Sììììì, abbiamo vintoooo!! Siamo i più forti!! Juveee ti amooo!”.
Quello che urla a squarciagola, alle 23.30 nel cortile di casa, è un bambino di 11 anni. E’ il bambino più felice del mondo in quel momento, perché la sua squadra del cuore ha appena vinto la finale di Champions League! 
E’ il 22 Maggio 1996. E’ agitatissimo, e poco importa se non dormirà le sue solite dieci ore notturne. Per questa occasione mamma e papà hanno fatto un’eccezione. Ma l’avevano preventivata. Quel bambino sa che per lui questa serata resterà impressa per sempre nella sua memoria. La prima Champions League “vinta” da spettatore. Purtroppo, ancora non sapeva che accanto alla parola “prima” avrebbe dovuto affiancarci negli anni altre due parole: “e unica”.
Nel primo anniversario della conquista di questa magnifica coppa, la Vecchia Signora ha l’occasione per festeggiarlo come si conviene in queste occasioni, ovvero ri-vincendola. Il 28 Maggio 1997 i tifosi bianconeri, compreso quel bambino, sono talmente convinti di riconquistarla, che non vedono l’ora che arrivi il 90esimo per gridare al cielo tutta la gioia! Era impossibile partire da sfavoriti dopo aver visto il doppio match di semifinale contro quelli che erano stati battuti in finale l’anno prima: l’Ajax. Dominati ad Amsterdam e schiantati a Torino.
No, perderla non era assolutamente concepibile. Se poi ci aggiungi che la finalista è quel Borussia Dortmund, il quale contro di noi ha sempre subìto sconfitte negli ultimi anni, il gioco è fatto. E invece fu proprio quella partita l’inizio del grande incubo per i tifosi bianconeri. Tra lo stupore generale, i giallo fosforescenti tedeschi, infarciti di ex juventini, si sono permessi di rovinare la festa ai loro ex compagni, che in quell’annata avevano vinto tutto, ma proprio tutto. Mancava proprio la classica ciliegina sulla torta. Ma la torta invece se la sono beccata in faccia. Tre schiaffi, pesantissimi, che ancora adesso a distanza di anni non sembrano sbiadirsi. “Siamo forti, ci riproveremo l’anno prossimo”. Questo mantra purtroppo diventerà la prima frase che i tifosi juventini pronunceranno annualmente dopo ogni uscita da questa competizione.
Per il terzo anno consecutivo si ripresenta la grande occasione. La pratica Monaco, in semifinale, si chiude già all’andata con un sonoro 4-1 a Torino, con un Del Piero in grande spolvero che sigla una tripletta. Purtroppo, proprio Alex è stato il grande “assente” in finale, perché a causa di un fastidio muscolare non ha potuto regalare magie al popolo bianconero e quindi in campo vi era solamente la sua ombra. L’ altra semifinale era Real Madrid-Borussia Dortmund. I milioni di tifosi juventini speravano con tutto il cuore di trovare gli odiati tedeschi per assaporare una rivincita che con i “se” e con i “ma” avrebbero vinto sicuramente. Invece il destino fece avanzare in finale gli spagnoli. “Non vanno in finale dal 1981 e non ne vincono una dal 1966” questo era il pensiero del tifoso zebrato appena si seppe il nome dell’avversario. Tanti, troppi anni, per una squadra blasonata come il Real Madrid. I blancos sentono odore di ribalta internazionale. L’occasione è troppo ghiotta per non portarla a termine.
Detto fatto: il 20 Maggio 1998, Davids e company possono solamente assistere dal campo Hierro e compagni che sul palchetto dei vincenti sollevano al cielo quel trofeo, che per il secondo anno è sfuggito dalle mani bianconere. Il terzo anno senza coppa, il 1999, è un’annata tribolata per la Juve, anche se nella semifinale di ritorno Pippo Inzaghi con una doppietta nei primi dieci minuti ci aveva illuso e non poco.
Ma contro quel Manchester United non c’era nulla da fare. Potevano anche giocare in 7 che avrebbero vinto comunque. Era il loro anno, tutto girava per il verso giusto. La perfetta dimostrazione la si è avuta nella finale contro il Bayern Monaco. Tedeschi al 90esimo già pronti a festeggiare con boccaloni di birre e invece... “ops, sorry”. I Red Devils hanno ribaltato il risultato al 91’ e al 93’ portandosi a casa l’ultima coppa del secolo. Nel 2000 i bianconeri potevano solamente assistere dal televisore nei mercoledì di Champions, visto che il loro giorno designato in quell’annata era il giovedì, ovvero per le partite di coppa Uefa.
L’anno successivo, la competizione europea più importante era tornata ad accogliere la squadra di Carletto Ancelotti e anzi, la buona stella, aveva in serbo un piano favorevole per i bianconeri, che vennero relegati in un girone tutt’altro che impossibile con Panatinaikos, Deportivo La Coruna e Amburgo. L’ultimo nome rievoca sgraditi ricordi, ancora ben evidenti nella mente del tifoso bianconero degli anni settanta/ottanta, che mai ha dimenticato e mai dimenticherà quella sciagurata finale del 1983. Ma anche a distanza di 18 anni, la squadra tedesca è sinonimo di sventura. Nel penultimo match del girone, partita chiave per chiudere la pratica e passare il turno, ai bianconeri basta un pareggio. E invece che succede? Il patatrac. I due uomini chiave, Zidane e Davids, si fanno espellere dopo soli 33 minuti del primo tempo, la squadra si sfalda e l’1-3 diventa inevitabile! In quel momento era lapalissiano, nonostante mancasse ancora una partita per terminare il girone, che anche per il quinto anno alla Champions bisognava dire “arrivederci all’anno prossimo”.
Nel 2002 ritorna al timone Marcello Lippi e, sapendo il ricordo che aveva lasciato, rivincerla non sarebbe stata un’idea così azzardata. Anche i faraonici acquisti di quell’estate (Buffon, Thuram, Nedved e Salas) fecero sognare in grande. Il primo girone, infatti, si concluse alla grande, con la conquista del primo posto. Ma, nel girone successivo, emersero delle difficoltà, e a passare furono il sorprendente Bayer Leverkusen (poi finalista) e quel Deportivo La Coruna che in quegli anni era quasi ai livelli del Barcellona. L’avventura finisce troppo presto per uno squadrone del genere e la delusione è forte. Ci penserà poi il fatidico 5 maggio a far dimenticare tutto. Nel 2003, quel bambino che all’inizio di questo racconto aveva undici anni, ora sta per diventare maggiorenne. Quale anno migliore per associarlo alla vittoria della Champions? Il ricordo resterebbe poi indimenticabile e facilmente ricollocabile nel tempo.
Il 28 maggio, il popolo bianconero è tutto con la testa e con lo sguardo a Manchester, teatro per la prima volta di una finale tutta italiana contro il Milan. Gli occhi dei tifosi juventini brillano ancora per l’emozionante per la semifinale di ritorno vinta per 3-1 contro i galacticos del Real. Ma alla spasmodica ed eccitante attesa di quella sera, un velo di preoccupazione si fa largo tra i giocatori e i tifosi. L’uomo simbolo di quella squadra, Pavel Nedved, è squalificato. Un’ammonizione assurda, inutile e ingenua presa all’ultimo minuto di quella fantastica partita. Lippi tranquillizza tutti, le soluzioni ci sono. Ma non c'è LUI, e il mister lo sa bene. E purtroppo, come volevasi dimostrare, a conti fatti, la sua assenza è stata determinante. Partita che ha regalato poche emozioni (su tutte una clamorosa traversa di Conte nel finale) e che ha visto trionfare l’ex Ancelotti, considerato nei due anni a Torino un ospite assai sgradito. I rigori, che sette anni prima avevano fatto piangere di gioia, ora si son trasformati in lacrime di delusione. L’ultima e definitiva avventura in Champions di Lippi, che sembrava di buon auspicio dopo aver dominato il girone, si concluse mestamente con l’inaspettata eliminazione agli ottavi di finale ancora per mano del Deportivo La Coruna.
Otto anni senza più rivincere quella coppa cominciano a farsi sentire. A Torino, per sostituire degnamente il tecnico più vincente degli ultimi dieci anni, si vuole andare sul sicuro e poco importa se tre mesi prima il futuro allenatore disse “Non mi interessa andare alla Juventus”. Fabio Capello è garanzia di vittorie italiane ed europee. Con lui la dirigenza non ha titubanze. Ma la differenza, rispetto all’anno prima, la fa solamente un passaggio di turno in più. Agli ottavi, il gol all’ultimo minuto supplementare del “panteron” Zalayeta contro il Real Madrid sembra un segnale bello chiaro che quello è l’anno giusto. Purtroppo, nella terra dei Beatles, i bianconeri incappano per 2-1, che è comunque un risultato speranzoso in vista del ritorno in casa. Ma a Torino il muro del Liverpool regge bene ed il deludente 0-0 finale non era certo il risultato che si aspettavano di vedere al 90esimo i 60.000 accorsi al Delle Alpi. Serve rinforzare il centrocampo e nell’estate del 2005 approda a vestire la casacca bianconera Patrick Vieira, colonna portante dell’Arsenal. E’ il decimo anniversario dalla conquista della Coppa. Non si può e non si deve fallire.
Ma, ahimè, il film si ripete.
Ottavi di finale superati per il rotto della cuffia contro il modesto Werder Brema e ancora una squadra inglese che elimina i bianconeri ai quarti. Questa volta è il turno dell’Arsenal, che, con un secco 2-0, liquida i bianconeri ad Highbury, e al ritorno finisce ancora una volta con un triste 0-0. I due anni di Capello, al di là dei due scudetti stravinti, in campo europeo sono stati un fallimento. E dulcis in fundo, alla fine di quella stagione, arriva l’uragano Calciopoli, che con sentenze pesantissime fa spazzare via la Juve dalla Serie A per la prima volta nella sua storia. Perciò, nell’anno 2006/2007, lo zoccolo duro (Buffon, Del Piero, Nedved, Camoranesi, Trezeguet...) rimasto per amor di maglia, si concede un anno di riposo nei giorni infrasettimanali dopo anni vissuti ad altissimi livelli. I bianconeri sono esclusi quindi da qualsiasi competizione europea dopo 15 anni consecutivi. Per rivedere la Juve riapprodare in Champions, bisogna attendere la stagione 2008/2009. Claudio Ranieri è il tecnico che ha saputo ridare lustro alla squadra. Ma il destino beffardo non aveva ancora chiuso il cerchio con le squadre inglesi. Terzo team britannico che sbarra la strada ai bianconeri: questa volta, agli ottavi, è il turno del Chelsea. La “nuova” Juve risorta dalle ceneri, a differenza delle due precedenti eliminazioni, questa volta esce tra gli applausi. Come quelli che si è guadagnato capitan Del Piero in quell’edizione, quando dopo aver steso con una doppietta il Real Madrid (sì, ancora loro) tutto il Bernabeu gli tributò la meritevole standing ovation. Libidine pura.
La Champions 2009-2010, 14esimo anniversario dall’ultima conquista europea, il tifoso bianconero vorrebbe non fosse mai stata disputata per due motivi: eliminazione precoce ai gironi (umiliante l’1-4 subìto in casa dal Bayern Monaco nell’ultimo turno) e vittoria finale degli odiati interisti con il loro Triplete.
Anche sull’annata successiva meglio stendere un velo pietoso e non addentrarsi nei dettagli. Il popolo bianconero invoca a gran voce in panchina il suo ex capitano, e Antonio Conte sa come far risplendere la squadra che ha sempre amato. Nel 2011-2012 la squadra non disputa le coppe europee, ma in Italia inizierà il suo lungo dominio che ad oggi non è ancora giunto al termine. Il nuovo Juventus Stadium è pronto a far ascoltare a tutto volume, per la prima volta, la musichetta della Champions League l’anno successivo.
Il mister pugliese sembra aver appreso bene gli insegnamenti di Lippi negli anni in cui era sotto la sua ala e infatti il girone viene vinto alla grande. Girone in cui la Juve spodesta al terzo posto i campioni d’Europa in carica del Chelsea e quindi rivendicando l’eliminazione patita quattro anni fa. Sulle ali dell’entusiasmo, Buffon e compagni saccheggiano il Celtic Park agli ottavi con un sonoro 0-3 e sognano in grande. Ma a riportare tutti sulla Terra ci pensano i pragmatici tedeschi del Bayern Monaco con un doppio 2-0 ai quarti. La strada intrapresa sembra quella giusta e da lì si può solo che migliorare. Purtroppo non sarà così.
Il 18esimo anno, che di solito rappresenta la maturità compiuta, rappresenterà una sonora bocciatura. Il modesto Galatasaray, nel match decisivo del girone, sorpassa i bianconeri e li relega al terzo posto. La delusione è forte. Conte nell’estate del 2014 chiede rinforzi che non arrivano e, tra lo stupore generale, lascia il timone della nave bianconera.
Tra lo scetticismo (per usare un termine garbato) generale arriva Max Allegri dall’odiato Milan. L’incredibile amichevole persa a inizio stagione contro i dilettanti del Lucerna di certo non fa che migliorare la situazione. Eppure, al suo primo anno, contro tutto e tutti, il tecnico livornese vince scudetto, coppa Italia e... centra la finale di Champions!
Serviva un altro tecnico toscano per raggiungere questo obiettivo. Il tifoso bianconero sogna.
Anche quel ragazzino del racconto, che adesso ha raggiunto i 30 anni, riassapora le stesse emozioni di quel lontano 1996.
Si gioca il 6 Giugno 2015 a Berlino, stadio che nel 2006 incoronò Campioni del Mondo Buffon, Barzagli e Pirlo. Il finale stavolta è diverso. Non c'è la Francia, ma il Barcellona. Non si vince ai rigori, ma si perde 3-1. L’illusorio pareggio di Morata sembrava manna dal cielo, e invece Messi vince la sua quarta Champions League. La ricorrenza per il 20esimo anniversario senza rivincerla viene ancora una volta prorogata per mano del Bayern Monaco, che si diverte a eliminare i bianconeri nelle fasi finali della competizione (questa volta dopo una dura lotta che culminò ai supplementari).
Ma la sorte, compassionevole per questa travagliata maledizione che incombe da 21 anni, vuole far di tutto per riportare gioia a questa squadra. L’Allegri team raggiunge la sua seconda finale in tre anni. Forse è arrivato l’atteso momento di sfatare questo poco invidiabile tabù. Sul gradino finale c'è da spodestare un avversario che dal 2003 in poi, contro i bianconeri, ha conosciuto più dolori che gioie: il Real Madrid. I blancos hanno vinto due delle ultime tre edizioni e sono i campioni in carica. Per un anno possono anche lasciar perdere. Macché! Ronaldo e compagni, il 3 Giugno 2017, surclassano per 4-1 la compagine bianconera. Anche la seconda occasione per tornare in cima all’Europa è sfumata.
Sempre il Real, l’anno dopo, si farà ancora beffe di questa Juve, con un rigore dubbio al 120minuto realizzato da CR7 dopo che la squadra di Allegri aveva epicamente recuperato lo 0-3 subìto all’andata. Ma non tutte le sconfitte vengono per nuocere. Saranno proprio questi due incontri dei quarti di finale a far balenare in Cristiano Ronaldo l’idea di trasferirsi a Torino.
Quella che sembrava utopia pura, diventa il colpo del secolo il 10 Luglio 2018! 

Il più forte giocatore del mondo vestirà la 7 bianconera. Ovviamente è stato faraonicamente acquistato per raggiungere il tanto agognato obiettivo che si appresta a “festeggiare” il 23esimo anno. Dopo un inizio che dir scioccante è riduttivo (portoghese espulso dopo 29 minuti nel primo match del girone a Valencia!), i soldi spesi per il bomber ex Real vengono ampiamente giustificati nel momento decisivo. Dopo aver subìto insulti di qualsiasi genere nella tana dell’Atletico Madrid, CR7 si scatena al ritorno degli ottavi, vincendo praticamente da solo il match con una sua tripletta, rimontando il 2-0 dell’andata. “Dopo questa partita sarà tutta una discesa” il coro unanime del popolo bianconero. Ma avere un grande fuoriclasse in squadra non equivale a vincere automaticamente trofei. La maledizione europea colpisce incredibilmente anche lui. Lo sperimenta sulla propria pelle una sera di aprile, quando i “terribili” ragazzi dell’Ajax non fanno complimenti nell’espugnare lo Juventus Stadium. La delusione è grande. Il cammino viene sorprendentemente interrotto troppo presto con una rosa del genere. Il vero grande obiettivo è ancora una volta rimandato.

Anno horribilis 2020: il maledetto Covid cambia per sempre il mondo, ma non il destino della Juve in Champions. Maurizio Sarri, da qualche anno il nuovo esteta del calcio, sostituisce il pragmatico Allegri. Da toscano a toscano. La dirigenza vuole far ammirare al mondo il gioco spumeggiante che il nuovo tecnico ha fatto strabiliare tutti con il suo Napoli. Ma quel meccanismo tanto ammirato non si vede in Italia e men che meno in Europa. Se l’anno prima era stata clamorosa l’eliminazione ai Quarti, in questa edizione si è saputo far peggio. Invece di arrivare come minimo in semifinale, il tragitto si interrompe amaramente agli Ottavi contro una squadra che da due mesi non disputava più partite di campionato a causa della pandemia: il Lione. L’avversario meno quotato di tutti, per il quale il tifoso bianconero (compreso il ragazzo del racconto che nel frattempo è arrivato a 35 primavere) al sorteggio si era fatto una risata sotto i baffi. Come l’anno prima al Wanda Metropolitano, anche in terra francese all’andata i bianconeri perdono (stavolta di misura 1-0). Ci pensa il solito Cristiano a siglare una doppietta nei momenti clou, peccato che i transalpini con un gol spezzino definitivamente i sogni di gloria, facendo esultare di gioia, come accade ormai da 24 anni, tutti gli anti-juventini d’Italia.

E così, cara Vecchia Signora, siamo arrivati al 2021, il (finora) 25esimo anno senza Coppa. Sarebbe l’unica volta in cui non si vorrebbe festeggiare le “nozze d’argento”. Concordi?