno pensare a questo. Suda freddo l’Arrigo di Fusignano. Alla fine del primo tempo il ct opta per qualche cambio, pretendendo che il risultato venga assolutamente cambiato. Al minuto 52 un sussulto. Daniele Massaro, soprannominato “Provvidenza”, accorcia le distanze, che sembrano il via libera a una logica rimonta. Ma trentotto minuti più ben SETTE di recupero voluti da Sacchi per salvare in tutti i modi la faccia, non bastano! L’arbitro Collina, quasi imbarazzato, fischia tre volte. Silenzio. Musi lunghi, sguardi persi.
Ai giocatori azzurri non pare vero. A quelli del Pontedera nemmeno. “Ed ora? Esultiamo o no?” sembrano dirsi tra di loro.
L’atmosfera è surreale. Quella Nazionale, che tra 2 mesi deve disputare la competizione più importante del mondo, si trova inevitabilmente sotto la gogna mediatica. La voce si diffonde rapidamente. E non eravamo ancora nell’epoca di internet. Pontedera è in festa come non mai. Radio, televisioni e giornali ci danno dentro di brutto. La cittadina toscana diventa l’ombelico del mondo.

Oggi, venticinque anni dopo, quell’evento viene ricordato come allora. Un giorno indimenticabile per entrambe.
Tranquillo Arrigo, l’Italia calcistica non è la prima volta che perde contro una squadra paesana. Era già successo nel 1958, contro i pugliesi del Cerignola.
Ah no scusa, quello era un film!